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Fiamme sull'Arizona(5)

Post n°2574 pubblicato il 03 Aprile 2020 da paperino61to

Raggiunse i suoi compagni, sapeva che il vantaggio sugli apache era minimo. Gli indiani timorosi di raggiungere il loro dio si guardavano bene dall’uscire allo scoperto, ogni tanto sparavano qualche colpo.

“Siamo diventati tutti delle squaw?” domandò Delgado.

“L’uomo bianco non sbaglia un colpo” gli rispose un apache.

“Vorrà dire che morirò da guerriero e non da donnicciola!” detto questo l’apache uscì allo scoperto sparando all’impazzata. Di corsa giunse dove spuntava la canna del fucile, saltò dietro i massi e con stupore si accorse che non c’era nessuno.

Un urlo di rabbia risuonò nello Yellow Pass: “Il cane bianco ci ha presi in giro, è fuggito! Ai cavalli, presto!”.

“Guardate il ponte, se riusciamo a passarlo siamo salvi” esclamò il cowboy.

“Se ci arriviamo vivi…guardate alla nostra sinistra”.

Il cowboy volse lo sguardo, stavano arrivando a grande velocità una ventina di indiani.

“ E questi da dove spuntano? Forza ragazzi sproniamo i cavalli”.

Gli apache si stavano avvicinando pericolosamente, incominciarono ad echeggiare i primi colpi,un uomo stramazzò a terra.

“Curt, mio dio…arrivo!”.

“Fermati, non puoi più fare nulla per lui, è morto!” le parole del cowboy erano come mazzate per quell’uomo.

Erano quasi arrivati al ponte, un altro paio di uomini erano caduti sotto il fuoco degli indiani.

“Presto dannazione, passate il ponte. Chi se la sente rimanga a darmi una mano, io vedrò di fermarli…tu, dammi il tuo fucile!”.

A dargli man forte rimasero i tre che erano con lui al rojo, erano gli uomini migliori su tutto lo sparuto gruppo.

“A terra, e facciamo fuoco appena sono a metà del ponte…adesso!”.

Corpi e cavalli caddero a metà del ponte sotto l’intenso fuoco dei visi pallidi.

Il ponte non era largo, non permetteva a chi era rimasto indietro rispetto ai caduti di poter passare agevolmente, scansando l’ostacolo.

“Continuate a sparare, è l’unico modo per fermarli, se riusciamo a dimezzare il lor numero possiamo farcela”.

Gli apache stavano andando a cozzare contro un muro, passare da quel ponte non sarebbero riusciti tanto facilmente. Decisero quindi di lasciare perdere e di tentare di precederli scendendo più a valle dove il terreno glielo permetteva.

“Gambe in spalla ora, non tarderà molto ad arrivare il grosso che era allo Yellow Pass”.

“Quanto dista Silver City?” .

“Non credo molto, ma non siamo ancora in salvo, gli apache superstiti tenteranno di tagliarci la strada al bivio per Looport.

“Ma non ne hanno ancora avuto basta?”.

“Quando un coyote annusa la preda non la molla tanto facilmente e loro fanno questo, non ci mollano, vogliono la vendetta per lo smacco subito e per i loro compagni morti”.

Arrivarono al bivio, i cavalli erano stremati e lo stesso dicasi per quel gruppo di superstiti.

“Guardate…”.

Una polvere si era alzata dietro di loro: “Apache! Un ultimo sforzo ragazzi…”.

Purtroppo i cavalli erano troppo stanchi per sperare di distanziare quella banda a caccia di scalpi.

“Voi proseguite, io cercherò di fermarli...”.

Il cowboy fermò il suo cavallo, si voltò e con calma serafica prese in mano le sue colt. Controllò che fossero cariche e con molta lentezza incominciò ad avanzare verso gli apache.

Costoro rimasero sbalorditi da quel gesto, ammiravano il coraggio di una persona quando lo incontravano. Si fermarono anch’essi, non sapevano cosa fare, fu tutto un parlottio fitto tra di loro.

Il cowboy capì che doveva sfruttare il momento di indecisione e spronò il suo cavallo verso gli indiani.

“Allora è vero che non siete guerrieri ma squaw…se non venite a prendermi verrò io da voi”.

