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Diario di una donna folle. parte seconda


Arrivai a casa trafelata e tremante. Mi richiusi velocemente la porta alle spalle, e mi poggiai un attimo a occhi chiusi per riprendere fiato.La testa mi girava vorticosamente; e un profondo senso di disgusto mi storceva le labbra. Colta da sconquassanti conati di vomito, corsi in bagno, prima di rimettere tutto quello che avevo ingurgitato nel corridoio.  M’inginocchiai sulle fredde piastrelle, e abbracciando il water con entrambe le braccia, rigettai tutto quello che avevo nello stomaco. Mi rialzai a fatica; con le gambe tremanti e la fronte madida. Mi lavai la faccia, e mi trascinai a fatica nella cucina. Mi riempii un bicchiere d’acqua fresca dal frigo e la bevvi tutta d’un fiato. Mi accasciai pesantemente su una sedia, vicina al tavolo della cucina, e con le mani massaggiai le tempie doloranti. Poi,mi sfregai la fronte nel vano tentativo di cancellare tutto quello che era accaduto nell’ultima ora.Pensavo di esserci quasi riuscita, fino a quando non sollevai il viso e mi trovai difronte la gigantesca ombra scura.Sorrideva beffarda. -Che cosa vuoi da me?-Sibilai sconfitta.-Solo che tu mi ricordi-Rassegnata diressi lo sguardo verso la porta. Ormai non mi sembrava più una via d’uscita, quell’essere non mi avrebbe mai lasciato andare.Mi diressi in camera, presi dal comodino la scatola di sonniferi, e nell’intento di aprirla, mi cadde dalle mani. Mi chinai per riprenderla, ma con un calcio, l’arcana figura, la allontanò dalla mia portata.Ormai allo stremo di ogni qualsiasi azione ragionevole, iniziai a strillare affondando i pugni, su quello che doveva essere l’addome dell’imponente ombra scura. A ogni mio colpo, si sgretolava come calcinaccio di un muro in rovina.Continuai a colpire fino a che ai miei piedi non si formò un cumulo di scorie.Mi chinai e affondai le mani in quelle macerie. Tra i detriti trovai un piccolo fermaglio a forma di cuore. Lo guardai con gli occhi colmi di lacrime, mentre i ricordi spingevano con vemenza la porta della memoria. La verità si fece strada con prepotenza, illuminando tutti i meandri oscuri della mia mente. All’improvviso ricordai tutto di quel terribile giorno. Dopo una violenta discussione con mio marito, in cui lui continuava a rimproverarmi per il mio atteggiamento discutibile sul web, raccolsi quattro stracci dal mio armadio e mi allontanai di corsa da casa. Presi il primo treno e partii verso una città sconosciuta del nord. La mattina successiva, dopo essere scesa alla stazione, mi fermai davanti all’edicola. Lo sguardo si posò sui titoli della prima pagina di un quotidiano. Il mio paese era stato distrutto dal terremoto. Le immagini riportavano i resti della mia casa che era caduta a pezzi durante le violente scosse. Della mia famiglia non era rimasto più nessuno.Laura