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Messaggi del 07/09/2019

 

Delitti in note(quarto capitolo)

Post n°2498 pubblicato il 07 Settembre 2019 da paperino61to

Riassunto: Il commissario Berardi indaga su delle minacce ai danni di un impresario teatrale: Marezzi. Questo signore sta allestendo uno spettacolo in città con il Trio Lescano. Prima di un loro concerto all’Eiar, uno spettatore entra nella sala dove avrebbero dovuto cantare e muore fulminato toccando un microfono. Il commissario sente i tecnici presenti e capisce che un misterioso personaggio si è camuffato dal terzo tecnico che era ammalato a casa. Marezzi viene trovato morto, sembra suicidio, ma da una frase delle Lescano, il commissario capisce che non è affatto così. Nell'alloggio di della vittima trova degli articoli  pubblicati su vari giornali a firma di Paolo Tesseri, critico di teatro e spettacoli.

 

 “Prova a cercare in tutte le vinerie o piole della città Perino chiedi se hanno  venduto bottiglie di questa marca e se hanno il cognome del compratore”.

“Commissario, ho mandato un agente a controllare all’Eiar se eventualmente il nostro falso tecnico avesse lasciato la tuta in qualche sala, ma purtroppo la ricerca è risultata vana”.

“Chi ci dice che il tizio non indossasse la tutta sotto il vestito? Pensaci Tirdi, l’usciere non ha visto uscire nessuno prima del nostro arrivo, quindi vuol dire che l’attentatore era presente in sala. Stupido io a non aver pensato all’ipotesi della tuta nascosta sotto il vestito!”.

“A meno che questa persona non sia fuggita prima del nostro arrivo!”.

“ Ricontrolliamo la lista dei presenti in sala, e vediamo se abbiamo saltato qualcuno nell’interrogatorio”.

L’elenco degli ospiti arriva dopo una decina di minuti, tutta la gente presente in sala è stata sentita. Rifletto un attimo sul da farsi, prendo il telefono e chiamo via Verdi: “Buongiorno sono il commissario Berardi, volevo sapere come funzionano gli accrediti ai giornalisti nei vostri spettacoli”.

 La risposta mi arriva immediata, c’è un registro dove ogni volta il giornalista firma per la presenza allo spettacolo. Faccio il nome del Tesseri, mi dicono che è stato presente diverse volte e sempre con gli spettacoli del trio Lescano.

“Tirdi, cerca l’indirizzo di Patrizio Tesseri, andiamo a fargli visita”.

Patrizio Tesseri abita in zona Cit Turin in un appartamento al piano terra. Non è sposato e vive da solo. L’uomo è sulla cinquantina, capelli brizzolati, occhi piccoli e neri, un naso aquilino.

“Buongiorno signor Tesseri, sono il commissario Berardi, dovrei rivolgerle alcune domande”.

L’uomo mi squadra con aria arrogante: “Non ho molto tempo da dedicarle, se vuole sbrigarsi”.

La porta del suo appartamento è semi chiusa, Tesseri non ci fa entrare in casa sua sbarrando con il corpo l’ingresso.

“Lei dov’era la sera del….?”.

“Non vedo perché dovrebbe interessarle commissario!”.

“Perché un uomo è stato ucciso!”.

Tesseri mi guarda con aria di sfida e rilancia dicendo che non gli importa un fico secco se qualcuno è stato ucciso, lui non c’entra.

“Neanche se la vittima si chiama Marezzi?”.

Il suo volto non denota nessun segno di stupore, quindi aggiungo che forse lo sapeva che il suo “bersaglio” preferito era morto.

“Si, lo sapevo, le voci in certi ambienti girano velocemente. Ma non sono io l’assassino, e ora se non le spiace...”.

“Un’ultima domanda Tesseri, poi la lascio andare, come mai lei è sempre e solo presente agli spettacoli delle Lescano in via Verdi?”.

“E’ forse vietato andare solo a sentire quelle insulse ragazze che cercano di cantare? Arrivederci commissario!”.

“Direi che è molto cordiale questo critico, vero Tirdi?”.

Saliamo in auto e torniamo in questura, chiamo la signora De Leewe e domando come stanno le ragazze.

“Sono affrante commissario, vogliono lasciare perdere lo spettacolo, hanno anche paura ora che Marezzi è morto”.

“Dica loro di non mollare, ordino di mettere altri  agenti per salvare la vostra incolumità”.

“La ringrazio, ma quello che fa male è vedere anche gli sguardi degli addetti ai lavori al Chiarella, sembra che siamo noi i colpevoli della morte del buon Marezzi”.

“Non ci badate, gli sguardi non hanno mai ucciso nessuno. Senta lei conosce un certo Patrizio Tesseri, un critico di spettacoli che scrive sui giornali?”.

