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La curiosità di Rosalinda


  Una volta giunti a casa, scesi velocemente dalla motocicletta.-Grazie Livio, sei stato molto gentile, ci vediamo presto-Con passo deciso, mi avviai verso l'ingresso.-I tuoi genitori sono ancora al lavoro, e i tuoi nonni sono via, perché non mi offri qualcosa da bere?-Bloccandomi sul posto, mi voltai lentamente.Se le sue parole mi avevano colpito, lo sguardo che le accompagnò mi procurò un brivido lungo la spina dorsale.-Non...non credo sia una buona idea Livio. Ti ringrazio di nuovo, ma devo proprio rientrare-Per nulla intimorito dalla mia risposta, smontò a sua volta dalla moto e mi venne incontro.-Solo un caffè Rosalinda. Da buoni amici e basta, non mi sembra di chiederti la luna-Io lo fissai a lungo. Nonostante il tono gentile, fu ancora una volta il suo sguardo a lasciarmi titubante. Non avrei saputo descriverlo. Appariva premuroso e ansioso al tempo stesso.-Va bene, ma solo cinque minuti. Se mio padre rientra e...-Non mi diede il tempo di terminare. Sorridendo, alzò le braccia in atteggiamento di difesa.-Promesso...- disse semplicemente. Una volta all'interno, appoggiai la borsetta sul tavolo e mi recai direttamente in cucina.-Accomodati pure sul divano- gli dissi prima di sparire al di la della porta.Accesi la macchinetta e presi due capsule dalla dispensa. Nervosa e preoccupata, guardai l'orologio al centro della parete. Mio padre non sarebbe rientrato prima di un'ora, mia madre più tardi ancora. Eppure, il malessere e l'agitazione sembravano non volermi abbandonare. Non appena i due caffè furono pronti, li deposi sopra un vassoio e mi voltai.Livio era li, proprio al centro della porta. Assorta nei miei pensieri, non l'avevo nemmeno sentito entrare.-Il...il caffè è pronto. Stavo...stavo arrivando- balbettai a denti stretti.Lui non disse nulla. Il suo sguardo, ancor più lascivo e terrificante di poco prima, si posò dapprima sui miei fianchi, per poi risalire verso il mio seno.-Sei bella- disse improvvisamente con voce roca.-Sei molto bella Rosalinda, e siamo soli...- continuò avanzando verso di me.Rimasi impietrita, le mani e le braccia persero consistenza. Il vassoio, con un tonfo, impattò col pavimento. Caffè e schegge di porcellana schizzarono dappertutto mentre io, mossa dalla paura, indietreggiai verso il ripiano della cucina.-Non devi aver paura Rosalinda. Io ti amo e sarò molto dolce, non devi preoccuparti- avanzando sempre più nella mia direzione.La voce. Mio Dio! Aveva cambiato tono, sembrava più gutturale, famelica. Il cervello stava per esplodermi, mi sentivo svenire.“Vattene, ti prego, vattene...” cercai di dire. Ma nessun suono uscì dalla mia gola ormai riarsa. In preda alla disperazione, allungai una mano alle mie spalle. Le mie dita, circondarono qualcosa di duro e tagliente.Impugnai il coltello, lasciato li probabilmente da mia madre, con fredda determinazione.-Vattene Livio...- riuscii finalmente a dire.Colto di sorpresa, il giovane si bloccò.-Te la vuoi spassare col tuo professorino vero?- esclamò rabbiosamente.-Ma non finisce qui stronza. Giuro che non finisce qui!- detto questo, uscì dalla cucina. Un istante più tardi, sentii il rombo della motocicletta allontanarsi velocemente.Ancora col coltello in mano, mi lasciai cadere sul pavimento scossa da singhiozzi irrefrenabili.Danio Mariani.