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Messaggi di Febbraio 2019

 

Bastian contrario...così dicono

Post n°2441 pubblicato il 27 Febbraio 2019 da paperino61to

Un paio di giorni addietro ho avuto uno scambio di “idee” con amici/che sulla legittima difesa che verrà approvata dal Governo, e soprattutto da un certo Barabba leghista che è andato in carcere a trovare un Condannato per aver ucciso un uomo. Naturalmente il Barabba è convinto che il Condannato abbia agito per legittima difesa e che i giudici siano “terribili comunisti” e che quindi per loro la “proprietà” individuale non esista.

Peccato, che i tre Gradi di giudizio che hanno portato alla Condanna abbiano confermato che: la vittima, seppure fosse un ladro, era bloccata a terra, con le mani legate, e che il “derubato” abbia sparato volontariamente a non più di due metri, senza Inciampare nelle ciabatte( questa era la sua tesi difensiva).

Io onestamente lo chiamo Assassino, non derubato, poi certo che il ladro non deve permettersi di entrare in casa altrui, ci mancherebbe. Interessante anche la risposta di Davigo( giudice inviso ai politici) che ha detto chiaramente che per la maggior parte dei casi, il ladro ucciso è colpito alle Spalle!! Non bisogna avere una laurea o fare dei Master per capire che tu spari per uccidere e non per difenderti, e per di più spari a chi sta Scappando.

Bastano queste mie tesi per essere additato bastian contrario, di difendere sempre e solo gli immigrati ( come se non avessimo ladri italiani). Allora ho cercato di chiarire che se entrasse un ladro a casa mia, di sicuro non vado a dirgli: “Le va una spaghettata? Ho anche del vino ottimo e magari per concludere la cena un digestivo? Ha preferenze in merito? Sa io, i ladri cerco di trattarli bene. Poi dopo aver mangiato, mi metto sulla sedia, lei mi lega e mi imbavaglia, in modo che posso vedere messo sotto quadro l’alloggio, gli chiedo solo una cortesia, non mi butti all’aria i 700 numeri di Tex, lei non immagina quanto fatica abbia fatto a metterli in sequenza e di quanto mi siano costati.

Se poi mi promette di fare piano ,posso farle usare le mie due chitarre, non sono poi così geloso se le usa qualcun altro. Un’ultima richiesta, se proprio mi vuole spaccare la testa, la prego di mettere delle bacinelle accanto alla sedia, in modo che domani mattina, chi debba pulire il pavimento non faccia fatica, la ringrazio per la sua disponibilità e gentilezza.

Ovviamente la mia è ironia, come avrete capito, ma quello che è certo che con la legittima difesa bisogna andarci cauto, perché NON è vero che chi spara ( anche alle spalle come un codardo) NON va a processo, i giudici lo hanno detto e ribadito chiaro e tondo, ci si va, eccome se ci si va, poi se le prove sono a favore del derubato bene, altrimenti lo aspetta la galera. Concetto semplice e facile da capire, ma in questo paese fare funzionare il cervello è un’impresa, tanto è vero che ancora una volta i dati hanno detto :”  Aumenta l’occupazione ma cervelli in fuga”, e non mi stupisce visto che i meridionali votano il Barabba nonostante solo fino a pochi mesi addietro gli insultava( Le prove di quello che dico sono sotto gli occhi di tutti su internet, immortalato con tanto di cartello), ma questo è un altro discorso.

 
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I nipotini dei Led Zeppelin

Post n°2440 pubblicato il 23 Febbraio 2019 da paperino61to

Da molti me compreso questo gruppo viene definito come i " nipotini " dei compianti Led Zeppelin, e direi che questa definizione è alquanto veritiera, ecco a voi i Greta Van Fleet, nuovi alfieri dell'hard rock.

