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Messaggi del 17/09/2021

 

Al di là di ogni sospetto (9 capitolo)

Post n°2811 pubblicato il 17 Settembre 2021 da paperino61to

Riassunto: Il commissario Berardi indagano su degli omicidi scopre che le vittime facevano parte dei servizi segreti del SIM. Costoro stavano indagando sulla ditta Salza rifornitrice di materiali per il regio esercito. La segretaria del titolare, confida al commissario di essere venuta in possesso di fatture gonfiate e non esclude anche che l’esercito abbia pagato materiale mai ricevuto. La donna però non conclude la chiacchierata perché spaventata da due uomini e scappa via. Alla sera Berardi riceve una telefonata da lei che gli intima di non importunarla più. Il commissario capisce che è stata minacciata. L’indomani con Tirdi vedono la segretaria salire su un auto e la pedinano, Berardi nota la targa dell’auto e confida al collega di avere trovato l’auto che ha investito e ucciso Sibona, il secondo agente segreto. La donna viene portata al cospetto di un uomo. Al ritorno Berardi decide di seguire il misterioso uomo. L’auto si ferma davanti a una caserma e il misterioso personaggio entra nell’edificio. Berardi decide con Tirdi un piano per fotografare questa persona. Con la fotografia decidono di andare nella locanda davanti alla caserma, ma un attimo prima di entrare vedono il garzone arrivare. Dalle risposte del ragazzo capiscono che è il covo della banda, inoltre riconosce l’uomo che ha parlato con la segretaria e che è entrato nella caserma, è un militare. In questura Berardi conosce l’ex colonello amico del questore, tale Osvaldo Riboni, il quale dopo avere visto la fotografia fa nome e cognome del misterioso uomo: il maggiore Luca Carasso.

 

 

 

 

 

 

 

“Cosa intende fare Berardi? E’ fuori discussione un intervento in quella locanda, possono benissimo essere delle riunioni tra amici”.

“Non lo so, pedinare il maggiore è l’unica soluzione…forse abbiamo un’altra opzione…risalire al proprietario dell’auto che ha investito Sibona”.

“Commissario, che io sappia Carasso non aveva auto e neanche sua moglie, si appoggiavano sempre alle auto di servizio presenti in caserma”.

“Questo spiegherebbe l’automobile con lo stemma visto dal testimone della pensione di via Amedeo”.

“Bene Berardi, cerchi di risalire al proprietario di quell’auto”.

Ritorno in ufficio e vengo a conoscenza di una denuncia per furto di un automobile lo stesso giorno in cui è stato ritrovato morto Priero. La denuncia è stata presentata dalla signora Annalisa Feroglio via Lancia numero 16.

“Tirdi vieni con me, siamo risaliti al proprietario dell’auto dove abbiamo trovato il cadavere di Priero”.

Il condominio è situato in zona San Paolo, non c’è portineria e la donna abita al piano terra.

“Buongiorno, chi siete, cosa volete?”.

“Siamo della polizia, commissario Berardi, lei è la signora Feroglio?”.

La donna ci guarda e risponde di si.

“Prego entrate!”.

Veniamo fatti accomodare in tinello.

“Signora lei ha fatto denuncia di un furto di auto?”.

“Si certo “e indica il giorno della denuncia.

“Al mattino scendo per andare al lavoro e non la trovo più, capisco subito che me l’hanno rubata”.

“Lei che lavora svolge?”.

“Sono impiegata alla banca ad Alpignano, una piccola banca, ma perché l’avete ritrovata?”.

 

 “Credo proprio si, dovrebbe venire di persona a confermare se è la sua auto, hanno cancellato ogni riferimento in modo che non potessimo risalire a lei”.

“Assurdo…ma un ladro non si prende la briga di fare questo o sbaglio?”.

“No signora, ma purtroppo per motivi di indagine non posso dirle a cosa è servita la sua auto, ma certamente chi gliela rubata non era un semplice ladro mi creda”.

“Mio dio…vuol dire che io andrò nei guai?” domanda con voce tremante.

“No, stia tranquilla, lei venga solo al nostro magazzino e se la riconosce lo dica all’agente di turno, arrivederci”. Uscendo dall’alloggio Tirdi mi domanda se sono sicuro che sia la stessa auto del delitto di Priero.

“Si Tirdi ne sono sicuro e ora andiamo a riferire al questore ciò che abbiamo scoperto”.

“Bene Berardi lei continui l’indagine, se riesce a trovare una prova concreta me la porti e le firmo l’avviso di arresto per il maggiore”.

Già la prova, l’unica persona che poteva fornirmela ha ritrattato dopo esser stata minacciata. Decido lo stesso di riprovarci e vado allo stabilimento dove lavora la Terazzi. Sicuramente nell’ora di pausa la vedrò uscire, senza sapere che una delusione mi stava aspettando.

Sono le due del pomeriggio e della ragazza manco l’ombra, decido di entrare e mi reco nel suo ufficio. Grande è lo stupore quando vedo un’altra donna.

“Buongiorno, desidera?”.

Rimango un attimo in silenzio e poi domando della Terazzi.

“Scusi, ma lei chi è?”.

“Commissario Berardi, dovrei porre alcune domande alla signorina”.

“Posso solo dirle che la Terazzi non lavora più qui”.

Tutto il mio stupore compare sul mio volto.

“Come mai?”.

“Non so dirle nulla di preciso non so se si è licenziata oppure no, qui avevano bisogno di una nuova impiegata e mi sono presentata”.

“Capisco, e immagino non conosca dove sia andata?”.

 

 

 

La risposta come presumo è negativa: “Potrebbe domandare al dottore, sta arrivando in questo momento”.

Vedo Salza in compagnia di un uomo, a prima vista mi sembra quello che guidava l’auto che avevamo seguito a Rivoli, ci fosse Tirdi sicuramente lo riconoscerebbe. Decido di andargli incontro.

“Buongiorno dottor Salza”.

“Ancora lei commissario? Cosa vuole ancora da me?”.

L’uomo accanto si defila senza perdermi mai di vista.

“La Terazzi, ho saputo che si è licenziata!”.

“No affatto! Mi ha detto che aveva dei problemi famigliari e gli ho concesso delle ferie”.

“Capisco, sa dove è andata?”.

 “Mi spiace ma non lo ha detto…sembrava molto agitata. Se vuole le faccio vedere il foglio di domanda firmato dalla signorina”.

Non è il caso, se dovesse sentirla mi chiami nel mio ufficio…a proposito il nome di Giacomo Priero le dice nulla?”.

L’uomo scuote la testa in segno di diniego, ma i suoi occhi guardano per terra.

“Un ultima domanda, sa dove abitano i genitori della signorina Terazzi?”.

 

“Non ho la più pallida idea e ora mi scusi, devo mandare avanti un’azienda, arrivederci!”.

(Continua)

 

 

 
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