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Messaggi del 14/02/2022

 

La genesi della paura: Il castello

Post n°2888 pubblicato il 14 Febbraio 2022 da paperino61to

Il vento impetuoso sembra voler portare via gli alberi secolari che costeggiano la strada che porta al maniero.

Un drappello dell’esercito turco in avanscoperta sta risalendo a fatica l’impervia strada che porta a quel rifugio dimenticato da dio e dagli uomini.

“Comandante, ma siete sicuro di voler fermarvi in quel posto?”.

Con disprezzo guarda il suo soldato e un man rovescio si abbatte sul volto di chi ha posto la domanda.

“Cane di un vigliacco, meriteresti di essere frustato a morte per la tua domanda stupida! L’unico riparo che ci offre in questo momento questa terra arida, è quel dannato castello e noi saliremo fin lassù!”.

Il soldato ritorna tra i suoi compagni a testa bassa, mentre chi li guida incita quegli uomini con frasi volgari e scudisciate.

Il vento lascia il posto alla pioggia, una pioggia torrenziale. I fulmini squarciano il cielo illuminando il castello.

Un soldato grida:” Guardate…guardate sul muraglione più alto…è il diavolo!”.

Tutti si fermano compreso il comandante, nessuno dei suoi compagni ha visto nulla e la marcia riprende con lentezza.  I soldati sono stanchi, affamati, da giorni camminano in quella terra ostile. Hanno avuto l’ordine di controllare che non ci siano truppe infedeli, in tal caso di prendere nota di tutti i loro movimenti e di mandare un messaggero al supremo Yilmaz per iniziare l’invasione.

Per sopravvivere hanno derubato i contadini di tutto ciò che gli serve compreso le loro donne: mogli, figlie e lasciando dietro di loro una scia di sangue.

“I morti non parlano!” urla il comandante ridendo mentre dava ordine di uccidere i poveri malcapitati che finivano nelle loro grinfie

 Finalmente arrivano al castello, il portone di legno è integro e sbarrato, nonostante la pioggia e il passare del tempo i soldati notano che le mura sono ancora in buono stato, solo la parte est è crollata.

“Forza vermi, buttate giù il portone!”.

Alcuni uomini sono già pronti quando uno di loro prova a spingere il portone.

“E’ aperto…”.

Un soldato parla sottovoce e dice al suo compagno che non gli piace per nulla questo posto, gli mette i brividi, da ragazzino aveva sentito dei racconti e sulla maledizione di un castello in Transilvania.

“Meglio i brividi che la testa tagliata…dai entriamo!”.

Il silenzio regna in quel luogo, le alte finestre sono in parte rotte, le ragnatele e la polvere abbondano.

“Presto fate luce!”.

Un paio di soldati accendono delle torce, trovano un camino con della legna vicino e lo accendono, per loro fortuna la legna non è umida del tutto.

“Bene, miei prodi, ora siamo proprietari di un castello”.

Ridono tutti insieme a questa battuta.

“Un paio di voi vadano in cerca di cibo e vino, il resto rimanga qui con me. Tu, Hyusuf, metti un uomo di guardia al portone e tu Kilic vai alla ricerca di cibo, voi due invece andate a vedere se in questa putrida reggia vi sia qualcuno che ci abiti!”.

Dopo un po’ di tempo tornano tutti a fare il loro rapporto: “Abbiamo trovato solo questi comandante” indicando dei fiaschi di vino. “Di cibo nulla, sembra che qui bevessero soltanto”.

“Non vi è nessuno comandante, d’altronde chi abiterebbe in questo posto?”.

“Forza, passami il fiasco!”.

Il comandante beve un paio di sorsi e risponde ai soldati che il vino è ottimo: “Meglio che niente, forza passalo anche ai tuoi compagni”.

Dopo aver finito il primo fiasco, uno dei soldati esclama che non sarebbe stato male avessero trovato anche delle donne: “Anche le infedeli in fondo non sono male”.

“Hai ragione soldato, sono d’accordo con te ma non ti preoccupare, domani riprenderemo l’avanzata e troveremo il modo per divertirci”.

“Perché aspettare domani, o forte condottiero?”.

La voce risuona forte nell’androne del castello.

“Ma è una voce di donna…ma da dove proviene?”.

“Allora prodi guerrieri, cosa possiamo fare io e le mie sorelle per voi?”.

“Chi siete?” urla il comandante sguainando la spada e continua dicendo di farsi vedere.

“Siamo qui guerriero, non ci vedi?”.

L’uomo si volta ma non vede nulla, lo stesso anche per i suoi soldati. Sentono solo le voci ma nulla di più.

“Vi ordino di farvi vedere!”.

“Come tu desideri o grande signore” un sommesso risolino fa da accompagnamento a queste parole.

“Eccole…eccole sono lassù, sono in tre!”.

