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Messaggi del 17/03/2025
Post n°3299 pubblicato il 17 Marzo 2025 da paperino61to
Riassunto: Due omicidi avvengono in un lasso di tempo breve, entrambe donne entrambe coetanee. Inoltre le due vittime andavano nella stessa classe e stesso liceo da giovani, e per finire appartenevano ad un gruppo soprannominato “streghe”, oltre alle donne uccise vi erano Antonella Marena e Lara Vicolungo. Un gruppo di ragazze dai modi crudeli e brutali verso le altre compagne non solo della classe. In quello stesso periodo una ragazza si è suicidata poco distante dal liceo, per il commissario potrebbe essere questo il filo che lega i due omicidi. Decide di andare a parlare con Perletto ex preside di quel periodo, il quale dice che vi sono state due inchieste: una interna e una delle polizia, entrambe non hanno portato a nulla, tranne il responso di suicidio. Le testimonianze di altre ex compagne delle vittime descrivono aneddoti di questo gruppo e spesso coperte da disinteresse dei professori, forse per paura o per altri motivi più beceri e soprattutto dal preside, il quale sembrava avere una predilezione preferita per una delle “streghe” ma non hanno mai capito chi fosse questa ragazza.
Il giorno seguente la stampa dà notizie dei due delitti e come immaginavo il questore mi convoca nel suo ufficio dicendo che lo ha chiamato il prefetto:”Dica al commissario di continuare le indagini, è dispensato dalla sicurezza dell’arrivo del nostro beneamato Starace in città”. “Berardi la conosco fin troppo bene, e qui lo dico e qui lo nego, lei ha fatto bene a dare la notizia dei delitti al suo amico redattore, purtroppo il prefetto non sempre è lucido, ma sia chiaro io non ho detto nulla”. “Grazie signor questore”. Uscendo dal suo ufficio sorrido e immagino il travaso di bile del prefetto nel leggere l’articolo sulla stampa. “Commissario...commissario, ho l’indirizzo dell’abitazione della Liverani”. “Bravo Perino, andiamoci subito”. L’indirizzo si trova in Borgata Aurora, case popolari a ridosso del mercato di Porta Palazzo. Entriamo nel cortile con la macchina. “Ecco il numero 8”. “Che piano sarà?”. “L’unica è guardare sui campanelli il cognome”. Siamo fortunati l’abitazione è al pianterreno, suoniamo il campanello. Dopo alcuni minuti sentiamo una voce domandare chi è. “Attenzione allo scalino commissario”. “Polizia, abbiamo bisogno di fare alcune domande riguardanti sua figlia”. La porta si apre, un ragazzo in carrozzella ci squadra e domanda di vedere il tesserino. “Giusto ha ragione, eccolo qua. Sono il commissario Berardi e lui è il mio collega Perino. I suoi genitori sono in casa?”. “Entrate!”. Un tavolo è messo in un angolino, ci sono solo un paio di sedie. “Sedetevi, cosa volete sapere di Adele?”. “I suoi genitori?”. “Sono morti un paio di anni fa, io sono Enzo il fratello di Adele”. “Mi spiace saperlo, spero che lei possa aiutarmi, stiamo indagando sulle morti di di due donne, sembra che sua sorella ai tempi del liceo avesse avuto delle frequentazioni con queste persone, e vorremmo anche capire il motivo del suo gesto estremo”. “Io ero impegnato a servire la patria, mia madre mi disse che quel giorno, Adele l’abbracciò forte e le disse: ti voglio bene mamma ricordalo per sempre. Poi non tornò più a casa”. La voce era rotta dalla commozione del ricordo. “I suoi genitori cosa pensarono del suicidio di sua sorella?”. “Non hanno mai creduto al suicidio, sono sempre stati convinti che qualcuno l’avesse uccisa”.
