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Il vecchio mulino: parte tredicesima


Se di giorno quel posto metteva ansia, di notte sembrava addirittura terrificante. Stringendosi nel pesante cappotto di lana, Giada avanzò lentamente sul sentiero sterrato che conduceva alla fattoria abbandonata. Pur cosciente della presenza di Louis alle sue spalle, non poté evitare che un brivido le corresse lungo la spina dorsale, era terrorizzata anzi, di più. Unica consolazione, una splendida luna piena illuminava il sentiero, rendendo così inutile la torcia che teneva in tasca. Dopo che le era parso di aver camminato più del dovuto, finalmente la scorse. Era ad un centinaio di metri ormai, e la sagoma scura della costruzione le apparve improvvisa, una macchia nera nel nero della notte.  Dopo aver consumato lo yogurt, il commissario accese il televisore e lo sintonizzò su un canale dove davano un vecchio film western, quindi si distese sul divano letto. Era stanco, anzi, distrutto, ma la scomparsa della vecchia Filomena gli impedì di prendere sonno, tanto meno di seguire il film. In preda a un'ansia sempre più crescente, si rese conto che era perfettamente inutile star li a tormentarsi. Sarebbe tornato in questura e avrebbe riletto i rapporti dei suoi uomini, magari gli era sfuggito qualcosa, un piccolo particolare che poteva rivelarsi importante. Rialzatosi in fretta, spense il televisore e si diresse verso il bagno per darsi una rinfrescata. Nel farlo, passò davanti alla camera del figlio e li si fermò. La porta era socchiusa, e dalla piccola fessura avvertì chiaramente, anche se attutito, un lieve brusio. Spalancandola del tutto, entrò e si guardò attorno. La stanza sembrava un piccolo campo di battaglia, con abiti appesi un po' dappertutto e scarpe sparse sul pavimento. Il letto era sfatto e il cuscino messo per il traverso, e proprio da quel punto sembrava provenire il rumore. Avvicinandosi, lo spostò ma non trovò nulla, eppure il brusio aveva aumentato d'intensità. Poi capì. Mettendosi in ginocchio, si chinò e scostò un lembo di lenzuolo, ed eccolo li. Il lettore nero, quello che gli aveva regalato alcuni anni prima, spiccava nitido sulle piastrelle bianche del pavimento. Attaccate ad esso, le cuffiette arancioni che Dario aveva acquistato solo pochi giorni prima.Sorridendo, allungò una mano per recuperarlo ma, nel farlo, si accorse di una cassetta di legno che non aveva mai visto. Incuriosito, la prese e l'appoggiò sul letto, accanto al lettore. Era serrata da un piccolo lucchetto, di quelli che si trovano in qualsiasi supermercato, ma dov'era la chiave? Probabilmente l'aveva con se Dario, oppure l'aveva riposta in qualche cassetto. Cercò per qualche minuto, poi desistette e tornò a fissare la scatola. Che diritto aveva di aprirla? Suo figlio si sarebbe di certo infuriato, e a ragione anche. Nonostante questo, l'istinto del poliziotto ebbe la meglio e, con l'aiuto di un coltello recuperato in cucina, lo fece.La scatola conteneva una sola cosa, un flacone, e Dragoni rimase a lungo a fissarlo, perplesso.  Con l'aiuto di un cannocchiale per la visione notturna, l'uomo osservò Giada avvicinarsi, titubante. Era sola, ma sapeva che dietro di lei, a qualche centinaio di metri, quel bestione di Louis la stava seguendo, poveri illusi. Per tutto il pomeriggio aveva stazionato nei pressi dell'abitazione di quel demente, sino a quando non aveva visto uscire la ragazza, ma non si era mosso. Come aveva previsto, dopo una decina di minuti era uscito anche Louis, e solo a quel punto se n'era andato. Evitando di fare lo stesso percorso, li aveva preceduti ed ora eccoli li, nella tana del lupo. Senza far rumore, uscì dal proprio nascondiglio e, attraverso la boscaglia, si diresse nella direzione da cui proveniva Giada. Quando giunse alla sua altezza, una ventina di metri spostato sulla destra, si fece ancora più silenzioso e se la lasciò alle spalle, lasciando che avanzasse verso la fattoria. Giunto a una biforcazione del sentiero, si appostò dietro un grosso albero e rimase in attesa dell'arrivo di Louis.Danio