 

 

        

 

 

 

        

 

 

 

       

 

 

 

      

 

 

 

 

   

 

 
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La ghiaccia di Porta Pila( Sesto capitolo)

Post n°2439 pubblicato il 22 Febbraio 2019 da paperino61to

Riassunto: In un afosa Torino, il commissario Berardi indaga su un omicidio di un professore di licero:Ettore Beraudo. Il delitto sembra inspiegabile, senza nessun motivo. Le uniche persone che frequentava era uno studente e un segretario locale del partito fascista.Durante una perquisizione a casa della vittima, il commissario trova una chiavetta, capisce che è di una cassetta di sicurezza, ma nessuna banca o posta ha registrato il nome di Beraudo. Un'altra vittima si aggiunge all'indagine, un poliziotto infiltrato al circolo Dilma, dove Ferrini ( segretario fascista) e Larassi( lo studente) lo frequentano. Mentre il commissario si reca alla stazione per l'arrivo di alte personalità da Roma, incontra la sorella di Beraudo, e nelle parole di quest'ultima Berardi riesce a capire sotto che nome si era registrato il fratello per la cassetta di sicurezza. Con Tirdi e la donna si recano in banca, e dentro la cassetta, trova un'agenda, leggendola capisce il movente dell'omicidio. Con Tirdi, si reca urgentemente alla stazione, ma arriva in ritardo e di conseguenza decide con alcuni miliziani di bloccare le auto delle personalità accompagnate da Ferrini alla sua villa. 

 

 

I minuti sono interminabili, il caldo si fa sentire ancora di più nell’abitacolo della macchina. Dalla questura ho richiesto l’intervento di agenti, quella gente è decisa a tutto e non credo si lascerà arrestare facilmente.

“Commissario, ma in quella agenda ha scritto Beraudo?”.

“Ha fatto nomi e cognomi degli attentatori ai tre uomini arrivati da Roma, spiegando dove e quando si sarebbe commesso l’omicidio”.

“Ma…colpire De Bono e…ma sono pazzi? Il motivo quale sarebbe?”.

“Beraudo spiega anche questo,  come spiega anche la sua sensazione di essere considerato un traditore e di sapere che su di lui pende la condanna a morte”.

Arriviamo all’incrocio con la discesa, l’auto di Ferrini non è ancora arrivata. Dopo un paio di minuti  sento il rumore delle auto che stanno per arrivare.

“Camerati, tenete ben in vista le vostre armi, non fate nulla se non a un mio ordine! Posso solo dirvi che per voi ci sarà un encomio del Duce!”.

Le due auto provenienti dalla discesa rallentano per poi fermarsi al mio alt. L’autista della prima vettura scende e domanda cosa sta succedendo, rispondo di scendere immediatamente con le mani alzate.

Scende anche Ferrini, mi guarda con odio ed impreca se sono diventato pazzo. Gli occupanti della seconda auto, scendono perplessi , De Bono mi viene incontro.
“Commissario Berardi, posso sapere il piacere di questa sua messa in scena? “ .

Poi si rivolge a Vecchi e al senatore Fedele: ”Signori, vi presento il commissario Berardi della questura di Torino, un ottimo elemento della nostra polizia…purtroppo ha un difetto, non è un fedelissimo devoto del nostro partito…non è così Berardi?”.

“Lasciamo perdere la devozione De Bono!”. La mia voce è seria, il mio sguardo va a Ferrini ed ai suoi uomini.

“Che succede commissario? Perché ci ha fermati?” domanda Vecchi.

“Ferrini, in nome della legge, ti arresto te come mandante degli omicidi di Beraudo e del nostro collega Giorgini, e di essere anche l’ideatore dell’attentato ai danni di De Bono, Vecchi e Fedeli, qui presenti!”.

I tre nominati si guardano tra loro, non sanno cosa dire, balbettano un: “Ma è sicuro di quello che dice? Conosco Ferrini da anni…”.

Consegno l’agenda a Fedele, sfoglia alcune pagine, poi la passa a De Bono il quale sbianca in volto.

“Tenga Berardi, faccia il suo dovere!”.

“Purtroppo, non finisce qui, ci sono ancora gli uomini che attendono il vostro arrivo sul luogo dell’attentato. Devo arrestare anche loro, ho richiesto rinforzi dalla questura”.

De Bono chiama un miliziano e ordina che venga inviato qui immediatamente un reparto: ”Faremo piazza pulita di questi infami!”.

“ Voglio  prenderli vivi, devono confessare, in ballo ci sono due delitti non solo l’attentato alla vostra persona…dopo di che fate quello che volete di questa gente…devo giustizia a una vedova e a suo  figlio”.

“Ha ragione Berardi, chiedo scusa, mi sono lasciato trascinare dall’impulso.

Il camion con i miliziani fascisti arriva dopo una decina di minuti, e altrettanti minuti ne impieghiamo ad arrivare sul luogo dell’attentato. C’è uno scambio a fuoco dove due degli attentatori muoiono, mentre gli altri cercano la fuga attraverso i campi inutilmente, vengono arrestati tutti.