La donna rimane un attimo in silenzio come se riordinasse dei pensieri, poi risponde affermativamente: ”Purtroppo lo conosciamo di fama. Non so dirle perché quel signore scriva cose cattive contro di noi o sul povero Marezzi, ma la verità è che è velenoso come una serpe…non l’ho mai incontrato…era in via Verdi diverse volte? Nessuna me lo ho mai presentato, e per quel che so manco Marezzi lo ha mai visto”.

Riaggancio il telefono e un’ipotesi mi frulla in testa: il Tesseri o era in incognita oppure si presentava all’ultimo istante agli spettacoli; in questo caso però se non aveva l’accredito per entrare, e allora come faceva ad essere presente agli spettacoli?.

Decido di andare in via Verdi all’Eiar, parlo con il responsabile che casca dalle nuvole, dice è assolutamente impossibile accedere senza un accredito agli spettacoli.

“E’ possibile vedere il registro dei giornalisti presenti agli spettacoli?”.  Noto che la firma del critico è diversa, come se fosse stata scritta da con una mano  diversa dagli.

“Chi aveva il compito di scrivere questo registro?” domando al responsabile.

“E’ Giulio, Giulio Caserotti  è lui l’addetto…lo faccio chiamare”.

Dopo alcuni minuti si presenta, il dipendente mi guarda con aria preoccupata.

“Non abbia paura signor Caserotti, vorrei solo porle alcune domande. Vedo il nome di Tesseri sul suo registro, ma la calligrafia è diversa, come mai?”.

“Scusatemi…ecco…vedete…”.

L’uomo incomincia a balbettare, fino a quando il responsabile non lo riprende.

“Per amori di Dio, Caserotti cosa vuol dire? Si spieghi!”.

“Se permette posso dirglielo io…il suo buon dipendente firmava a nome di questa persona, una firma falsa ovviamente. La persona  in questione entrava di conseguenza senza accredito, dico bene Caserotti?”.

L’uomo abbassa la testa e risponde di si.

“Quanto le dava Tesseri per entrare di nascosto senza fare saper a Marezzi che era presente?”.

“Quattrocento lire ogni volta che c’erano le ragazze…non so perché non voleva farsi scoprire che era presente, non me lo ha  mai detto”.

“E lei manco glielo ha chiesto giusto? Quindi se entrava di nascosto, poteva anche girare indisturbato per  le sale, nessuno avrebbe fermato un’ospite accreditato…”.

“Si! Solo io sapevo che entrava di nascosto…ma ripeto, non so perché lo facesse, mi creda dottor Giraubo”.

Intervengo al posto del direttore: “Caserotti, io posso crederle, ma sta di fatto che qui l’ultima volta è stato ucciso un uomo! Non credo che lei sia complice, mi sembra una brava persona e non mi interessa quali provvedimenti adotterà il suo responsabile, io so solo che Tesseri con il suo comportamento anomalo diventa un indiziato serio”.

Cerco di riordinare le idee mentre vado da Mamma Gina, so di essere sulla pista giusta, ma non riesco a capire il movente di tanto odio da parte di Tesseri fino a sfociare in due omicidi. Nel primo caso di sicuro la vittima era il presentatore e non lo sventurato ospite dello spettacolo.

Esco dal locale e decido di fare quattro passi, vado in direzione del quadrilatero romano, è sempre affascinante quel pezzetto antico della città. Una piccola folla è assiepata sull’erba, noto che è lo spettacolo di un burattinaio.

Le marionette son quelle classiche della nostra città, Gianduia e consorte, le risate dei bambini aleggiano nell’aria contagiando anche i grandi. Mi soffermo una decina di minuti poi il dovere mi porta in questura. Mentre entro nel mio ufficio mi torna in mente una frase detta dal burattinaio: “Non sempre siamo ciò che siamo”.

Non so perché mi sia tornata in mente, ne tanto meno perché mi si è insinuata nel cervello. Chiamo Perino e domando di farmi avere informazioni su Patrizio Tesseri, per ora so solo che è un critico poco cordiale e che scrive recensioni di spettacoli per varie

testate locali.

Il fascicolo riguardante Tesseri non denota nulla di strano, nato a Cuneo nel 1889, trasferito a Torino nel 1903, i genitori sono morti un paio di anni fa in un tragico incidente. Ha esordito come critico per i giornali nel 1927 sulla Gazzetta di Torino. Non è sposato, ha una seconda casa a Mentone, non fa vita mondana, non ha carichi pendenti ne eventuali processi, nulla di nulla, è come si suole dire una persona integerrima.

Vado a trovare il mio amico alla Stampa nella speranza di sapere qualche notizia in più su Tesseri.

“Berardi, che vuoi che ti dica? E’ un tipo strano per come la vedo io”.

“In che senso scusa?”.

“Nel senso che qui in redazione sono un paio di anni che non si fa vedere, si limita a mandarci per posta le sue recensioni. Ogni qualvolta le pubblichiamo e mandiamo i soldi a casa sua”.

