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L'amore in un libro: parte dodicesima.


Il buio andava attenuandosi, aprii gli occhi ma li richiusi immediatamente. Il mal di testa era terribile, sembrava voler trapanarmi il cervello, e qualsiasi altro movimento mi procurava fitte atroci in tutto il corpo. L'odore di disinfettante, tipico delle stanze d'ospedale, mi penetrò nelle narici e contribuì a farmi ricordare ciò che era accaduto. La telefonata di mio padre, la mancia al cameriere, lo stridio dei freni e il volo lungo la strada trafficata.-Ciao, Virginia, come ti senti?-La voce proveniva dalla mia destra. Con cautela, voltai il collo in quella direzione e socchiusi nuovamente gli occhi. Mi apparve una sagoma indistinta e biancastra, era come se cercassi di vedere attraverso uno spesso strato di gelatina.-Non affannarti a parlare, sei ancora troppo debole. Basta un cenno con gli occhi, una volta per dire si, due per il no, va bene?-Era la voce di una donna, calma e rassicurante, sbattei una volta le ciglia e rimasi in attesa.-Hai avuto un brutto incidente, Virginia. Ma, per tua fortuna, io ero li, sono sempre stata li. Non ti ho mai abbandonata, e ho fatto in modo che i soccorsi arrivassero in fretta-Le mie ciglia si abbassarono una volta, poi due.“Si... no...non capisco” Avrei voluto parlare, ma le mie labbra sembravano incollate, ero spaventata.-Stai tranquilla, Virginia, ci sarà tempo e modo per le spiegazioni...- proseguì la voce -...ora devi riposare, ma io sono qua e veglierò su di te, ci vediamo più tardi-La sagoma si allontanò, cercai di alzare un braccio ma sembrava fatto di marmo, udii la porta aprirsi.-Chi...chi...sei...- riuscii a dire.Lo sforzo mi procurò altre fitte, irrigidii i muscoli.Con la mano già sulla maniglia, la donna si voltò e mi sorrise.-Strano che tu me lo chieda. Sono Agata, e mi conosci molto bene- Ero di nuovo sola, e avevo paura.Agata.Nonostante mi sforzassi, non riuscivo a ricordare di conoscere qualcuna con quel nome. O forse si? Forse che la botta subita mi avesse danneggiato anche il cervello? Quasi a volerne una conferma, con una mano mi tastai la parte superiore della testa. Le mie dita sfiorarono le bende e, immediatamente, ricordai l'impatto col vetro dell'automobile, lo scoppio del airbag, le urla dell'uomo alla guida.-Ci vorrà un po' di tempo, per fortuna la testa è quella che ha subito meno danni-Non avevo sentito aprirsi nuovamente la porta, così come non avevo visto entrare la giovane infermiera. Sorridendo, mi porse una pasticca e un bicchierino di plastica con un po' d'acqua.-E' per il dolore, come ti senti?- proseguì Gemma, così c'era scritto sul cartellino appuntato al petto.Non senza fatica, riuscii ad elaborare una frase sensata.-Poco fa ho ricevuto una visita. Una giovane donna, magra e non molto alta, ma avevo ancora la vista annebbiata-Il sorriso, sul volto dell'infermiera, fu sostituito da un'espressione stupita.-Non spaventarti, ma probabilmente eri ancora sotto l'effetto dell'anestesia, e hai solamente sognato questa donna-Scossi la testa con energia, procurandomi così altre fitte.-No, non ho affatto sognato. Lei era qui e mi ha parlato, mi ha detto persino il suo nome: Agata!-Poggiandomi una mano sul braccio, Gemma sfoderò di nuovo il sorriso.-E' impossibile, Virginia. Ti trovi in terapia intensiva, e in questo reparto vigono regole severe. Solo i parenti più stretti, col permesso del primario, possono far visita ai degenti. Nessuno ti ha fatto visita, tranquillizzati-Avrei voluto replicare, urlarle in faccia che Agata c'era, esisteva. Ma capii che sarebbe stata fatica sprecata, così cambiai discorso.-A proposito di parenti. Ho degli zii e un cugino in questa città, sono stati avvertiti?-L'infermiera, stavolta, sembrava imbarazzata.-Non ne ho idea, dovrebbe essere compito della polizia per ciò che ne so'. Comunque, sino a questo momento, non si è presentato nessuno, mi dispiace-A me nemmeno un po', ciononostante esibii un'espressione corrucciata.-Non ricordo l'indirizzo degli zii, mi trovo da poco in città--Non preoccuparti, l'incidente è avvenuto ieri pomeriggio e sei stata tre ore sotto i ferri. Probabilmente i tuoi zii stanno per arrivare, ne sono certa-Allontanandosi dal letto, si avviò verso la porta.-Adesso ti lascio riposare, tra poco arriverà il medico che ti ha operato, tornerò assieme a lui- Rimasta ancora una volta sola, cercai di mettermi più comoda, Che stupida, avrei potuto chiederlo all'infermiera, ma la storia di Agata aveva scombussolato tutto. Mi sentivo a terra, ero confusa ma assolutamente convinta che non si fosse trattato di un sogno.Agata esisteva, così come era esistita nel romanzo che...Mi irrigidii di colpo.No, non era possibile, non poteva essere lei!Colta da una frenesia improvvisa, scostai le coperte e cercai di mettermi seduta. La mia intenzione era di arrivare all'armadietto,la dove, sicuramente, avrebbe dovuto esserci il mio zaino e, all'interno di esso, il libro.E qui inorridii.Le mie gambe, nonostante l'ordine del cervello, si rifiutarono d'obbedire.Danio e Laura