Entro nella casa cantoniera predisposta per l’attentato, uno dei morti è Laressi, lo studente del Belli.

Tirdi esclama:”Povero ragazzo!”.

“Già, si è trovato in un meccanismo più grande di lui, indotto da chissà quali miraggi”.

La notizia dell’arresto di Ferrini e dei suoi uomini fa il giro della città, sia la sua signora che il padre di lei si fiondano nel mio ufficio per chiedermi spiegazione.

“Purtroppo cara signora, vostro marito è coinvolto in due omicidi e non solo, ci sono prove schiaccianti riguardante un attentato alle tre personalità arrivate da Roma”.

“Mio Dio…ma per quale motivo Claudio?...”.

“Carriera, la parola è carriera politica. Suo marito con l’appoggio di alcuni esponenti di Roma, pensava di togliere di mezzo De Bono per prendere il suo posto. Il professore Beraudo avrebbe preso  invece il posto di Vecchi al ministero dell’educazione su promessa fatta da vostro marito. Purtroppo per sua sfortuna Beraudo si è ravveduto all’ultimo momento ”.

“Ho sentito parlare di un’agenda, cosa c’è di vero?”.

“Si, Arbuni, l’agenda esiste. Beraudo ha trascritto tutto il piano del complotto da dove si tenevano le sedute, i nomi dei partecipanti, il motivo e luogo dell’attentato e soprattutto concludeva che il suo opporsi o meglio il suo cambiare idea equivaleva a una condanna a morte, e infatti così è stato. Si era premunito di lasciare un testamento, mettiamola in questo modo”.

“Non capisco perché non sia venuto da voi a denunciare la cosa?”.

“Posso ipotizzare che Beraudo sperava che non denunciando Ferrini e gli altri lo lasciassero tranquillo e che il piano dell’attentato venisse accantonato”.

La moglie di Ferrini, ha gli occhi lucidi: ”Non è possibile, Claudio…mi ha sempre detto che non gli interessava andare a Roma come politico…il Dilma, ha giurato che non lo frequentava da anni…perché commissario? Oh papà…”.

Il notaio prende la mano della figlia poi mi domanda cosa succederà al genero.

“Sicuramente per la legge verrà condannato per gli omicidi anche del nostro agente, quindi la galera a vita è assicurata, ma poi ci sarà anche il processo per alto tradimento del Tribunale speciale…e qui, sono onesto, non metterei la mano sul fuoco che il marito di sua figlia ne esca vivo”.

“Lei ha anche parlato di un agente”.

“Si, signora, suo marito ha ordinato l’uccisione di un collega. Si era infiltrato al Dilma sotto false spoglie, evidentemente ha scoperto qualcosa , purtroppo per lui è stato individuato da Ferrini o dai suoi uomini e per questo  motivo  è stato ucciso”.

Perino entra con un verbale in mano, è la confessione di alcuni attentatori. Come ovvio scaricano la colpa a Ferrini, ma non credo basti per salvarli dalla condanna di alto tradimento.

Faccio leggere ad Arbuni le loro confessioni, una smorfia di disgusto appare sul suo volto. Finito il verbale aiuta la figlia ad alzarsi e insieme escono dall’ufficio.

“Anche stavolta abbiamo consegnato gli assassini alla giustizia commissario, almeno il figlio di Giorgini può credere ancora in qualcosa di buono in questo nostro paese”.

“Concordo con te Perino…” non finisco la frase che entrano Vecchi e Fedele.

“Buongiorno commissario, volevamo ringraziarla per quello che ha fatto…se non fosse stato per lei…”.

“Signori, ho fatto solo il mio dovere, nulla di più…lo avrei fatto per chiunque, mi pagano per assicurare gli assassini alla giustizia”.

“La proporremo per un encomio e un avanzamento nella carriera, arrivederci commissario e grazie ancora”.

Perino sorride e mi domanda se deve passare a darmi del voi.

Sorrido e rispondo che se vuole basta il lei, anche se sarebbe meglio darmi del tu, visto che oramai sono anni che lavoriamo  insieme e il grado di commissario per me non significa poi così tanto.

                                                       Fine

Un grazie a voi che mi avete seguito nella nuova indagine del commissario Berardi.

I personaggi di De Bono ( Maresciallo d’Italia), Cesare Maria Vecchi ( Ministro dell’educazione dal 1935 al 1936 e Governatore delle isole dell’Egeo) e il senatore Fedele Pietro ( Membro commissione per il giudizio dell’Alta Corte di Giustizia) sono realmente esistiti.

