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Post n°3302 pubblicato il 21 Marzo 2025 da paperino61to
Riassunto: Ai tre delitti delle donne ex compagne di scuola si aggiunge anche quello dell’ex preside del liceo Cavour: Perletto. Quest’ultimo prima di morire farfuglia qualcosa, Berardi intuisce solo qualcosa: che qualcuno si sta vendicando e che lui chiedeva perdono. Al ritorno in ufficio, un tranviere, già ascoltato dal commissario gli dice che un passeggero aveva con sè uno zaino militare. La segretaria attuale del Cavour conferma a Berardi che la ragazza che si è suicidata aveva avuto una relazione con Perletto, il bidello gli aveva sorpresi. Il commissario ritorna dalla Vicolungo(altra appartenente assieme alle tre donne uccise del gruppo delle streghe), e gli dice che anche l’ex preside è stato ucciso. La donna continua a rifiutarsi nel raccontare cosa fosse successo in quel periodo e soprattutto perché la ragazza si è suicidata. Berardi decide di fare dei turni di sorveglianza intorno alla villa della Vicolungo.
“Quindi Marco starai fuori casa anche di notte?” domanda Maria. “Purtroppo si, siamo solo in tre a sorvegliare quella donna. Non dice niente su cosa sia successo al liceo ed è un dato di fatto che l’assassino abbia ucciso le sue ex compagne di gruppo”. “Non capisco perché non parla, cosa ci guadagna?...Che voglia espiare il suo peccato?”. “Manco io lo capisco, e se peccato c’è stato lo dica se serve a salvarsi la vita e a fare arrestare l’assassino. Neanche il marito riesce a convincerla, sta meditando di andare via dalla città per un periodo di tempo, ma lei si rifiuta”. “Ti ho preparato il thermos con il caffè e ho messo pure un paio di bicchieri anche per i tuoi colleghi”. “Sei una donna da sposare non te l’ho mai detto?”. “No! E se per quello non me lo hai mai proposto!”. “Vabbè, ora è meglio che vada, Perino sarà sotto che mi aspetta”. Rifletto sulle sue parole mentre ci avviamo verso la villa, dovrei decidermi a fare il grande passo, ma con il lavoro che faccio non è facile per lei accettarlo. “Se parcheggio laggiù che ne dice commissario? Noi vediamo chi arriva dalla strada ma gli altri non vedono noi”. “Perfetto, non credo che l’assassino tenti di entrare di notte, però meglio non rischiare. Sai qualcosa di Mammoliti?”. “Purtroppo è impegnato, ordine del questore, siamo solo lei, io e Tirdi”. “Ci arrangeremo lo stesso. Dai che è quasi l’alba se vuoi andare a casa, vai pure io rimango qui e aspetto Tirdi”. “Non lo dica manco per scherzo commissario, un paio di braccia in più servono sempre”. Non ha tutti i torti, l’assassino è un tipo deciso, forse un ex militare o qualcuno che ha avuto esperienza in tal senso. La giornata passa senza avvistare il misterioso uomo vestito da postino. La sorveglianza va avanti per diversi giorni, solo al martedì successivo accade quello che aspettavamo. In lontananza vediamo un uomo salire la strada, è un postino. Lentamente scendiamo dall’auto, Tirdi impugna la pistola, faccio il gesto di aspettare per vedere se suona alla villa. Sentiamo che grida”Posta!”. Il cancello si apre nonostante le raccomandazioni date alla donna di non aprire a nessuno. “Forza andiamo!”. Iniziamo a correre, l’uomo ci vede e in un attimo anche lui si mette a correre. “Tirdi vai dalla donna, io gli vado dietro”. Intimo di fermarsi e sparo un colpo di pistola in aria, ma l’uomo continua a correre a perdifiato, svolta sul sentiero che costeggia la villa e scende per la collina che porta in corso Casale. Dopo un paio di minuti arrivo pure io, ma dell’uomo non vedo traccia, è svanito nel nulla.
