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Messaggi del 13/02/2019

 

La ghiacciaia di Porta Pila( Quarto capitolo)

Post n°2436 pubblicato il 13 Febbraio 2019 da paperino61to

Riassunto: Il commissario Berardi indaga sull'omicidio di un professore di liceo: Ettore Beraudo. Le indagini si presentono difficili, la vita della vittima sembra irreprensibile. Gli unici amici sono uno studente e un segretario di una circoscrizione fascista. Berardi sotto mentite spoglie interroga la moglie del segretario, dalla conversazione la moglie nega che suo marito frequenti il circolo Dilma. 

 

 

“Non credo che la moglie stia mentendo, caro Tirdi, non sa nulla di cosa fa il marito fuori di casa”.

“Penso la stessa cosa, commissario…e se domandassimo allo suocero?”.

“Andare da Arbuni? Perché no, se dobbiamo prendere il toro, tanto vale prenderlo per le corna”.

Il notaio ha l’ufficio non distante da dove abita la figlia, domandiamo alla segretaria di poter parlare con Arbuni.

“Vedrò se il notaio può ricevervi, prego accomodatevi un attimo in questa sala”.

Una decina di minuti di attesa e veniamo ricevuti. L’uomo è  sulla sessantina, capelli brizzolati, corporatura massiccia; il fumo del sigaro impregna il suo ufficio.

“A cosa devo la visita del famoso commissario Berardi?”.

Questa frase mi prende alla sprovvista, speravo di ripetere la pantomima fatta a sua figlia.

“Buongiorno notaio Arbuni, nulla di grave, vorremmo solo farle alcune domande su suo genero, se è possibile”.

Il volto dell’uomo si rabbuia e a denti stretti domanda cosa ha combinato quel buono a nulla.

“Per ora niente, ma cerchiamo di vedere se, a sua insaputa, è coinvolto in un delitto”.

Arbuni sgrana gli occhi e nervosamente fuma il sigaro.

“Non credo che Claudio sia in grado di ammazzare una mosca figuriamoci un uomo. Cosa vi fa pensare che sia coinvolto?”.

Espongo alcune mie ipotesi tralasciando la chiacchierata avuta con sua figlia.

“Mi sembra strano che frequenti il circolo Dilma, non è roba per lui…è un pappamolla! In quel posto vanno i fascisti veri non quelli come lui”.

“Intende come lei?”.

“Certo, quelli come me, anche se sono mesi che non vado più, ora frequento quello che si trova in  Corso Casale”.

“Come mai se, non sono indiscreto?”.

“La maggioranza della mia clientela lo frequenta, e capisce anche lei commissario che per la mia attività…”.

“Capisco perfettamente, un’ultima domanda, lei conosce un certo Paolo Laressi?  E’ uno studente del liceo Belli”.

“Il nome non mi dice nulla, è un amico di mio genero?”.

“Non ne siamo sicuri, ma sono stati visti insieme diverse volte al Dilma…chiedo solo una cosa signor Arbuni, di non dire nulla a suo genero e a sua figlia di questa nostra conversazione, ho la sua parola?”.

“Lo prometto e se quel buono a nulla di Claudio è nei pasticci, me lo venga a dire, ci penso io a lui…”.

Non finisce la frase ma posso facilmente intuire come sarebbe il suo “pensare” nei confronti del genero, il notaio è uno di quegli uomini che è meglio averlo come amico che nemico.

Usciti dallo studio ci rechiamo in questura  Perino ci dice che a Leinì è stata trovata in mezzo ai campi una macchina bruciata, e che prima di darle fuoco hanno tolto la targa.

“Scommettiamo che è la stessa che ha scaricato sul marciapiede il bidello del Belli?”.

Purtroppo non riusciamo a risalire al proprietario dell’auto :”L’unica cosa che possiamo fare è vedere se qualcuno ha denunciato il furto”.

Infatti come ho ipotizzato, nelle settimane seguenti nessuno denuncia il furto di una macchina.

Nel frattempo Beraudo è stato seppellito al Monumentale, la sorella ogni tanto passa in ufficio per domandare se ci sono novità in merito all’indagine ma purtroppo la risposta è sempre negativa.

