Espressioni

Una voce fuori dal coro ... su UPmariner Channel


Ieri ho avuto un pesante scontro dialettico con il mio Presidente.L'ho accusato di rassegnazione nei confronti del sistema.Lui mi ha risposto che sono un povero illuso. Il bello è che siamo grandi amici e la pensiamo fondamentalmente alla stessa maniera. Parlavo del fatto che i docenti hanno per vocazione il desiderio di spingere avanti i propri allievi perché in essi ritrovano la continuazione della propria Scuola.Perseguire questo scopo costa tanta fatica e soldi nella formazione di promettenti e giovani menti, lasciando perdere quelle grandi distorsioni in cui avanzano figli ed amanti. Perché abbiamo il dovere di non giudicare un sistema valutando solo le marce eccezioni.Il pomo della discordia risiede nel fatto che l'Ateneo continui ad assumere amministrativi, a tempo determinato ovviamente, lasciando andare via quei giovani che con tanta fatica abbiamo formato. Io personalmente ho due allievi che fanno ricerca presso due centri in Inghilterra e Danimarca. Sono stati assunti per un solo anno dopo aver sostenuto un colloquio. Ora è il terzo anno che vengono confermati nel loro ruolo: chissà perché, visto che noi professori italiani, a sentire i giornali, produciamo solo merce scadente.La mia critica, sollevata al collega più anziano, consisteva nella inadempienza che l'università ottempera nei confronti dei giovani. Assume l'inutile per allontanare l'indispensabile. Mi sembrava un'assurdità. Ecco la risposta. Il Consiglio di Amministrazione (l'Università ne ha uno) deve scendere a patti con i  sindacati che chiedono la stabilizzazione dei precari che continuano a reclutare per il settore amministrativo. Poiché i sindacati dei lavoratori impiegatizi sono più forti di quelli dei dottorandi e dei ricercatori precari (poiché non esistono) ecco che la pianificazione pluriennale persegue una via che non rappresenta il fine ultimo dell'università.Questa è l' Università dei baroni, il cui Senato Accademico (che indirizza le scelte culturali) evidentemente non ha lo stesso peso del Consiglio d'Amministrazione (che ragiona come un'azienda, con tanto di rappresentanze sindacali).In una grande Università come la mia, il rapporto docenti/amministrativi una volta era 2 a 1. Ora è 1.5 a 1.5, cioè alla pari, avendo gli amministratori eroso una parte dell'organico docente. Come se anche in questa istituzione pubblica fosse necessaria una Ferrari per attraversare la strada. Metafora per indicare che i costi della macchina burocratica hanno superato di gran lunga quelli del servizio che eroga.Pertanto, cara Ministro, se vuole combattere gli sprechi non deve tagliare le spese in modo generico. Tanto chi ci rimette sono sempre i più deboli. Dovrebbe riformare l'Università con regole ferree: ad esempio, imponendo rapporti numerici ottimali tra personale amministrativo, tecnico, ricercatori e professori. Quale ruolo in Terra potrà avere un'Università il cui numero di ricercatori è molto minore di quello dei baroni o, ancora peggio, degli impiegati?O forse anche Lei ha paura di combattere i sindacati e preferisce puntare il dito su quei mentecatti, che usano l'Università per fare i propri interessi, per giustificare tagli indiscriminati.Mi raccomando: il numero di studenti non deve essere usato come filtro per valutare l'efficienza e l'opportunità di un Ateneo, quanto invece sarebbe opportuno considerare la qualità dei laureati. Ed allora io continuo a chiedermi per quale miracolo, nonostante ridicole e sedicenti riforme didattiche, continuiamo a formare giovani ricercatori ancora appetibili all'estero. Chissà per quanto altro tempo ancora, con questi tagli.F.to Un sostenitore delle dottrine di Erasmo da Rotterdam