ricomincio da qui

Un passo indietro per farne uno avanti :"La fattoria Montorsi".


Il tempo,in quel vecchio casolare,trascorreva velocemente e serenamente.Tra me e Beppe si era stabilito un legame abbastanza solido;ci vedevamo tutti i giorni,e ogni giorno andavamo alla ricerca di nuovi espedienti che ci sarebbero serviti per la sopravvivenza nella foresta.Era molto abile ad intagliare il legno e m’insegnò ad usare il temperino per creare  nuovi utensili.Facemmo delle forchette di legnetto e dei cucchiai,intagliammo persino delle ciotole concavi e profondi per il brodo.Costruimmo delle mensole per la cucina,e riparammo le sedie  traballanti e sgangherate.I nonni,mi mandavano di tanto in tanto,scatole piene di generi alimentari e prodotti per l’igiene personale.Prima di mandare Beppe con assiduità alla mia vecchia dimora e a passare tutto quel tempo con me,vollero fare la mia conoscenza.M’invitarono nella loro casa a pranzo di domenica.La fattoria dove alloggiavano le galline,i maiali,le mucche,le capre e i cavalli,e la casa dei nonni;non era molto distante dal vecchio casolare che mi ospitava,che poi tra l’altro apparteneva anche alla loro famiglia.Mi scusai per essermi appropriata indebitamente di un loro bene senza chiedergli il permesso.Armando,così si chiama il nonno di Beppe,mi tranquillizzò sorridendo,dandomi una pacca amichevole sulla spalla:“Sono io che devo ringraziare te per aver dato vita a un vecchio rudere … e poi basta vedere quello che stai facendo per Beppe per ricompensarmi! Se ho continuato a mandarlo da te, è perché non l’ho mai visto così felice e indaffarato: Mi dice ogni giorno che lui si deve occupare della sua giovane amica e che deve aiutarla nella casa,perché senza di lui sarebbe perduta!”Lo sguardo fiero di Beppe,confermò le parole del nonno,mentre nonna Clara mi abbracciava teneramente.Mi trattarono con molto affetto e cordialità,proprio come ad una componente della famiglia.La fattoria dei Montorsi (cosi denominata per il cognome del nonno e dello stesso Beppe,essendo nipote da parte dell’unico figlio maschio Giorgio ,nato dalla felice unione con Clara Pervinca);sembrava dipinta in quel paesaggio,con il caldo color miele del legno che rivestiva gran parte delle staccionate e della tenuta.La casa,invece, era costruita in pietra grezza, rifinita con grossi travi di legno di noce chiara,così come la balaustra della terrazza del piano superiore,il porticato d’ingresso e anche delle finestre.Era circondata da enormi vasi in creta e in legno,intagliati da Beppe naturalmente,con dentro piante e fiori dai mille colori.All’interno,la casa,era arredata con mobili di stile povero.Nell’ampio salone,caldo e accogliente,lo scarno arredamento era composto da una  vetrinetta di noce scura e un mobile basso che supportava il vecchio televisore,un divano in tessuto e una comoda poltrona a grosse stampe floreali,attorniavano il grande caminetto costruito con mattoni rossi e mensole in legno;mentre la capiente libreria addossata alla parete,faceva bella mostra ,con tutti i suoi libri in rilegatura antica e secolare.Qualche arazzo dai caldi colori autunnali,rivestiva le bianchi pareti.Ciò che attirò maggiormente la mia attenzione,fu il vecchio pianoforte di ebano scuro,posto all’angolo della stanza,proprio vicino alla larga finestra all’inglese,rivestita dalle tende di organza color avorio,sottili e trasparenti.L@ur@