ricomincio da qui

I fichi d'india.


La mia biografia scritta direttamente su un blog, rispetto al passato che era scritta in tutta segretezza, ha la fortuna di allacciarsi nella narrazione con l’interazione in tempo reale.Grazie al web ho scoperto, che pur trovandoci a chilometri di distanza con i miei coetanei, creavamo gli stessi giochi. Eppure non erano di certo giochi pubblicizzati dalla tv, nonostante all’epoca esistesse già il carosello.  Per chi non ne fosse ancora a conoscenza, il “carosello” era l’intermezzo pubblicitario di una volta; non era invasivo e inopportuno come oggi, rispettava dei tempi prestabiliti tra una programmazione e l’altra.Ritornando ai giochi d’infanzia, mi allaccio al ricordo di un altro blogger che fa riferimento a un carretto costruito con i cuscinetti e una cassetta di legno; mentre Vince li riciclava dal meccanico del paese, noi avevamo la fortuna di avere il bancone del meccanico nel garage.Ricordo ancora questo locale al pianterreno, buio e polveroso, dall’odore metallico misto alla nafta. Sul lungo bancone rimediato alla buona con assi di legno e grossi chiodi di ferro, dominava la sagoma d’acciaio della morsa –che costituiva in due massicce ganasce serrabili che stringendoli tra di loro, oltre a mantenere fermo un oggetto, avevano il potere di spezzare il filo di ferro- quindi, oltre alla fantasia, avevamo materiale a sufficienza per realizzare i nostri giochi.
Per realizzare questi carretti, utilizzavamo le cassette della frutta, e poiché non erano molte solide, eravamo costretti a sostituirle spesso: giacché il gioco consisteva nel trainarci a vicenda tramite una corda che allacciavamo all’asse di legno inchiodata sotto il carretto.
Un giorno, accidentalmente usammo una cassetta di frutta che era stata utilizzata per il trasporto di fichi d’india; vi lascio immaginare le conseguenze, poiché le spine microscopiche e sottili di questi frutti selvatici, sono tra quelle più insidiose e difficili da togliere.  Era estate, e trovandoci addosso dei leggeri vestitini, finimmo con il trovarci le spine infilzate in tutte le gambe e gran parte delle natiche scoperte. La cosa più buffa è stata che non ci accorgemmo subito delle spine, bensì soltanto dopo che tutti noi bambini avevamo fatto i turni nel carretto. Fu dura eliminarle, e prima che potessimo sederci tranquillamente senza il fastidioso pungere delle spine sulle natiche, passarono diversi giorni.Laura