“Soldi? Pensavo pagaste con assegno o bonifico”.

“Di solito è così, ma Tesseri preferisce i contanti, ti ho detto che è un tipo strano. Ma perché ti interessi a lui?”.

“Non posso dirtelo è in corso un’indagine, e lui ho come l’impressione che ci sia in mezzo…”.

“Ti conosco troppo bene e se dici così è perché Tesseri non è solo in mezzo ma credo che tu lo additi come sospettato numero uno”.

“Il corso accelerato a come diventare un Sherlock Holmes ti ha fatto bene vedo!”.

“Si, si, fai lo spiritoso, ma ricordati che mi devi l’esclusiva, dimmi solo questo, la tua indagine  riguarda il trio Lescano?”.

“Si!”.

Mi congedo chiedendogli che se gli viene in mente altro su Tesseri o se sente voci di qualsiasi tipo su quella persona deve chiamarmi immediatamente.

La musica delle ragazze riempie  il teatro. Nonostante il loro stato d’animo le prove per lo spettacolo stanno andando avanti. Noto pure io che gli sguardi di alcuni operai sono accusatori, per loro il Marezzi era come un padre. In un angolo noto la mamma delle ragazze con un uomo, mi dicono che è uno dei fratelli Chiarella: ”E’ arrivato da Genova ieri sera, vuole far sentire la sua presenza alle ragazze” mi dice un addetto.

Mi presento e pongo alcune domande, ma purtroppo non portano a nulla. La signora mi domanda se vi sono sviluppi, rispondo in maniera evasiva anche perché di concreto in mano non ho nulla, solo alcune ipotesi ma sono tutte da provare.

Al rientro a casa lo squillare del telefono mi da a modo suo il benvenuto, è il mio amico della Stampa, mi comunica che si è messo in contatto con un suo vecchio collega ora in pensione. Questa persona abita a una decina di chilometri da Mentone e conosce bene Tesseri.

“Ora Berardi, tieniti forte che arriva il bello…sei pronto?”.

Rispondo di si e ascolto con interesse quello che ha da dirmi.

“Quel tuo ex collega ne è sicuro?”.

“Certamente, ha avuto la conferma dalla gendarmeria francese. Se vuoi un consiglio prova a parlare con loro, sicuramente ti sapranno dire di più”.

“L’uomo che era in casa con Tesseri che fine ha fatto? “.

 “La polizia francese tra i resti della casa bruciata ha trovato due cadaveri, ipotizzano che siano di Tesseri e del suo amico”.

“Ma non è possibile! Tesseri è qui da noi ed è vivo”.

“Evidentemente per loro lo è, per questo hanno archiviato l’indagine da tempo”.

Sono senza parole a questa notizia, decido di tornare in questura e dall’ufficio chiamo Mentone. L’agente francese  conferma ciò che ha detto il mio amico, indagine chiusa e archiviata. I due corpi, tra l’altro irriconoscibili per via dell’incendio, sono dei due occupanti della casa. Non spiego a loro che Tesseri è vivo e vegeto a Torino, glisso anche sul perché della mia telefonata. 

“Avete per caso una fotografia del Tesseri?”. La risposta è negativa, però mi dicono che nel loro paese è uscito un paio di anni fa un libro scritto dal critico teatrale dove è stata stampata all’interno del libro una foto assieme a dei suoi amici come ringraziamento.

Il sole sta spuntando, i suoi raggi entrano nell’ufficio dandomi la sveglia; in qualche modo sono riuscito a dormire un paio di ore sulla sedia.

Appena arriva Tirdi e lo metto al corrente degli ultimi sviluppi e ordino di andare a cercare il libro.

“Se le librerie ne sono sprovviste prova a chiedere a chi dobbiamo rivolgerci. Siamo a un punto della svolta nell’indagine”.

Vado dal questore per informarlo sui nuovi sviluppi lo trovo intento a leggere il giornale.

“Buongiorno Berardi, stavo leggendo l’articolo di Tesseri, denota letteralmente senza vergognarsi per altro, dell’odio contro le Lescano e del povero Marezzi. Lo ha letto?”.

“No signor questore” e spiego come ho passato la nottata in ufficio.

“Da quello che mi ha appena raccontato posso fare la stessa deduzione che ha fatto lei Berardi…chi è quest’uomo che si spaccia per il Tesseri?”.

“Solo dalla fotografia di quel libro possiamo vedere se la nostra tesi è valida, dopo di che sapere chi sia questa persona e perché odia le ragazze a tal punto da commettere due omicidi, verrà di conseguenza. Io una certa idea me la sono fatta”.

“Bene Berardi, mi tenga al corrente. Marezzi era non solo un amico ma una persona corretta e buona di cuore”.

(Continua)

 

 

 
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