follie d'amore

Ricordo parte I°


La facilità in cui l’uomo taglia i ponti con la propria società e trancia i legami, con le proprie origini è disarmante.I giovani d’oggi (cosi direbbe mio nonno) hanno qualità stupende ma prive di qualsiasi creatività.Riscontro sempre più spesso che i ragazzi hanno imparato a chiedere, ma non ha usare la propria testa,mani e forza di volontà, vedo sempre più spesso, in loro che la loro testa e forza d’animo escono nei momentigioiosi e festosi.Ricordo il mio gruppo(comitiva) all’età di 14-16 anni, che si divertiva in semplicità, il divertimento oscillava dal semplice gioco a nascondino alla partita di pallone per strada, qualche festa fatta in casa, nell’aspettare la stagione estiva, dove lo stare insieme in riva al mare diventava giorno speciale da ricordare.Poi è giunta l’età cruciale dove tutto questo non bastava mai, allora s’incominciava ad esperimentare nuove situazioni, nuovi giochi avvolte mortali, e si, si era entrati nel vortice mostruoso degli stupefacenti, che di stupefacente non avevano nulla, ma solo il rincoglionimento della mente. Eppure non eri(IN) se non ti facevi almeno una canna. Molti miei conoscenti in quel periodo persero la loro bussola c’è chi non si accontentava, ma solo perché saturi della merda assunta, si ricercava nuove emozioni (cosi la chiamavano) per poi finire in fondo ad immensi burroni , vite distrutte, famiglie straziate e più si andava avanti e più si accorgeva che tutto cambiava, intorno a me solo tristezza e desolazione. Nell’amarezza di quegli anni perduti nel cercare sensazionali emozioni, restano solo segni nel proprio fisico(per quelli che c’è l’hanno fatta) malesseri incurabili nell’attesa del segno divino, in quel periodo , ricordo che eravamo tutti atei, la chiesa era solo una grande scalinata dove sederci e provare L’EMOZIONI!Passavano le stagioni e nuovi orizzonti si aprivano, chi con fortuna e chi come me continuava a subirne l’amarezza, ma di una cosa ero convinto, che non era la droga che mi avrebbe aiutato ad uscire dall’abisso.Mi buttai a capofitto nell’unica cosa che in quel periodo credevo, il lavoro, certo era difficile, ma amavo ciò che facevo ed era tutto bello, nuove amicizie vita sociale più intensa, ricordo mi chiamavano (maestro) ed era il mio orgoglio anche per mio padre (taciturno e musone) ero il suo vanto per il paese . Poi come tutte le cose della vita ci si presentò il conto , arrivarono momenti grigi per tutti, il mio carattere fragile non seppe rintuzzare la crisi, chiusi storie e storielle e partii lontano dalla mia terra. Non provai nostalgia ma sola rabbia a 25 anni costretto a ricominciare in una città dove non conoscevi nessuno dove l’uomo del sud è visto con un occhio diverso, anzi avvolte con entrambi gli occhi. Tuttavia per 6 anni ho resistito a tante situazioni belle e meno belle, incominciai ad innamorarmi della gente (in fondo sono ancora nel mio cuore) , ma ;ancora una volta il destino presenta il conto da saldare, giù ancora tristezza e malinconia. Si torna nella città natale, tante cose sono cambiate ed io con loro, l’inserimento non avviene, gli amici d’infanzia sono cambiati o hanno messo su famiglia, io che non riuscivo a stare in casa neanche per un ora di fila, di colpo vivo solo in casa.