“Si soldato sei bravo a contare, ma sei altrettanto bravo anche a farci divertire?” esclama una di esse.

“Venite donne, mica avrete paura dell’esercito turco? Non siamo barbari come gli infedeli ci descrivono”.

“Non abbiamo paura di voi, ma siete sicuri che non l’abbiate voi di noi?”.

Quella frase spezza l’incantesimo, alcuni soldati avvicinano la mano alla spada, anche il comandante si fa meno baldanzoso.

“Ma come invincibili guerrieri basta una battuta di una delle mie sorelle e tremate di paura? Ora scendiamo tra di voi!”.

Le donne sembrano fluttuare sull’immensa scalinata, sulla polvere non si vedono le loro impronte. In un attimo sono in mezzo agli uomini. Sono belle, attraenti e lascive, i loro vestiti lasciano intravedere forme giunoniche, seni sodi, occhi ardenti neri su capelli sciolti e labbra vogliose.

“Io voglio quella…è mia e guai a chi di voi me la tocca” urla un soldato indicando la donna dai lunghi capelli rossi.

“Calmati uomo, non scaldarti, avrei tempo per rimpiangere di non avermi ceduta ai tuoi amici…vieni ora, vieni ad assaggiare il dolce nettare che ti darò”.

L’uomo si avvicina guardando torvo i suoi compagni, il suo sguardo non mente avrebbe ucciso per quella donna.

“Vieni, ti mostro cosa so fare…non avere timore, dammi la tua mano”.

Il soldato gli porge la mano, al contatto nota che la mano della donna è fredda, come quella di una morta.

“Mi devi scaldare tutta, senti il mio corpo com’è gelido?” e ride.

Dice il vero, non gli piace quella sensazione, sente che c’è qualcosa che non va in lei, ma i suoi occhi sono magnetici, lo ipnotizzano, il suo corpo lo stordisce, non vede l’ora di accarezzarlo, di baciarlo.

“Andiamo di là…e voi sorelle fate le brave, arrivo subito”.

Un urlo risveglia gli uomini dal loro torpore.

“Cosa è stato?” domanda il comandante.

“Mia sorella a volte è brutale, ma io sarò molto più gentile con te”.

“No!! Lui è mio”.

Le donne si voltano, una figura vestita di nero con tanto di mantello si è materializzata sulle scale.

“Mio signore, non ti abbiamo sentito arrivare, perdonaci. Come vuoi tu, ma gli altri saranno tutti nostri vero?”.

Una mano si alza come assenso e le donne sorridono. Nel frattempo è ritornata la donna dai capelli rossi, le sue labbra sono intrise di sangue, dal suo vestale una macchia enorme color cremisi spicca.

“Sorelle, cosa state aspettando? Il loro sangue non è niente male”.

“Già cosa stiamo aspettando?” una di loro si gira verso i soldati e mostra i lunghi canini appuntiti gettandosi sulle loro gole.

I soldati cercavo scampo inutilmente invocando a gran voce il loro dio, i corpi giacciano a terra, il sangue defluisce dai loro corpi coprendo di rosso la polvere del pavimento.

Il comandante tremante impugna la spada e minaccia di uccidere il misterioso essere.

“Stolto di un cane, credi che basti una spada per uccidere un non morto? Sai chi sono io?”.

Per un attimo sta in silenzio poi il comandante risponde: “Non può essere, tu sei morto tanti anni fa, l’ho sentito dire dai soldati che erano ritornati in patria”.

“Una gitana mi salvò dandomi la dannazione eterna dei vampiri in cambio di una promessa, uccidere i turchi che massacrarono la sua famiglia. Turoc pagò con la sua stessa vita per avere ucciso la mia amata sposa … e tu stanotte subirai la stessa sorte dei tuoi uomini”.

“Ti prego…non farlo, ti coprirò d’oro, sono ricco credimi…non uccidermi!”.

“Sei patetico, cosa vuoi che ci faccia con il tuo oro? A Dracula non serve, posso prendermi ciò che voglio e ora prenderò la tua vita…vedi se avessi avuto una croce con te forse ti saresti potuto salvare, ma sei solo un maiale come tutti quelli della tua razza e ora berrò il tuo sangue!”.

Dicendo così spicca il volo avventandosi sul soldato immobile dalla paura mentre l’ultima immagine che quest’ultimo vede sono i canini che si appoggiano sulla sua gola.

Questo fatto accadde nel 1592, cento anni dopo la presunta morte di Vlad Dracul detto l’impalatore. Da allora la leggenda sul castellomaledetto e sul conte Dracula si sparse per tutti i Carpazi arrivando persino nella vecchia Europa. Solo un paio di secoli dopo un altro essere umano di nome Jonathan Harker varcò la soglia del castello, ma questa è un’altra storia.

 

                                             Fine

 
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