Piombò come una furia in mezzo a quella decina di musi rossi, le sue colt non sbagliarono un colpo, ne rimasero in piedi solo quattro. Rimise le pistole a posto e prese il fucile ed iniziò di nuovo a sparare. Gli apache superstiti scapparono in tutte le direzioni davanti a quella furia.

Il cowboy si fermò osservandoli fuggire, era il momento di raggiungere Silver City.

Vide un gruppo di cavalieri avvicinarsi, non riusciva a capire chi fossero, sorrise pensando che adesso messere Belzebù lo avrebbe sicuramente raggiunto. Caricò le pistole ed avanzò verso di loro.

Un grido gli fece capire che non erano indiani, ma era il sergente McGregory, assieme a una pattuglia di soldati. Il cowboy andò loro incontro.

“Salve sergente, allora la bottiglia di whisky è pronta?”.

“Diavolo di un ragazzo, ce l’hai fatta ancora una volta!”.

Scesero entrambi dai loro cavalli e si abbracciarono, un coro di evviva esplose da parte dei soldati.

“Sergente McGregory a rapporto” il soldato era davanti al colonello Pearson, il suo ufficio era l’ufficio dello sceriffo.

“Prego sergente…comodo…il ragazzo che è con lei è…?”.

“Si, colonello, è quello che salvò la pattuglia o meglio quello che restava della pattuglia del capitano Murray, e ora ha portato in salvo gli uomini e le donne dei ranch sparsi nella zona del Gila River”.

“La ringrazio per quello che ha fatto, mi permetta di stringerle la mano. Un grazie a nome dell’esercito degli Stati Uniti d’America”.

“Chiunque al posto mio avrebbe fatto lo stessa cosa, in ogni modo grazie colonello”.

“Cosa sa dirmi delle forze degli apache? E’ vero che hanno fucili nuovi di zecca?”.

“Si è vero, credo che il sergente gli abbia riferito di quelle due parole dell’indiano morente: Rico e carri.  Purtroppo per il nome è buio pesto”.

“Un bel problema, qualche rinnegato  vende a loro le armi in cambio sicuramente di oro”.

“Oppure in cambio di territori da coltivare, la zona del Gila River è abbastanza ricca di prati, non è arida”.

“Speculazione di qualche grosso affarista? Ipotesi non da scartare. Quanti sono gli apache che sono scesi sul sentiero di  guerra?”.

“A occhio e croce credo sui duecento, si sono unite le bande di Delgado e Cane Rosso, quest’ultimo sta già parlando con il suo dio”.

“Metteranno a ferro e fuoco l’Arizona, bisogna fermarli ad ogni costo!” esclamò il colonello.

 

                         

“Non sarà facile colonnello, gli apache sono guerrieri nati. Colpiscono e poi spariscono, attraversano il confine e vanno a rifugiarsi in Messico. Ci vorrebbe la collaborazione del governo di quelle province”.

“Washington ci sta lavorando, sta parlando con il governo centrale messicano, ma sono dubbiosi se accettare, per loro noi siamo solo degli invasori, Questo stato come il Texas e New Messico, lo sentono ancora appartenente  al Messico, anche se sono passati decenni dalla sconfitta che hanno subito”.

“Eppure odiano gli apache con tutto il cuore!” disse il sergente.

“Vero sergente, ma non basta farli collaborare con noi”.

In quel momento si aprì la porta dell’ufficio. Ero lo sceriffo che con il suo aiutante rientrava dal suo giro per la cittadina.

“Tutto a posto, nessun mentecatto pronto a creare guai. Jimmy metti su il caffè…ma per tutti i diavoli…alza le mani giovanotto, sei in arresto”.

Il cowboy non si scompose, alzò le mani.

“Jimmy toglili l’artiglieria, questo tizio è dannatamente bravo con quei gingilli”.

“Sceriffo cosa sta succedendo?” domandò il colonello Pearson.

“E’ un assassino, è ricercato in ben tre stati! Faccio solamente il mio dovere, sbatterlo in gattabuia!”.

“Non può farlo sceriffo…”.

Lo sceriffo guardò il militare e sorridendo chiese il perché. Il militare rispose serafico: “Questo ragazzo fa parte dell’esercito in qualità di scout! Gli è stata concessa la grazia dal presidente stesso, strano che non vi sia giunto nessuna segnalazione in merito”.

Lo sceriffo rimase stupefatto da questa affermazione, domandò al suo aiutante se ne sapeva qualcosa ma anche lui rispose di no.

