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Democrazia per eccellenza

Post n°3247 pubblicato il 07 Novembre 2024 da paperino61to

Purtroppo devo scusarmi con alcuni di voi, sono cascato anche io nelle "leggende" in questo caso "Bugie" metropolitane. Questa colassale "bugia" riguarda il neo presidente degli USA.

In ogni caso mea culpa, ma soprattutto se c'è ne fosse bisogno, ancora una volta si dimostra come sia la "Democrazia" per eccellenza.

Articolo tratto da un giornale.

 

STATO CRIMINALE

 

Dal 1776 a oggi gli Stati Uniti, ad occhio e croce, hanno partecipato a conflitti in 56 diverse nazioni del mondo.

123 le guerre. 108 quelle vinte.

Solo 18 anni su 248 sono trascorsi in completa pace.

12 presidenti sono stati generali dell'esercito:

George Washington, Andrew Jackson, William Henry Harrison, Zachary Taylor, Franklin Pierce, Andrew Johnson, Ulysses Grant, Rutherford Hayes, James Garfield, Chester Arthur, Benjamin Harrison e Dwight Eisenhower.

Tutti i Presidenti, democratici e repubblicani, dal primo all’ultimo, che si sono avvicendati alla Casa Bianca si sono confrontati con le guerre.

Ecco un ripassino dal secondo dopoguerra in poi: di questi Tempi non guasta mai.

Harry Truman (1945-1953, Democratico) è stato l'uomo della Guerra di Corea. L’ha iniziata lui: 5 giugno 1950. Conflitto che segna sul campo l’avvio della Guerra Fredda, con i due

blocchi contrapposti.

Dwight D. Eisenhower (1953-1961, Repubblicano) eredita la Guerra di Corea e gestisce l'armistizio il 27 luglio 1953.

Si conclude con scambio di porzioni di territori tra le due Coree. Bilancio finale: oltre 2 milioni di morti.

Militare a tutto tondo. Prima come comandante supremo delle forze alleate nell'Europa occidentale durante la seconda guerra mondiale. Poi nel dopoguerra, comandante supremo della Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO).

Un generalissimo alla guida di un Paese, che la dice lunga sulla propensione delle élite statunitensi per la guerra. Con la sua approvazione il Congresso mette fuorilegge il Partito Comunista Americano. Con il buon Ike, come viene chiamato dai suoi sodali, il maccartismo dilaga. Utilizza massicciamente la Cia in operazioni segrete per rovesciare i governi di Iran (1953) e Guatemala (1954).

Le turbolenze in Medio Oriente per la presa del Canale di Suez da parte dell'Egitto (con il sostegno dell’URSS) e il successivo attacco all’Egitto

da parte di Gran Bretagna, Francia e Israele, spingono Ike a presentarsi al Congresso nel gennaio 1957 per sollecitare l’adozione di quella che passa alla Storia come la Dottrina Eisenhower, un impegno a inviare forze armate statunitensi in qualsiasi paese del Medio Oriente che richieda assistenza contro l’aggressione comunista. È sempre lui ad avviare l’embargo su Cuba.

È il turno di John Fitzgerlad Kennedy (1961-1963, Democratico) Porta i consiglieri militari statunitensi in Vietnam, da qualche centinaio a 16.000. Di fatto, è l'iniziatore del conflitto che segnerà l'America per generazioni. È anche il presidente della Baia dei Porci, il tentativo, fallito, di invadere la Cuba di Fidel Castro.

Lyndon Johnson (1963-1969, Democratico) prende il posto di Jfk. Negli annali di Storia è il protagonista nell’escalation della Guerra del Vietnam. Nel 1965, Johnson ordina anche l'invasione della Repubblica Domenicana per rovesciare il governo socialista di Juan Bosch Gavino.

Richard Nixon (1969-1974, Repubblicano) chiude la guerra in Vietnam dopo un susseguirsi di carneficine, dal Napalm al massacro di Mỹ Lai, tanto da diventare agli occhi del mondo il simbolo più sanguinario di quel conflitto.

Bilancio finale: 5 milioni di morti.