Sento un auto fermarsi a pochi passi da me. E’Tirdi. Domando della donna, la risposta è che sta bene non si è accorta di nulla, è la domestica che ha aperto il cancello:”Ho preso subito l’auto e sono corso subito qui”. “Dove sarà andato? Non può essere sparito nel nulla!” urlo. Ci dividiamo per la ricerca, ma è tutto inutile, non troviamo tracce del nostro misterioso postino. “Torniamo alla villa commissario?”. “Si! Ma io ripasso per dove sono venuto” ed inizio a incamminarmi facendo la strada a ritroso. In cuor mio spero di trovare qualche indizio dell’uomo scomparso. In mezzo a un cespuglio noto qualcosa che mi attrae, è un cappello da postino, lo raccolgo e continuo la perlustrazione ma non trovo altro. Il volto della domestica denota la sua vergogna nel non essersi attenuta alle mie direttive, non infierisco e non dico nulla, lei capisce e e mi ringrazia. “Signora Vicolungo, oggi le è andata bene, io e il mio collega eravamo presenti, ma non sarà così per sempre, lo capisce vero?”. Non dice nulla, china la testa e si mette a piangere. “L’assassino non si fermerà, anzi sarà ancora più deciso a ucciderla, anche questo lo capisce?”. Un flebile si esce dalla sua bocca. “Allora mi dice cosa è successo al liceo? C’entra con la morte della Liverani?”. “Non posso commissario, avevo rimosso questo ricordo...non ne vado fiera, ma nessuno delle streghe crescendo ne andava fiera”. “Eravate ancora in contatto tra di voi?”. “Si! Ci eravamo viste un mesetto fa, ma di quell’episodio non ne abbiamo parlato, ma in cuor nostro sapevamo di essere colpevoli!”. “Credo sia ora che mi racconti cosa è successo...è nell’interesse suo e nostro. Vogliamo prendere l’assassino prima che commetta un altro omicidio”. “Ho paura di essere giudicata...non sono la persona che credete, neanche mio marito lo sa…”. “Signora, io non giudico, non l’ho mai fatto e mai lo farò. Sono un commissario di polizia che cerca di svolgere il suo lavoro al meglio delle mie possibilità. Tocca un giudice o al Signore a farlo, non a me di sicuro”. La donna riflette sulle mie parole, si asciuga le lacrime e lentamente inizia a parlare. “Il gruppo delle streghe l’avevamo formata fin dal secondo anno di liceo. Con l’Aloi, la Marena e la Morandi era già nata una simpatia fin da subito. Stessi interessi, stessa classe sociale, ci credevamo le regine dell’istituto ed eravamo decise ad esserlo fino in fondo”. “Dalle testimonianze eravate voi a decidere il bello e brutto tempo nella vostra classe”. “Si ma non solo, nella sezione femminile del Cavour le ragazze avevano paura di noi. Lo avevamo capito fin da subito, per questo ci avevano soprannominato le streghe”. “Immagino che chi voleva entrare nel vostro gruppo dovevano fare delle prove di iniziazione?”.
“Si, ma solo con il passare degli anni ci rendemmo conto di ciò che avevamo fatto e nessuna di noi ne andavamo fiere. Molte di queste ragazze desistevano, le prove da svolgere erano varie, andavano dal rubare i soldi che erano in cassa nell’ufficio della segreteria, a dileggiare le altre compagne e magari anche picchiarle fino ad arrivare a…”. “Circuire i professori o il preside Perletto, giusto?”. “Si...mio dio...come ho detto non ne andavamo fiere, ma a quel tempo non ci facevamo scrupolo di nulla pur di comandare noi”. “Cosa successe con la Liverani?”. “Povera ragazza, ingenua e disperata, voleva a tutti i costi far parte del nostro gruppo. Non ci sembrava vero che una di bassa famiglia volesse stare con noi, alla Morandi venne in mente di proporre alla Liverani di fare delle avance a Perletto, io assieme all’Aloi proponemmo di andare oltre”. “Di andarci a letto?”. “Si! Un giorno la aspettammo fuori e le proponemmo questa cosa, lei dapprima rifiutò poi accettò la cosa, non so perché lo fece, forse voleva dimostrare di essere alla nostra altezza, di valere, era una ragazza molto introversa e si isolava sovente dalle sue compagne”. Perletto sapeva delle cosa?”. “Il porco non aspettava altro, mi creda commissario, aveva già avuto relazioni con studentesse, ci aveva provato anche con me, ma lo tenni sulla corda per tutto l’ultimo anno”. “Poi cosa fece?”. “Nulla, lo lasciai con la bava alla bocca”. “Continui, la prego”. “Accompagnammo la Liverani in un’aula che sapevamo essere deserta, Perletto era già lì. Noi eravamo fuori ad aspettare, ma quando sentimmo dei passi scappammo. Era un bidello, quando aprì la porta vide cosa stava succedendo e tornò sui suoi passi. Purtroppo per la ragazza la cosa uscì allo scoperto, evidentemente il bidello parlò a qualcuno di questa cosa”. “Quindi non eravate state voi a parlare?”. “No! Quando il giorno dopo vedemmo la Liverani non ci degnò di uno sguardo, si vergognava di quello che aveva fatto. Noi non andammo a domandare nulla, la ignoravamo, in fondo era lei che aveva accettato la prova, così ragionavamo in quel periodo”. “Riassumendo si può dire che la povera ragazza non ha retto alla vergogna e si è suicidata, anche se in verità l’avete spinta voi a farlo”. La donna non disse nulla ma le sue lacrime rispondevano alla domanda. “Quindi può essere qualcuno legato alla cerchia della ragazza, ma chi?”. “So che aveva un fratello ma di più non so dirle”. “E’ infermo sulla carrozzina, gli abbiamo parlato. Ora chiami suo marito e le dica cosa è successo e lo faccia venire qui, il mio collega l’attenderà con voi. Poi mi raccomando andate via di casa, è l’unica soluzione possibile perché rimanga viva”.
(Continua)
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