Anche al circolo Dilma, nonostante la presenza di un’agente non viene segnalato nulla di importante. Il ragazzo frequenta il circolo come lo stesso Ferrini. Quest’ultimo mi chiama per domandarmi come mi sono permesso di andare a casa sua; faccio finta di cadere dalle nuvole e il discorso con lui finisce con un “Stia attento commissario”.

Vengo chiamato dal questore che con mia grande sorpresa, mi domanda se l’indagine sul delitto alla ghiacciaia prosegue.

“Berardi, la conosco troppo bene per sapere che lei non avrebbe lasciato perdere un assassino. Allora mi dica cosa ha scoperto”.

Racconto del rapporto tra Ferrini e Larassi, l’auto ritrovata bruciata e il brutale pestaggio al bidello del liceo e infine la chiacchierata avuta con la moglie di Ferrini e suo padre.

“Quindi commissario lei è convinto che vi è un legame tra la morte del professore e questi due personaggi?”.

“Più che convinto signor questore, il problema è che non ho le prove. Ho trovato nell’appartamento della vittima una chiavetta, ma non siamo risaliti a nulla. Nelle banche di Torino non risulta esserci un cliente di nome Beraudo Ettore, e tantomeno nelle due stazioni della città, per non parlare delle poste. Di una cosa sono sicuro, la chiavetta è quella di una cassetta di sicurezza, il problema è sotto quale nome si è registrata la vittima”.

“Crede abbia dato un nome falso?”.

“Si e di solito chi lo fa è per nascondere qualcosa di compromettente o per tentare un ricatto”.

“Continui la sua indagine, ma faccia attenzione, ho saputo per vie traverse che il Ferrini la sta facendo seguire, e sa anche lei che con certe gente è meglio andare cauto”.

Esco dall’ufficio con un peso in meno sullo stomaco, mi  sarebbe dispiaciuto prendere in giro il questore, è una gran brava persona.

Passo a prendere Maria e insieme decidiamo di andare a cenare in un locale sul Po. Il caldo sembra lasciare posto alla frescura della sera, il parco è comunque pieno di gente che cerca refrigerio. Il castello del Valentino si staglia con la sua bellezza in mezzo al verde.

“Sai Marco, non credevo che Torino fosse bella così. Vero che a Mondovì apri le finestre e vedi le montagne, ma qui è un altro spettacolo”.

“Anche le montagne hanno un loro fascino, dei colleghi che sono andati sulle Dolomiti ne sono rimasti impressionati, tanto vero che uno di essi ha chiesto il trasferimento a Trento”.

“Dovessi scegliere preferisco il mare”.

“Credo anche io…ma per ora godiamoci la nostra Torino”.

La serata prosegue piacevolmente in compagnia della persona che amo. Mentre torniamo a casa mi accorgo che una persona ci segue. Non faccio trapelare la cosa a Maria per non spaventarla: arrivati in via Po vedo arrivare un tram e saliamo al volo.

Osservo il nostro inseguitore correre inutilmente e sorrido nell’immaginare le sue imprecazioni.

“Marco, perché hai voluto prendere il tram?”.

“Sono un po’ stanco e camminare non me la sento, spero non ti dispiaccia?”.

“No anzi, pure io sono stanchissima, è stata una giornata pesante”.

L’indomani in ufficio convoco Perino e Tirdi spiegando loro cosa è successo.

“I pesciolini si stanno agitando commissario”.

“La penso come te Perino, per questo bisogna fare attenzione. Novità?”.

Il silenzio dei colleghi è eloquente, non stiamo approdando a nulla.

Squilla il telefono, è Giorgini, mi dice che ha scoperto qualcosa: “Meglio vederci di persona commissario, non ho il tempo per parlare. Verso le due dentro alla Gran Madre!”.

“Bene ragazzi, qualcosa si sta muovendo, Giorgini ha delle informazioni!”.

Verso l’una e mezza esco dalla questura e mi dirigo all’appuntamento, con me c’è Tirdi. Entriamo in chiesa, poche persone sono sedute a pregare, ma non vedo l’agente.

Ci sediamo anche noi un po’ defilati nella penombra della chiesa. Il tempo passa lento ed è solo verso le tre che decidiamo di uscire.

“Commissario, che sia successo qualcosa?”.

La voce di Tirdi denota preoccupazione.

Cerco di non dare a vedere che pure io sono in stato di agitazione.