Gerald Ford (1974 -1977, Repubblicano). Il successore di Nixon, travolto dal Watergate, non combatte tecnicamente nessuna guerra, anche se chiede al Congresso il permesso di farne una.

Infatti, nonostante gli accordi di Pace di Parigi del 1973, nel dicembre del 1974, le colonne militari nord-vietnamite si dirigono verso il Sud e il governo sud-vietnamita chiede aiuto agli Usa. Ford allora decide l'intervento, ma Capitol Hill gli dice di no.

Jimmy Carter (1977-1981, Democratico). Quando l'Unione sovietica invade l'Afghanistan spedisce aiuti militari segreti ai mujaheddin afghani, attraverso i sauditi e i pachistani.

Un boomerang: nasce la jihad di Osama Bin Laden. Carter è anche il protagonista del fallito blitz militare per liberare gli ostaggi dell'ambasciata americana a Teheran.

Ronald Reagan (1981-1989, Repubblicano).

Reagan lascia il camerino per la Casa Bianca, e impara subito l’arte della Guerra. Primo atto: la battaglia aerea sul golfo della Sirte del 19 agosto 1981 .

Un confronto armato tra aerei aerei militari libici e statunitensi nel cielo sopra il Mediterraneo. Decide l'invasione di Grenada nel 1983. Troppo filo-cubani. Troppi marxisti.

3 anni dopo fa bombardare Tripoli,

con l'obiettivo di colpire Gheddafi.

Dottrina Reagan: gli Stati Uniti sponsorizzano i militari in El Salvador in una sanguinosa guerra civile con il Fronte di liberazione nazionale Farabundo Martí (Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional; FMLN). In Nicaragua, dopo il rovesciamento della dittatura di Somoza da parte del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (Frente Sandinista de Liberación Nacional; FSLN) nel 1979, il governo sandinista rafforza i suoi legami con Cuba e altri paesi del blocco socialista, una mossa che l'amministrazione Reagan considera una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti .

Nel 1981 Reagan autorizza 20 milioni di dollari per reclutare e addestrare una banda di guerriglieri anti-sandinisti, i Contras.

George H. W. Bush (1989-1993, Repubblicano). Scatena la prima guerra del Golfo, dopo l'invasione da parte di Saddam Hussein del Kuwait. La Guerra in USA paga. Forte della sua vittoria sull'Iraq il tasso di popolarità di Bush sale a circa il 90%. Anche lui ordina di invadere Panama: nel dicembre del 1989, 24.000 soldati americani sbarcano nel piccolo stato del Centroamerica per abbattere Manuel Noriega.

L'invasione, durata quattro giorni, provocò centinaia di morti, soprattutto panamensi, e l'operazione fu denunciata sia dall'Organizzazione degli Stati Americani che dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Nel 1992 inizia la guerra in Bosnia ed Erzegovina.

Bill Clinton (1993-2001, Democratico). Invia e poi ritira truppe americane in Somalia.

Clinton ordina una campagna di bombardamenti di quattro giorni contro l'Iraq nel dicembre 1998 in risposta alla mancata cooperazione dell'Iraq con gli ispettori delle Nazioni Unite .

I bombardamenti coincidono, guarda caso, con l'inizio del dibattito al Congresso sull'impeachment di Clinton.

Nel 1999, le forze guidate dagli Stati Uniti della NATO avviano una campagna di bombardamenti di tre mesi contro i serbi di Bosnia, progettata per porre fine agli attacchi serbi contro gli albanesi nella provincia del Kosovo .

Due anni dopo, ordina raid aerei contro i serbi di Bosnia per costringerli a trattare e, dopo gli accordi di Dayton, dispiegò una forza di pace nei Balcani.

Nel 1998, in risposta agli attentati di Al Qaeda, per ritorsione fece bombardare obiettivi in Afghanistan e in Sudan. Un anno dopo, il teatro di guerra tornò ad essere quello dei Balcani: gli Usa furono protagonisti della Guerra del Kosovo e della caduta di Milosevic.

