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Ci sono lacrime e lacrime


Le giornate in collegio erano interminabili e noiose; ed io contavo sempre i giorni che mancavano alle feste ricordate di Pasqua e Natale per stare in famiglia. Ben presto rivelai un talento innato per il disegno; e le mie creazioni più belle le appendevano nella sala ricevimenti per esibirli ai benefattori dell’istituto. Ricordo che un anno, in occasione delle feste Natalizie, fui scelta per le decorazioni che avrebbero allestito il corridoio d’ingresso del collegio: una serie di teste di cherubini con tanto d’ali che sbucavano all’altezza delle spalle per incorniciare porte e finestre. Avevo Un bel po’ di lavoro da fare; quindi quel periodo saltavo piacevolmente anche la ricreazione; ma ahimè, il pranzo rimaneva sempre una nota dolente per me: facevo sempre una gran fatica a ingurgitare quei piatti colmi di pasta e lenticchie, così di nascosto li appioppavo alle compagne con più appetito, finché un bel giorno fui colta in flagrante dalla suora di sorveglianza del refettorio. Irritata per la mia disobbedienza, oltre a rimproverarmi, mi costrinse a riprendermi la mia razione di cibo.- E ora dovrai mangiarlo fino all’ultimo boccone!-Esclamò stizzita mentre con una mano sulla nuca mi spingeva con il muso nel piatto.  A quel gesto mi girai  istintivamente e gli trattenni i polsi in modo che non sollevasse le mani per colpirmi.  Non vi dico la baraonda che si creò in seguito al mio gesto; mi accusò persino di averle alzato le mani e minacciò non solo di telefonare a mio padre, ma anche di fare richiesta affinché fossi esonerata dal collegio.  Nonostante mi avesse rifilato due sonori ceffoni, non versai nemmeno una lacrima; cosa che la infastidì ulteriormente al punto da urlarlo nella sala: -Guardate che faccia tosta! Ha il coraggio di guardarmi senza nemmeno piangere di vergogna-.A dire il vero non so con esattezza cosa provai in quel momento, se non era odio, era ribrezzo; fatto sta che mi nauseava la sua faccia, e nonostante non gli augurassi alcun male, mi si ritorcevano le viscere solo a guardarla.Sensazioni che provai più di una volta nei loro confronti quando mi mettevano le mani addosso; eppure anche i miei genitori mi avevano dato qualche scappellotto, ma non mi avevano mai suscitato una simile sensazione.  Mi alzai di scatto dalla sedia, e mi allontanai dal refettorio con lo sguardo inferocito e i pugni stretti, mi rifugiai nello studio spazzando con un gesto rabbioso tutti i disegni sparsi sulla scrivania. Le suore sbalordite dal mio insolito e ribelle atteggiamento, non proferirono parola. Combinazione mio padre scelse proprio quel giorno per venire a farmi visita; tant’è vero che quando mi fu annunciata la sua presenza, convinta che fosse stato convocato dalle suore per l’accaduto, percorsi il corridoio che conduceva alla sala delle visite con le gambe tremanti e il cuore che mi batteva a mille. Timorosa per l’imminente ramanzina, mi presentai al suo cospetto con capo chino; e invece con mia grande sorpresa fui accolta con un sorriso affettuoso e un bacio sulla guancia.  Ben presto scoprii dal sorriso raggiante della madre superiora che mio padre, all’oscuro della mia marachella, si era presentato all’istituto colmo di ogni ben di Dio che la nostra terra produceva. -Tuo padre è un uomo molto generoso; un santo! Il suo sorriso ci ricorda tanto quello di papa Giovanni! -  Esclamò una delle suore scompigliandomi i capelli.A dire il vero a casa le mie sorelle, più che a papa Giovanni, lo paragonavano a un orco: il suo carattere burbero e severo c’intimoriva a tal punto che bastava un solo sguardo per rimetterci in riga. Eppure a me faceva tanta tenerezza; non riuscivo mai a tenergli il muso a lungo; i suoi gesti di grande generosità riuscivano sempre a spiazzarmi! Se c’era da dividere una golosità non ne tratteneva mai un pezzo per se, diceva che era più felice se noi mangiavamo anche la sua parte.Ecco, queste piccole cose mi commuovevano a tal punto, da farmi traboccare il cuore di tenerezza e offuscarmi lo sguardo con lacrime di commozione; e oggi, quando ripenso a quei momenti, non posso fare a meno di ricordare con una stretta al cuore i suoi sacrifici e la sua abnegazione.  Si piange quando ci si sente liberi di dimostrare la nostra debolezza senza per questo sentirci vulnerabili; mentre l’odio e l’orgoglio imprigionano le lacrime.