Espressioni

Lettera al Console Generale per Carlo Parlanti.


Illustre signor Console Generale italiano,sono un professore di Chimica presso una delle più prestigiose università italiane e, pertanto, mi trovo nella condizione di viaggiare all'estero per divulgare i risultati della ricerca italiana, nella fattispecie di quelli da me prodotti.Per questo motivo sento il bisogno di essere rassicurato sulle tutele che il mio Stato Sovrano è in grado di garantire nel caso di controversie giudiziarie in paesi dove, evidentemente, non sono concessi gli stessi diritti di difesa a prescindere dal proprio reddito personale.A tal proposito, sono preoccupato per la notizia, ultimamente diffusa con continuità su internet, dell'esistenza di un caso di coercizione carceraria estremamente rigida, incluso l'isolamento che noi in Italia riserviamo quasi esclusivamente agli indagati per reati di associazione mafiosa, applicata ad una persona il cui caso dovrebbe essere di Sua conoscenza.L'uomo in questione è il signor Carlo Parlanti, ora detenuto presso il Mercy Hospital di Bakersfield, credo un ospedale carcerario, perché in condizioni di salute mentale e psichica molto precaria.Non voglio entrare nel merito delle colpe del signor Parlanti, compito che lascio al giudice del processo di ri-sentenza che si terrà il prossimo 25 ottobre 2007. Tuttavia, mi preme essere da Lei rassicurato sul fatto che il signor Parlanti subirà un giusto processo, tutelato anche secondo i criteri che noi italiani riserviamo ai cittadini statunitensi in Italia, e che gli siano concessi tutti i diritti di cui deve poter godere un uomo, anche eventualmente giustamente condannato, a prescindere dalla sua condizione carceraria.In primis, la libertà di poter comunicare con i propri cari, siano essi uniti con vincoli giuridici che di pura amicizia, perché l'isolamento non è una sola pena che sconta il detenuto ma anche chi ad egli è legato. Non essendoci motivi per temere che la possibilità di comunicare con il mondo esterno possa inquinare le indagini, credo che sia indegno chiamare civile un paese che obbliga all'isolamento forzato un detenuto che non genera disordini.Nella mia analisi della condizione attuale voglio credere nella assoluta buonafede delle Autorità italiane nell'omettere di far sentire con forza la propria voce. Sarebbe un gesto di credibilità oltre che di umanità quello di mettere la famiglia di Carlo Parlanti in grado di essere tenuta costantemente al corrente delle condizioni di vita del detenuto, anzi, di poter comunicare quotidianamente con il detenuto. Una lettera appena divulgata lascia trapelare uno stato di forte malessere psichico, oltre che fisico, da parte del detenuto. Infine, un richiesta che scaturisce dalla mia natura umana e che consiste nel chiederLe un chiarimento: perché tutta questa mancanza di informazione? A chi giova?Fiducioso di una sua degna risposta le porgo i miei più distinti saluti.