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Vite interrotte la notte di capodanno


 Allo scoccare della mezzanotte, avremmo dato ufficialmente il benvenuto al trentesimo secolo. Vestita di tutto punto, con tanto di nastri e lustrini, mi avviai al centro della sala. Per salutare il vecchio anno, era stato esposto un grosso tubo cilindrico e trasparente collegato con un computer, sarebbe servito per la riproduzione di un falò virtuale. A ognuno di noi, era stato richiesto d'inviare al sistema delle immagini di eventi che ci avevano particolarmente sconvolto negli ultimi decenni, in modo di poterli vedere bruciare insieme a quelli di tutti gli altri. Io non avevo molto da portare al rogo. La mia vita, sino ad ora, era trascorsa tranquilla e serena. Certo, qualche lutto in famiglia c’era pure stato, ma si trattava di qualche avo che aveva ormai compiuto i centocinquanta anni. Guardai il mio vecchio e secolare orologio, erano le ventitré e cinquanta. Non potei fare a meno di pensare a quando, la mia trisavola, l'aveva ricevuto in dono da suo marito. A quei tempi, doveva rappresentare qualcosa di veramente prezioso. Ora aveva solo un valore sentimentale, ma ormai ce lo tramandavamo da generazioni. La cassa dell’orologio, incastonata in un pesante bracciale d’acciaio, era impreziosita dai diamanti che ne risaltavano la circonferenza. Il design era piuttosto semplice, e si poteva tranquillamente abbinare a qualsiasi capo senza che questo apparisse pesante e sfarzoso.Improvvisamente, fui colta da una strana sensazione. Fu come se qualcuno, da qualche parte, mi stesse spiando. Voltandomi per dare un’occhiata, non scorsi nulla di strano. Tutti sembravano intenti a parlare e mangiucchiare qualche dolcetto. La musica assordante copriva il suono delle voci, e per un attimo mi sembrò che intonassero tutti lo stesso motivetto che era solito canticchiare mia madre-Il tempo passa, la vita vola, e se non ti decidi di scegliere rimarrai da sola -Già, mia madre, lei e la sua mania di volermi sposare a tutti i costi! E’ vero che ero ormai giunta alla soglia dei quaranta, però non mi sentivo ancora pronta per convolare a nozze con chicchessia solo per farla felice! In fondo, a casa stavo bene, e non mi mancava di certo l’affetto. Anche se ero figlia unica, godevo ancora delle attenzioni degli zii settantenni e delle cugine che, a loro volta, avevano allietato la famiglia con la nascita dei loro figlioletti. La nostra famiglia soleva riunirsi spesso, e anche questa sera c’eravamo proprio tutti.Diedi un’occhiata in fondo alla sala. Con un po' d'invidia, ammirai la scioltezza della mia bisnonna mentre si muoveva a ritmo di una vecchia tarantella. Suo marito, poco distante, batteva le mani sorridendo. Erano insieme da più di un secolo, ed erano ancora innamorati e felici. Sono certa che quel birbante di mio nonno, ogni tanto qualche scappatella l’avrà fatta a suo tempo. Ma mia nonna, donna di vecchio stampo, sembrava non averci fatto molto caso, lo adorava.Come poco prima, un’ondata di gelo mi colpì alla schiena. Mi girai di scatto, cercando di capire se avevano aperto qualche porta. Nulla di tutto ciò. Ancora una volta, la sensazione d'essere osservata mi mise a disagio, provai un fastidioso malessere. Spaventata, guardai ancora una volta l’orologio. Le lancette erano ferme alle ventitré. Alzai gli occhi stravolta, mentre tutta la stanza si oscurava e si tramutava in uno gelido e stretto abitacolo. I muri di pietra, ricordavano quelli delle vecchie cantine, mentre il calendario appeso al muro era fermo sulla pagina del Dicembre 2300!-Mio Dio! Settecento anni addietro. Cosa mi sta succedendo? Dove sono?- esclamai ad alta voce.La mia domanda risuonò stridula nel silenzio della stanza. Sconvolta, e con l’ansia che mi attanagliava lo stomaco, mi guardai intorno in cerca di una via d’uscita. Ma nulla mi fece pensare che ci fosse. Dietro l'imponente libreria, che prendeva tutta la parete, poteva magari esserci una porta. Che cosa ci facesse poi una libreria in quel piccolo ripostiglio era tutto un mistero. D'altronde, cosa poteva mai esserci di normale in quella situazione? Mi sentivo come se qualcuno, proveniente dal passato, mi avesse rapito. La stanza era illuminata da una luce al neon e, alle mie spalle, era sistemata una comoda poltrona in velluto damascato. Appariva invitante, come se qualcuno l'avesse sistemata apposta per me.-Si sbagliano di grosso se pensano che io stia qui buona a leggere senza far nulla per uscire da questa prigione!- dissi per farmi forza.Estrassi tutti i libri dal mobile per cercare di vedere se, dietro, ci potesse essere un’apertura. Cercai persino di spostare il pesante mobile, inutilmente. Sembrava fosse cementato nel muro di pietra.Avvilita, mi accasciai sulla poltrona. Con lo sguardo, passai in rassegna tutti quei di libri sparsi sul pavimento. Ad un certo punto, fui attratta dall’immagine di copertina che raffigurava una giovane donna. Presi il libro tra le mani e lessi il titolo: “Miriam Solerti” Una vita interrotta la notte di capodanno. Un brivido di terrore mi percorse da capo a piedi. Ebbi la netta sensazione che, io e quella donna, avessimo qualcosa in comune.Danio e Laura