 

 

 

 

 
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La ghiacciaia di Porta Pila( quinto capitolo)

Post n°2438 pubblicato il 19 Febbraio 2019 da paperino61to

Riassunto: Il commissario Berardi indaga sulla morte di un professore di liceo, da subito intuisce che un filo lega uno studente del liceo dove insegnava la vittima e un segretario locale fascista. Costoro frequentano un circolo privato il Dilma, Berardi decide di infiltrare un proprio agente sotto falso nome. Costui da appuntamento al commissario per svelare alcuni fatti da lui visti. Purtroppo l'agente viene trovato morto sulle rive del fiume, si pensa a un suicidio, anche se Berardi fin da subito capisce che è staato ucciso, il tutto mentre Torino aspetta la visita di alte personalità da Roma.

 

 

Per tutta la serata non apro bocca, ho davanti a me il pianto del figlio di Giorgini. Maria capisce il mio stato d’animo ed evita ogni discorso. Le chiedo scusa, i problemi del lavoro dovrebbero stare fuori dalla porta, ma non sempre è possibile.

“Stai tranquillo Marco, capisco benissimo, ora però vai a dormire o almeno cerca di riposarti”.

“Hai ragione Maria, vado a buttarmi sul letto, se mi cercano chiamami immediatamente”.

La notte passa lentamente, non chiudo occhio, ripenso alle parole del direttore del circolo, possibile non sapesse nulla dell’omicidio? Sembra sincero quando afferma che Giorgini o Lettieri ( il nome falso che ha usato il collega) non si è presentato al lavoro e non ne sapeva il motivo.

L’indomani mattina torno al circolo, interrogo i dipendenti, ma nessuno sa darmi qualche notizia a parte un certo Restagno: ”Era un tipo solitario Lettieri,  parlava poco, e ho l’impressione che si interessasse ad alcuni clienti, non so dirle il perché”.

“Conosce questi clienti?”.

“Uno è il signor Ferrini e l’altro è uno studente, ma non conosco il nome, dico studente perché è molto giovane. Poi ci sono alcuni loro amici, ma di questi posso dire che è meglio girare al largo. Sono brutti ceffi e ho l’impressione che siano picchiatori di professione”.

“Come mai conosce il Ferrini?”.

“Perché qualche anno addietro, mia sorella, ha avuto bisogno di aiuto da parte di questo…è una cosa spiacevole ancora adesso da raccontare, se posso esimermi gli sarei grato commissario, sappia solo che se quel tizio non fosse…non fosse segretario fascista sarebbe già…”.

Immagino la sua ultima parola: ”In sintesi  chiese a sua sorella qualcosa in cambio del favore che gli avrebbe fatto?”.

“Si! Lascio a lei immaginare cosa…” l’uomo si prese la testa tra le mani maledicendo Ferrini.

“Pagherà anche per questo stia tranquillo. Dei suoi colleghi di lavoro cosa sa dirmi?”.

“Sono brave persone, non creda che siano tutti fascisti anche se lavoriamo in quel circolo, purtroppo dobbiamo mangiare anche noi”.

“Capisco, sarebbe disposto ad aiutarmi?”.

“Domandi quello che vuole commissario”.

“Lei e i suoi colleghi più fidati, dovreste tenere d’occhio Ferrini e i suoi amici, cercare di sentire i loro dialoghi, insomma spiare ogni loro movimento. Il nostro uomo lo stava facendo quando è stato ucciso, se però non ve la sentite vi comprendo benissimo”.

“Lettieri era un poliziotto?” domanda stupito.

“Si, era un nostro agente infiltrato, stava indagando su Ferrini”.

“ Commissario da parte mia vi darò l’aiuto che mi state chiedendo, mi rivolgo a dei colleghi che so per certo che accetteranno immediatamente. Come vi avviso se scopriamo qualcosa, vi devo chiamare  in questura?”.

“ Chiami questo numero, dica solo che ha notizie per Marco e dica ora e luogo dove possiamo incontrarci, la persona che risponde mi avvertirà”.

Con Tirdi e Perino cerchiamo di riordinare le idee e soprattutto di mettere nero su bianco quello che abbiamo scoperto. Chi potrebbe darci una mano è il bidello del liceo, ma non credo che parlerà dopo quello che gli è successo. Nel pomeriggio vado all’ospedale dove è ricoverato e con grande sorpresa mi dicono che ha lasciato la stanza in fretta e furia.