George W. Bush (2001-2009, Repubblicano) è il presidente delle due ultime guerre americane (a questo punto, "penultime") in grande stile:

Afghanistan e Iraq come risposta all'attacco delle Torri Gemelle. Se la prima ebbe l'appoggio di quasi tutti gli americani, la seconda invece venne largamente contestata dall'opinione pubblica statunitense e mondiale.

Barack Obama (2009-2017, Democratico)

è da subito contrario all'invasione dell'Iraq, eletto per far tornare le truppe a casa da Bagdad e Kabul, e vincitore del Nobel per la Pace, oltre ai noti interventi in Siria, Libia, Iraq e Afghanistan,

ha bombardato anche lo Yemen, la Somalia e il Pakistan. Secondo alcuni analisti è stato il presidente americano che ha tenuto in guerra gli Stati Uniti per più tempo.

Donald John Trump (2017- repubblicano) Su di lui gira la bufala che è l’unico presidente che non ha mai fatto la guerra.

Aprile del 2017, tre mesi dopo il suo ingresso alla Casa Bianca, ordinò il lancio di 59 missili Tomahawk contro il territorio siriano controllato dall’esercito di Assad.

Poco più di un anno dopo, il 14 aprile del 2018, un nuovo raid, stavolta con 105 missili. Centinaia di vittime. Tutte e due le “incursioni” verranno condannate dal Segretario generale dell’Onu.

Il 3 gennaio 2020 un raid Usa a Baghdad. Muore il generale iraniano Soleimani. Si rischia la guerra,

Il suo mandato ha segnato più di una svolta tragica per il popolo palestinese.

A partire dal riconoscimento di Gerusalemme come capitale d’Israele. Seguita dal trasferimento epocale dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme.

Ma soprattutto a cambiare è stato l’approccio degli USA sugli insediamenti israeliani in Cisgiordania, che diventa di totale supporto.

Nel novembre 2019, il segretario di Stato Mike Pompeo annuncia, urbi et orbi, che gli Stati Uniti non considerano più le colonie in Cisgiordania

“di per sé” incompatibili con il diritto internazionale. Da quel momento i coloni godranno della massima copertura criminale.

Disse di se stesso: <<Nessun presidente ha fatto di più per Israele di me>>.

La complicità di Trump è anche un affare di famiglia. La figlia Ivanka sposa Jared Kushner, imprenditore, politico, rampollo di una famiglia di immobiliaristi ebrei del New Jersey.

Ivanka, prima delle nozze, si converte al giudaismo.

Trump ricambia. Lo nomina senior advisor alla Casa Bianca come principale consigliere per il Medio Oriente. Kushner media per l'amministrazione del suocero gli accordi di Abramo per la normalizzazione dei rapporti tra Israele e i Paesi del Golfo.

Il rampollo trasuda sionismo da tutti i pori. Come testimoniano le sue dichiarazioni in un intervento alla Harvard University.

La realizzazione di uno stato palestinese?

<<È un'idea superbamente cattiva che essenzialmente sarebbe un premio

per un'azione terroristica>>.

È senza giri di parole per la pulizia etnica. Ritiene infatti che gli israeliani dovrebbero trasferire i civili palestinesi di Gaza in un'area del deserto del Negev.

Joe Biden (2021, democratico)

Biden completa il ritiro degli USA dall’Afghanistan dopo 20 anni di guerra che ha provocato oltre 200 mila morti.

Guerra in Ucraina. Forte sostegno militare ed economico a Kiev.

Gaza. Biden appoggia di fatto il genocidio in atto nella Striscia.

Tensioni con la Cina per il controllo di Taiwan.

Nato. Punta al rafforzamento dell’alleanza atlantica, in particolare in Europa, in funzione anti-Russia. Amplia i legami militari con Australia, Giappone e Corea del sud in funzione anti-cinese.

Con lui la spesa militare schizza alle stelle, con un budget in media di oltre 800 miliardi di dollari all’anno.

Insomma, uno peggio dell’altro.

Senza contare le operazioni - talvolta sotto copertura - per favorire cambi o mantenimento di regime, nel contesto della guerra fredda.

Noi ne sappiamo qualcosa: dalle elezioni del ‘48 alla strategia della tensione, passando per le “interferenze” nel caso Moro.

Alfredo Facchini

 

 

 
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