ricomincio da qui

Viaggio a ritroso nel tempo


Che cosa volevo essere? Che cosa voglio essere? Dove vorrei dirigermi? Per rispondere a queste domande mi devo guardare indietro.Basta chiudere gli occhi, un istante e cercare di ricordare quali erano i miei desideri di bambina.Mi rivedo all’età di sei anni; indosso un vestitino azzurro di lana corto: il mio preferito. Mi è stato regalato da mia sorella. Mi piace talmente che lo voglio indossare spesso. Le calze di lana bianca sono sporche e sfilate: proprio all’altezza delle ginocchia. Accidenti a me! Casco sempre! Non riesco mai a mantenere a lungo i collant nuovi e candidi. Corro. Mi piace correre e saltare i gradini delle scale. Inizio prima a saltarne uno; poi due, poi tre, poi quattro. Quando salto dal quinto gradino, nel toccare terra le gambe non mi reggono e mi piego sulle ginocchia: sbattendo sul duro cemento. Fanno un male terribile e i graffi bruciano. Non basta questo a scoraggiarmi, riprovo di nuovo fino a che non rimango in equilibrio dopo aver saltato il quinto gradino. E poi la notte, è terribile! Sogno sempre quella scala interminabile. E’ tutta rotta e ripida, ed io faccio una gran fatica a salire; e poi c’è sempre qualcuno mi rincorre. Chissà chi è? Il volto cambia di sogno in sogno; a volte è un cane inferocito; un uomo cattivo; altre volte è addirittura una macchina.Mi piace anche il gioco della farfalla; lo fanno i più grandi di me.Ci provo anch’io. Salto una casella, poi l’altra, a piedi giunti la terza casella centrale; e poi apro le gambe per il salto sulle ali della farfalla.Sono troppo piccola per quel salto, le ali sono spiegate in maniera spropositata ed io finisco a gambe divaricate e il sedere per terra. Fa un male boia all’inguine. Non importa, mi rialzo e ricomincio. Stavolta cerco di allargare meno le gambe; facendo attenzione a non toccare con i piedi gli argini disegnati con il gesso bianco.Giocavo anche tanto con le bambole; cucivo per loro tanti vestitini; utilizzando i ritagli degli scampoli di stoffa colorata; sempre a imitare il lavoro delle mie sorelle più grandi di me.Gli obiettivi erano gli stessi di ora: sempre più numeri da raggiungere; sempre una passione creativa da appagare.Che strano? Non ricordo i momenti tristi. Ho sempre rimosso dai miei pensieri i ricordi spiacevoli.Lo faccio ancora. Non serve a nulla ricordare i momenti tristi; niente li può cambiare. La risposta sembra essere arrivata insieme ai ricordi. Tutto questo significa che da piccola volevo essere ciò che sono ora da grande?Possibile che non desiderassi altro?Mah!Laura