Torniamo in questura e veniamo avvertiti che hanno trovato un corpo che galleggia sul Po, un brivido mi sale lungo la schiena. Saliamo in macchina e andiamo sul posto, un paio di agenti ci attendono; come sempre le persone si fermano con morbosa curiosità a vedere cosa sia successo.

“Buongiorno commissario, venga…purtroppo il morto è un nostro collega…”.

A quel punto capisco che sta parlando di Giorgini, scendiamo le rive e un lenzuolo bianco copre il pover’uomo.

“Come è successo?” domando.

“Non sappiamo ancora, non ci sono testimoni”.

“Non è possibile che nessuno abbia visto nulla? “.

“Commissario, in questo punto non ci sono case, l’unica è quella villetta laggiù, ma è troppo lontana per notare qualcosa, poi come vede gli alberi coprono la visuale. Possiamo sperare in qualche barbone, ma di solito qui non vengono, preferiscono il ponte laggiù”.

“Manda un paio di agenti alla villetta, tentar non nuoce, e fai lo stesso con i barboni. Tirdi, io e te andiamo al Dilma”.

La collera sta prendendo possesso in me, all’ingresso del circolo un uomo si para davanti a noi dicendo che non possiamo entrare se non siamo soci. Un attimo dopo è per terra che impreca al pugno che gli ho dato.

Arrivano un paio di persone con il direttore del Dilma a domandare cosa succede.

“Sono Berardi della polizia, vogliamo parlare con il titolare…immediatamente!”.

“Sono io, commissario, cosa desidera?”.

“Lavora per lei un certo Giorgini?”.

L’uomo riflette un attimo e poi risponde di no.

Immaginando la risposta, faccio vedere la foto del povero collega.

“ Si lavora per me, si chiama Lettieri, Carlo Lettieri, già da ieri che non si è presentato qui al Dilma…ma perché lo ha chiamato Giorgini?”.

Tirdi sta per dire qualcosa ma lo blocco.

“Prenderci in giro non serve, giochiamo a carte scoperte. Il vero nome è Giorgini, lavorava qui come cameriere ed era ancora vivo ieri quando mi ha chiamato”.

“Non so che dirle commissario, a me ha dato un nome diverso, e posso giurarle che è da ieri che nessuno lo ha più visto, gli è successo qualcosa?”.

Osservo il volto dell’uomo, sembra sincero.

“ E’ morto, assassinato!”.

“Non crederà mica…”.

“Io non credo a nulla, io so solo che prenderò chi è stato e lo farò marcire in galera a vita!”.

Usciamo dal circolo sapendo bene che è guerra aperta tra noi e Ferrini.

“Giorgini aveva scoperto qualcosa, ma cosa commissario?”.

“Passiamo da casa sua, magari ha lasciato uno scritto”.

Purtroppo anche questa speranza è vana, la vedova non sa nulla, sapeva solo che stava indagando ma non sa su che cosa. Un bambino le è accanto con gli occhi lucidi dal pianto.

“Commissario, mi prometta che chi ha ucciso mio marito venga arrestato”.

“Glielo prometto signora, lo devo a lei e a suo figlio!”.

 In questura vengo chiamato dal questore: “Berardi, che triste notizia, sembra che il nostro collega abbia avuto un incidente…”.

“Signor questore, Giorgini è stato ucciso, altro che incidente.

“Ne è sicuro?”.

“A breve avrò il referto di Stresi, e non credo affatto di sbagliare. Il nostro agente stava indagando al Dilma, evidentemente ha qualcuno dava fastidio questa cosa”.

“Mi avverta appena ha il referto!”.

Verso sera mi chiama il dottor Stresi, l’autopsia sull’agente dimostra che è stato ucciso: soffocato e poi inscenata la finta caduta nel fiume: ”Sul referto che avrà domani mattina, si ipotizza che è stato tenuto con la testa sotto acqua in modo che i polmoni si siano riempiti di acqua come se fosse  annegato. Peccato che l’omicida abbia lasciato dei segni sul collo e un taglio sul costato prodotto non certo da un masso sporgente, ma piuttosto da una lama di coltello”.

 “Mandi una copia del referto anche  al questore per favore. Ha sollevato dei dubbi sull’uccisione di Giorgini”.

“Sarà fatto Berardi, ho l’impressione che come sempre lei si sia messo in bel ginepraio di guai”.

(Continua)

 
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