“La moglie ha firmato le dimissioni, incurante del parere del medico”.

“Ha lasciato un indirizzo ?”.

“No”.

L’unico possibile testimone che può riconoscere  l’assassino di Porta Pila si è volatilizzato. Spero in un altro tentativo e vado all’appartamento dove risiede il bidello, sapendo che non troverò nessuno.

“Mi spiace commissario, non so dirle dove siano andati, la moglie non mi ha detto nulla, ho trovato strano la cosa, le è successo qualcosa?”.

“Se ha sue notizie mi chiami in questura, arrivederci”.

Sono sconsolato lo ammetto, ho degli indizi ma prove certe nessuna, almeno riuscissi a capire a cosa serve quella chiavetta trovata da Beraudo! Sono convinto che il mistero del suo assassinio venga risolto e di conseguenza anche quello di Giorgini.

Via Roma è invasa dal tricolore, uno striscione di benvenuto fa capolino  all’uscita della stazione di Porta Nuova. Tutto il centro della città è tirato a lucido e per strada circolano camionette della polizia assieme a quelle dei fascisti.

Manca ancora qualche giorno all’arrivo da Roma delle personalità di spicco, sinceramente non mi interessa, l’unica cosa che voglio è prendere l’assassino del professore e di Giorgini, questa è la mia priorità.

Entro in un bar e chiedo un caffè, leggo i titoli della Stampa, ma non vi è nessun accenno all’indagini in corso. Per i giornalisti esiste solo la visita di De Bono e soci.

Perino mi avverte che anche lo studente è scomparso, al liceo sono giorni che non lo vedono e a casa sua i genitori dicono sia scomparso dall’altra sera. Al nostro agente hanno risposto che il ragazzo gli ha fatto sapere che avrebbe dormito a casa di un suo amico e di non preoccuparsi: “Chi sia questo amico non hanno saputo dirmelo”.

“Perino, ho come impressione che lui e Ferrini stiano architettando qualcosa…ma cosa dannazione!”.

Sento dei colleghi lamentarsi fuori dall’ufficio e domando cosa sia successo: “Commissario, ci hanno tolto l’incarico di proteggere De Bono e soci, c’è stato un furto di un paio di auto in zona San Paolo e dobbiamo cercare di  riuscire a rintracciarle…lei sa cosa vuol dire vero? Girare tutte le officine della città e sperare in un colpo di fortuna, se becco i ladri…”.

Sorrido a questa affermazione, posso capirli, in questi casi è una gran faticaccia e sovente le auto rubate sono già state smontate o portate in altre città.

“Buon lavoro ragazzi e non prendetevela, a fare da guardia a quei signori siamo già in troppi”.

Ed è la verità, tra gli agenti della questura ed i miliziani si corre il rischio di pestarsi i piedi a vicenda.

Una telefonata di mamma Gina mi avverte che un cameriere del Dilma vorrebbe parlarmi: “ Non ha lasciato detto chi è, ho risposto al signore che può venire da me verso l’una, ho fatto male?”.

“No, ha fatto benissimo, così ne approfitto per pranzare da lei”.

Sicuramente è Restagno, ed infatti non mi sono sbagliato. Entra nel locale e si guarda attorno con attenzione per vedere se ci sono volti a lui conosciuti.

“Prego Restagno si segga e stia tranquillo, in questo locale i clienti del Dilma non ne vedrà, mi creda sulla parola”.

“Grazie commissario, come ho detto l’altra volta bisogna fare attenzione, certa gente, non scherza. Sono qui per dirle che un mio collega ha sentito una certa discussione tra di loro”.

“Di cosa parlavano?”.

“Erano in quattro, Ferrini era tra loro. La discussione era animata, loro erano sul pontile che dà l’accesso alle canoe. Ferrini dice che a questo punto il piano non può  cambiare e che tutto è  pronto”.

“Che piano?”.

“Questo il collega non ha saputo dirmelo. 

Uno di loro ha chiesto a Ferrini, se è sicuro che la strada sia quella prestabilita ed ha risposto di si. Loro devono solo tenersi pronti, hanno chiesto in quanti sarebbero stati, una decina di uomini circa è stata la sua risposta”.

“Che diavolo vorrà dire? Ovviamente c’è qualcosa sotto, ma cosa? Il suo collega ha sentito altro?”.