“Domani mattina vado all’ufficio postale e mi sentirà quel dannato perdigiorno. Giuro che se si è dimenticato di darmi il telegramma lo spedisco a pedate fino a Flagstaff!”.

“Bueno sceriffo, posso abbassare le mani o devo ancora tenerle in alto per molto?”.

“Abbassale giovanotto e tu Jimmy ridagli le pistole. Bene colonello non dubito delle sue parole, ma voglio darle un consiglio, non si fidi di questo giovanotto, è peggio di un serpente a sonagli”.

Il cowboy sorrise :”Su sceriffo, ha mai visto un serpente che le paghi un bicchiere di buon torcibudella? “.

“Giovanotto…mai visto, ma in tante cose c’è sempre la prima volta. Forza andiamo!”.

“Grazie colonello, mi ha tolto da un guaio molto serio”.

“Ora però sono io nel guaio, manderò il mio attendente a svegliare la persona che lavora all’ufficio postale, chiederò espressamente che lei entri a fare parte nell’esercito, e che  gli venga concessa la grazia. Il sergente mi ha parlato a lungo di lei, e credo di essermi fatto un’idea che corrisponde alla realtà”.

“Ovvero?”.

“Che lei non è un assassino, ne un bandito. Le persone a cui ha tolto la vita erano ricercati con accuse che gli avrebbero portati al capestro se fossero state arrestate. Certo ammazzare uno sceriffo non è stato il massimo, anche se l’indagine successiva fatta dal governatore del Texas, ha dimostrato che la vittima faceva parte della banda Reno”.

Il cowboy non sapeva di quell’inchiesta, l’unica cosa che aveva fatto era mettere miglia e miglia alle sue spalle, seppure avesse sparato per legittima difesa.

“Ora gliela stringo io la mano colonello, per me sarebbe un onore entrare al suo servizio, e poi onestamente adoro fare da balia a certi sergenti di mia conoscenza”.

“Giovanotto per tua conoscenza so badare ancora a me stesso!”.

“Calma sergente, stavo solo scherzando, non vorrà mica rovinarsi il suo bel bicchiere di whisky?”.

“Questo non sia mai detto, prima lo bevo, me lo gusto, mi accendo un sigaro se il colonello me lo permette, poi dopo ti farò capire chi è il sergente McGregory”.

“Così mi piaci amico mio…vamos entriamo nel saloon”.

L’indomani mattina arrivò il dispaccio dove annunciava che il cowboy entrava a fare parte nell’esercito come scout e che gli era stata concessa l’amnistia.

“Bene, ora che siamo in regola parliamo di questi dannati apache ma soprattutto di chi gli vende le armi. Qualche idea in merito?”.

Il cowboy ci pensò su un attimo e rispose che tempo addietro aveva sentito qualcuno della banda Reno parlare di un tizio che procurava armi a chi pagava bene.

“Dove si trova questo tizio?”.

“Oltre il confine, dalle parti di Nogales…, come si chiami questo tizio  però non ne ho idea”.

“Sono giunte anche a noi voci di qualcuno che vende armi, però abbiamo le mani legate, noi soldati non possiamo passare il confine, ci sarebbero guai  con il governo messicano”.

“Voi no colonello, ma io si…se mi concedete l’autorizzazione potrei fare un salto a vedere come stanno le cose”.

Il colonello Pearson rifletté su questa possibilità, il giovane faceva parte dell’esercito ed era aggregato al suo plotone.

“D’accordo, però come capirai anche tu andrai a titolo personale, se ti troverai nei guai purtroppo non potrò muovere un dito per te”.

“Vado a preparare il cavallo e parto immediatamente…”.

“McGregory si metta in abiti civili e vada con lui!”.

“Si colonello!”.

I due partirono verso il confine messicano, e se non avrebbero trovato gli apache in un paio di ore lo avrebbero passato.

“Come ci comportiamo una volta arrivati?”.

“Ci faremo passare per gente che ha bisogno di comprare armi”.

“Credi che ci cascheranno? Di solito chi vende armi è diffidente davanti a gente sconosciuta”.

“Sergente, quando sarà il momento vedremo come comportarci, a noi basta trovare chi le vende”.

“E poi? Se ti conosco bene non credo che ce ne andremo via senza fare nulla”.

“Quien sabe?”.

(continua)

 
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