“Dalle indagini di allora non risultò questa ipotesi, lei che idea si è fatto nel corso degli anni?”. “Io? Che mia sorella è morta troppo giovane senza un perché. Non so che dirle commissario. Come mai solo ora avete ripreso le indagini?”. “Come le ho detto due donne ex alunne del liceo sono state uccise e abbiamo saputo del suicidio di sua sorella che guarda caso cercava di entrare nel cerchio delle amicizie delle due vittime”. “Adele non ha mai parlato delle sue compagne di classe con i miei genitori”. “Erano in quinta, si chiamavano Elisa Morandi e Aloi Carlotta, non le dicono nulla questi nomi?”. L’uomo ci pensa su un attimo e poi risponde di no. “Ora se ha finito avrei delle cose da fare”. “Si grazie e se le viene in mente qualcosa ci chiami”. “Una mia curiosità, cosa le è successo?”. “Regalo degli austro ungarici…”. “Mi spiace, arrivederci”. Poi come a prevenire una mia domanda risponde che viene una persona ad aiutarlo a scendere con la carrozzella lo scalino di fronte alla porta e a volte gli fa la spesa. Usciamo dall’abitazione con nessun dato in nostro possesso, stavolta credo che sia un indagine lunga e difficile. Dico a Perino di andare al Cavour a sentire i bidelli, ma anche da loro non ricavo granché; l’unico ancora presente di quel periodo, ricorda che il gruppo delle “streghe” era meglio evitarle, e che in qualche maniera il preside le proteggeva. Tornati in ufficio domando a Tirdi se vi sono novità, mi risponde che è venuta un’altra ex alunna: “Ho scritto le sue risposte che non si discostano molto dalle altre informazioni ricevute”. Leggo il taccuino con domande e risposte, nulla di nulla. “Cerca l’indirizzo delle…” non finisco la frase che squilla il telefono. “Commissario Berardi? Sono Marena Antonella, ho letto sul giornale la morte di due mie ex compagne di liceo...avrei bisogno di parlarle urgentemente!”. “Mi dica dove posso venire a trovarla! Si, prendo penna e foglio...dica pure. Tra una ventina di minuti sarò da lei”. “Forza ragazzi prendiamo la macchina, andiamo da una delle streghe, l’indirizzo è questo”. La donna abita in Corso San Maurizio di fronte ai giardini reali, in fondo alla discesa notiamo che vi è gruppo di persone, ci fermiamo e scendiamo dall’auto. Il conducente del tram è sotto shock, domando cosa sia successo. “Cost pòver a lè campasè sotto il tram”. “Lei è testimone di questa cosa?” domando all’uomo. “Si! Mi chiamo Bartolemo Giali, stavo tornando a ca dalla fomna, il tram non fatto in tempo a fermesè...pover òm, chissà perché l’ha fatto?”. Tirdi mi dice che hanno già chiamato l’ambulanza e dei nostri colleghi stanno arrivando sul posto.
“Andiamo, dannazione dobbiamo fare un altro giro per arrivare”. Questo imprevisto ci fa perdere un quarto d’ora. Finalmente arriviamo a destinazione, suono il campanello ma nessuno ci apre. Decido di suonare agli altri inquilini dello stabile, finalmente una persona fa scattare il portone d’ingresso. “A che piano abiterà la donna?”. Dalle scale spunta una voce che domanda cosa vogliamo. “Cerchiamo la signora Marena, siamo della polizia, a che piano abita?”. “Al secondo, ma gli è successo qualcosa?”. Non rispondo anche perché non saprei cosa dirgli. Suoniamo il campanello dell’alloggio, nessuno viene ad aprirci e non sento rumore. Perino ipotizza che sia uscita, io ne dubito. “Hai il passepartout con te?”. Perino apre la porta ed entriamo, nel frattempo la persona che ci ha dato l’indicazione del piano è scesa di sotto. Tirdi la blocca sul pianerottolo. Andiamo in cucina e vediamo la donna riversa sul pavimento. Accanto a lei la busta, so già cosa ci troverò, la apro e su un foglio vi è disegnata una croce. “Dannazione!! Cristo santo se non ci fosse stato quell’incidente sarebbe ancora viva”. “Non possiamo saperlo commissario, bisogna aspettare Stresi che faccia l’autopsia”. “Chiamalo, maledizione!!”. Sono arrabbiato, e sul pianerottolo sfogo la frustrazione dando un pugno alla porta. Come ipotizzavo Stresi conferma la mia tesi, la donna è morta nel lasso di tempo che noi abbiamo perso per venire qui. Alcuni testimoni che erano al bar di fronte allo stabile dicono di aver visto un postino entrare ed uscire dopo pochi minuti. E aggiungono di averlo visto andare verso la fermata del tram”. Prendo con me Tirdi e mando in ufficio Perino con l’ordine tassativo di trovare la Vicolungo al più presto, sicuramente è lei la prossima vittima. Alla fermata del tram ci sono alcune persone, provo a domandare se hanno visto un postino ma la risposta è negativa. “Che facciamo ora?”. “Torniamo in ufficio e chiamiamo l’Atm, magari il nostro uomo ha preso il tram precedente, ci facciamo dare il numero della carrozza che ha transitato prima del nostro arrivo”. Prendo nota del numero e vado a parlare con il vetturino e bigliettaio al deposito di corso Novara, ma non ricavo nulla di utile. “Un paio di persone sono salite ma non avevano la divisa da postino...ricordo però che uno di loro aveva uno zaino”. “Saprebbe descriverlo?”. Purtroppo la descrizione è molto vaga: un uomo alto, capello calato sugli occhi, un giubbotto marrone scuro. “Se può esserle di aiuto è sceso alla fermata del Rondò”.
(Continua)
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