“Solo un’altra cosa, hanno domandato se i dolcetti sono stati portati al capanno”.

“Dolcetti?”.

“Anche io sono rimasto perplesso, il collega mi ha risposto che hanno usato proprio la parola dolcetti, poi dopo averla detta si sono messi a ridere tutti quanti. Questo è tutto commissario”.

“Grazie Restagno e dica anche al suo collega che è stato in gamba”.

 

Riferisco a Tirdi e Perino il colloquio avuto con il cameriere del Dilma, anche loro sono perplessi sulla parola dolcetti. Che ci sia sotto qualcosa è sicuro ma cosa?

“Poi non solo quella, anche la strada prestabilita, ma che strada? Per andare dove?”.

“Unica cosa sarebbe arrestare uno di loro e farlo parlare” .
“Con che accusa Tirdi? Non abbiamo in mano nulla. Pedinarli, ma l’abbiamo fatto con Ferrini e il ragazzo, quest’ultimo è scomparso e nessuno sa dove sia finito”.

“Il questore non potrebbe emettere un mandato? Sospetta collusione con l’assassino di Giorgetti”.

“Non lo farebbe mai, rischierebbe di trovarsi in un mare di guai e noi con lui. Ferrini ha conoscenze nelle alte sfere romane…meglio continuare a sorvegliarli e sperare in un loro errore, in ogni caso provo ad andare dal questore, chissà che parlando con lui non mi venga un’idea”.

Ma anche dalla conversazione con lui non esce nulla di propositivo in merito all’indagine. E’ perplesso come me,  non sa dare una spiegazione in merito a quello che ha sentito il cameriere del Dilma.

“Berardi, l’unica cosa è pedinarli; certo uno per uno diventa problematica, potrei dirle di seguire solo il Ferrini, ma come lei saprà bene si è offerto per accompagnare i signori di Roma nella sua villa a Moncalieri. Quindi escludo che possa mettere in atto qualche cosa di losco, almeno non fino a quando questi signori rimangono in città. Gli altri che sono con lui sapete chi sono?”.

“No signor questore, non hanno saputo dirmi i loro nomi, solo che sono o sembrano picchiatori di professione, deduco che appartengono alla sfera miliziana. Ho pensato di farmi dare i nomi ma ho rinunciato, in quell’ambiente regna l’omertà, mettendo poi in allerta Ferrini”.

“Ha fatto bene, già una volta si è lamentato di lei, ha capito benissimo che è andato a casa sua a parlare con la moglie…prosegua la sua indagine e appena sa qualcosa venga a riferirmelo”. 

Nei giorni seguenti non succede nulla, la questura è sempre più in fibrillazione per l’arrivo da Roma dei personaggi altolocati. La data del 29 è prossima, il piano sicurezza sta procedendo bene.

Il podestà ci fa pervenire il tragitto che l’auto farà dalla stazione alla villa di Ferrini.

Il tragitto è dato dallo stesso proprietario. Sono circa mezz’ora di viaggio, ha riferito alle autorità. La scorta si basa su due vetture con quattro uomini ciascuna, tutti gli uomini obbediscono a  Ferrini .

 

Non commento la lettera a fine lettura, non mi importa nulla di De Bono e i suoi amici, quello che vorrei capire è chi ha ucciso Beraudo e Giorgini poiché un filo lega i due omicidi. E poi Ferrini, cosa c’entra in tutto questo? Perché sono convinto che lui c’è dentro a questa storia fino al collo.

La giornata fatidica finalmente è giunta, alla stazione di Porta Nuova centinaia di concittadini aspettano l’arrivo del treno proveniente da Roma. Nell’atrio la banda municipale inizia a suonare l’inno italiano e altre melodie care ai fascisti. Fuori dalla stazione poliziotti in borghese e non solo vigilano su eventuali facinorosi, camionette della milizia vanno avanti e indietro senza sosta nel perimetro intorno alla stazione.

Le auto predisposte da Ferrini sono parcheggiate all’uscita laterale di via Nizza.

Appena uscito dal portone della questura vedo venirmi incontro la sorella di Beraudo.

“Buongiorno commissario, stavo venendo proprio da lei”.

Vorrei dirle che non posso trattenermi, ma in fondo non è che mi importi molto di trovarmi alla stazione , la mia assenza non si noterà di certo.

“Venga signorina…tranquilla, non disturba affatto, non si preoccupi”.

