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Fedora (Sedicesimo Capitolo)


La ferita al fianco pulsava dolorosamente, ma don Sergio strinse i denti e avanzò verso la baronessa e il maggiordomo. Quando li raggiunse, si aggrappò al bracciolo e si lasciò cadere pesantemente sul divano. -Presto, don Sergio, sciolga questi maledetti nodi!- urlò Bruno. -Lascia che si riprenda, non vedi quanto sangue ha perso?- lo ammonì la baronessa. Il prete appariva sempre più pallido e sudato, ciononostante, e con mani tremanti, iniziò ad armeggiare con le corde. Non fu un'impresa facile ma, dopo alcuni estenuanti minuti, i polsi del maggiordomo furono liberi. Esausto, don Sergio cercò di dire qualcosa, ma non fece in tempo. Lo sguardo si fece velato e, dopo aver roteato gli occhi, perse i sensi. -Oh mio Dio...don Sergio...don Sergio!- esclamò la baronessa, convinta che fosse morto. Nel frattempo, dopo essersi liberato dei legacci alle caviglie, Bruno si era avvicinato al mobiletto dov'era situato il telefono. -Chiama subito la polizia- disse la donna con la voce rotta dai singhiozzi. Il maggiordomo, dopo averle rivolto un sorriso a dir poco diabolico, invece del telefono afferrò le chiavi della macchina che si trovavano li vicino. -Ma che stai facendo?!- gridò la donna. Con estrema calma, Bruno la raggiunse e le si chinò accanto. -Stai zitta, vecchia stupida!- le alitò addosso. La povera donna sbarrò gli occhi, in nessuna occasione Bruno aveva osato rivolgersi a lei in quel modo. -Non sapevo che avessi regalato quel portagioie a Maria- proseguì l'uomo. -Come..come lo sai...- chiese la baronessa con un filo di voce. -Quando siete rimasti soli, io ero dietro la porta e ho sentito tutto. E ora che so' cosa contiene...- non terminò la frase, ma l'avidità gli si leggeva negli occhi. -Quella pettegola ignora di certo l'esistenza della chiave, ma quei due non immaginano certo che mi sono liberato. Farò loro una bella sorpresa- concluse soddisfatto. -Sei un essere spregevole...- disse la donna con disprezzo. -Ti ho sempre trattato bene, e anche pagato profumatamente, mi fai schifo!- L'uomo la colpì con un violento manrovescio, quindi l'afferrò per i capelli e l'attirò a se. -Una miseria in confronto al denaro che c'è in quella cassetta, e tu mi saresti solo d'impiccio, adesso- Costernata, la baronessa si sentì mancare. -Cosa...cosa hai intenzione di fare?- le labbra le tremarono. Senza rispondere, Bruno la scaraventò contro la spalliera del divano e scomparve in cucina. Quando tornò, sul suo volto era dipinto un ghigno soddisfatto. -Addio, baronessa, salutami il prete quando arriverai all'inferno- quindi, senza perdere altro tempo, lasciò la stanza e la casa. Rimasta sola, la donna si dimenò furiosamente nel tentativo di liberarsi dalle corde, ma fu tutto inutile. Ansante e disperata, avvertì un odore strano e pungente provenire dalla cucina, poi realizzò: gas! Maria fissò Alan e Fedora con uno sguardo carico d'odio. -Voi siete dei pazzi, vi farò marcire in galera!- li minacciò. Alan proruppe in una risata, mentre Fedora continuava a torturarsi le dita delle mani. -Non sei nelle condizioni di pretendere nulla, ma se sarai brava potrai anche cavartela. Dammi il portagioie che ti ha regalato la baronessa e ce ne andremo, promesso- le disse senza troppi giri di parole. -E perché mai dovrei darlo a voi?-  Alan sospirò, quindi le si avvicinò minacciosamente. -Primo perché appartiene a me, e secondo perché, se non lo farai, sarò costretto ad usare le maniere forti- rispose con calma. -Maria...- intervenne Fedora -La prego di dargli retta, si tratta di una questione di vita o di morte-  La donna sembrò pensarci per qualche momento, poi scrollò le spalle. -In fin dei conti si tratta solo di un portagioie, vado a prenderlo, ce l'ho in camera- disse dirigendosi verso una porta. -Aspetta!- urlò Alan -Non penserai di andare da sola-