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BXVI: Gesù sconvolto dall'enormità del male, mentre noi non vogliamo lasciarci turbare


LA MEDITAZIONE DI BXVI: Per l'enormità del male, Gesù sperimentò una grande angoscia, tale da fargli sudare sangue. E chiamò i suoi alla vigilanza contro il traditore in tutta la storia della Chiesa. “Questo appello alla vigilanza è un messaggio permanente per tutti i tempi, perché la sonnolenza dei discepoli era non solo il problema di quel momento, ma è il problema di tutta la storia.” Perché “i discepoli, gli apostoli, noi, non vogliamo vedere tutta la forza del male.”
Sconvolto dall'enormità del male. “Gesù sperimentò una grande angoscia, una sofferenza tale da fargli sudare sangue”.Mentre noi non vogliamo lasciarci turbare. “Gesù dice ai suoi: rimanete qui e vigilate. E questo appello alla vigilanza concerne proprio questo momento di angoscia, di minaccia, nella quale arriverà il traditore e concerne tutta la storia della Chiesa. E' un messaggio permanente per tutti i tempi, perché la sonnolenza dei discepoli era non solo il problema di quel momento, ma è il problema di tutta la storia.”Insensibilità dell'anima verso il male e verso Dio. “La sonnolenza dei discepoli lungo la storia è una certa insensibiltà dell'anima per il potere del male, un’insensibilità per tutto il male del mondo. Non vogliamo lasciarci turbare troppo da queste cose, vogliamo dimenticarle. E non è soltanto insensibilità per il male, è insensibilità per Dio. Insensibilità per la presenza di Dio, che ci rende insensibili anche per il male.”“L'adorazione notturna del Giovedì Santo, l'essere vigili col Signore, dovrebbe essere proprio il momento per farci riflettere sulla sonnolenza dei discepoli e degli apostoli, di noi, che non vediamo, non vogliamo vedere tutta la forza del male.”Gesù, invece, “sente l'abisso del male. Sente anche tutta la sofferenza dell'umanità. L’avversione contro Dio, tutto il peccato. E possiamo capire come Gesù, con la sua anima umana, sia terrorizzato davanti a questa realtà, che percepisce in tutta la sua crudeltà.”Le lacrime e le grida di Gesù per il male non sono debolezza della carne, ma elevazione dell'umano a Dio. “Queste lacrime di Gesù, questa preghiera, queste grida di Gesù, questa angoscia, tutto questo non è semplicemente una concessione alla debolezza della carne, come si potrebbe dire. Proprio così Egli realizza l'incarico del Sommo Sacerdote, perché il Sommo Sacerdote deve portare l'essere umano, con tutti i suoi problemi e le sofferenze, all'altezza di Dio. E la Lettera agli Ebrei dice: con tutte queste grida, lacrime, sofferenze, preghiere, il Signore ha portato la nostra realtà a Dio. E usa la parola greca “prosferein”, che è il termine tecnico per quanto deve fare il Sommo Sacerdote per offrire, per portare in alto le sue mani.”Uscire dal nostro “no” ed entrare nel suo “sì”. “Questo è il dramma della nostra redenzione: Gesù tira la nostra volontà in alto, tutta la nostra avversione verso la volontà di Dio. In questa trasformazione del “no” in “sì”, in questo inserimento della volontà creaturale nella volontà del Padre, Egli trasforma l'umanità e ci redime. E ci invita a entrare in questo suo movimento: uscire dal nostro “no” ed entrare nel “sì” del Figlio. Questo entrare nella volontà di Dio non è un’opposizione a sé, ma è entrare nella verità e nell'amore.”Verso il dramma del male, l'angoscia del cristiano e l'imperturbabilità del filosofo. “Se riflettiamo su questo dramma del Getsemani, possiamo anche vedere il grande contrasto tra Gesù con la sua angoscia, con la sua sofferenza, in confronto con il grande filosofo Socrate, che rimane pacifico, senza perturbazione davanti alla morte. E sembra questo l'ideale. Possiamo ammirare questo filosofo, ma la missione di Gesù era un'altra. La sua missione non era questa totale indifferenza e libertà; la sua missione era portare in sé tutta la nostra sofferenza, tutto il dramma umano. E così apre le porte del cielo, apre il cielo: questa tenda del Santissimo, che finora l’uomo ha chiuso contro Dio.”