In ufficio mi chiede se ci sono novità, mi riferisce che suo fratello è stato sepolto e che spera possa riposare in pace: ”Dicono che chi muore di violenza vaghi in eterno”.

Sorrido e le chiedo scusa: “Sinceramente penso che quando uno è morto non vaghi da nessuna parte, spero di non offendere i suoi sentimenti”.

“Non li offende, lo penso pure io, ma lei sa che certe credenze sono dure a morire. Ripenso ai giorni che eravamo bambini, a quando correvamo a nasconderci nel fienile…a mio padre che lo chiamava sempre bertela, sa tra noi due Ettore era il suo preferito”.

Mi guarda stupita: “Scusi lei non può saperlo, è il soprannome che gli aveva dato, fin da bambino, mio fratello fin da bambino preferiva le bretelle alla cintura per tenere su i calzoni”.

“Originale come soprannome…buffo davv…”.

Non finisco la frase, le mie mani aprono il cassetto della scrivania, cerco la lista con i nomi dei clienti che hanno una cassetta di sicurezza ma non la trovo. Chiedo a Tirdi se sa dove è stata messa, mi risponde che l’ho  messa in un’agenda ma che non sa dove sia finita. Rovescio i contenuti sul tavolo ma non la vedo, qualcuno l’ha rubata è il mio primo pensiero, poi da sotto una pila di fogli eccola spuntare. La apro e la lista è all’interno con la chiavetta.

Sfoglio i nomi ed un grido di esultanza riempie la stanza.

Bretella Ovidio, eccolo come si era firmato Beraudo Ettore.

“Presto Tirdi andiamo in banca dove si trova la cassetta di sicurezza, vuole venire con noi signorina?”.

La banca dista a non più di due isolati da dove abitava la vittima, nonostante non abbia con me il permesso per aprire la cassetta firmato dal questore, il direttore acconsente alla mia richiesta, soprattutto se viene minacciato di complicità in un duplice omicidio.

“Se si tratta di essere utile all’indagine, faccia pure commissario”.

La chiavetta apre lo sportello della cassetta, dentro vi è un pacchetto legato con della corda. Lo apro e al suo interno c’è un’agendina di color nera, sfoglio le pagine e solo allora capisco perché è stato ucciso il professore. Domando alla sorella  se la scrittura vergata sui fogli è quella del fratello ucciso, risponde di si.

Metto l’agenda in tasca e dico a Tirdi di andare alla stazione: “Vai veloce più che puoi…signorina, ho trovato l’assassino di suo fratello, ma per la sua incolumità meglio che torni nel mio ufficio…la prego non insista…mi aspetti se vuole oppure se preferisce torni pure casa, la chiamo io”.

Tirdi sfreccia con l’automobile verso Porta Nuova. Quando arriviamo ci troviamo un muro di persone, vedo un miliziano e domando se il treno è già arrivato, mi risponde di si:”  E’ arrivato in anticipo di una decina di minuti”.

Impreco a questa frase, mi domanda il motivo: “Prendi con te qualche tuo camerata e seguici”.

“Io non prendo ordini da lei…non so chi sia!”. La sua mano corre al mitra di ordinanza.

“Commissario Berardi, e se non ti muovi ti ritroverai nei casini fino al collo che manco ti immagini”.

Il tono della mia voce non lascia dubbi, il camerata chiama alcuni dei suoi e spiega la faccenda. Cerchiamo di andare a tutta velocità ma non è facile, nonostante la bravura del mio collega, dieci minuti sono tantissimi in questo caso. Riguardo l’agenda e capisco tutto, compresa la morte di Giorgetti.

Siamo alle porte di Moncalieri, segnalo a Tirdi la strada da prendere a lato del castello,  quella che va verso Trofarello.

“Ma commissario, la villa di Ferrini non è da questa parte”.

“Lo so Tirdi, ma loro prendendo la salita perderanno un po’ di tempo, e quando dovranno rimettersi su questa strada noi gli blocchiamo…schiaccia l’acceleratore per Dio!”.

( Continua)

 

 
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L'Icona Mingardi

Post n°2437 pubblicato il 16 Febbraio 2019 da paperino61to

Negli anni 70' era un Icona nel panorama musicale italiano, per chi come me amava il rock e il punk, ecco a voi amici e amiche Andrea Mingardi.

 

       

 

 

 

         

 

 

 

         

 

 

 

 

     

 
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