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Disapprovo ciò che dici, ma difenderò alla morte il tuo diritto di dirlo. (Voltaire)

 

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Gomorra

Post n°24 pubblicato il 14 Maggio 2007 da ciccioabba

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Vivo da 30 anni nella provincia napoletana. Come tanti altri giovani che come me vivono in questa realtà, avevo bisogno che qualcuno mi accompagnasse per mano in un viaggio rivelatore, in modo che aprissi gli occhi, vedessi e finalmente comprendessi la misura ed il senso della parola: "camorra". Questa parola entra nel vocabolario di un napoletano non appena si affaccia alla vita. La senti pronunciare talmente tante volte e da tanti, che quasi diventa per te pane quotidiano. Sai che è lì, che c'era prima che tu arrivassi e che ci sarà quando tu non non ci sarai più. E' presenza che soffoca, che toglie, che uccide. E' un parassita che ti succhia l'anima, il tempo, la vita, ma che non puoi estirpare senza danno perchè la tua vita oramai è legata alla sua. Questo romanzo gli occhi te li fà sbarrare e poi di colpo richiudere, per non vedere. Se tutto ciò che racconta è vero, e non ho dubbi che lo sia, che speranza abbiamo noi di liberarci da questo cancro. Le metastasi sono ormai troppe, hanno attaccato ogni organo. C'è ancora la possibilità di intervenire e salvare, o siamo destinati ad una fine lenta e dolorosa?

 
 
 

Nell'attesa

Post n°23 pubblicato il 24 Maggio 2006 da ciccioabba

Aspettando che soffi il mio vento,
che risplenda nel sole il mio volto...
sospeso ed immobile resto...
nel mio cielo vestito di notte.
Penso a te, che bruci nel vento,
guardo giù all vita che fugge..
Aspettando che soffi il mio vento,
che risplenda nel sole il mio volto.


 
 
 

Ti amo campionato

Post n°21 pubblicato il 23 Maggio 2006 da ciccioabba
 

Il testo integrale della canzone cantata da Elio nel '98
Basta adesso con i litigi, i bisticci, basta con ladri e Juventopoli e tutte quelle cose lì, basta! Chiudiamo il campionato così com'era iniziato, nel segno dell'amore!
Ti amo, ti amo campionato, ti amo campionato, perché non sei falsato, no, no, non sei falsato, a me mi eri sembrato falsato, ma han detto che non sei falsato. Ha detto Umberto Agnelli che son state solo delle sviste. Due o tre sviste arbitrali.
Ma a me mi era sembrato che già da molto tempo qualcosa stava accadendo. Ad esempio, in Juve - Udinese dell'1 Novembre '97 il signor Cesari non ha convalidato un gol che aveva fatto Bierhoff che era entrato di tanto così, diciamo delle dimensioni tipo Rocco Siffredi.
E poco dopo, in Juve - Lazio, c'è stata un'azione in cui Del Piero è stato atterrato in area l'arbitro ha detto "Regola del vantaggio", Inzaghi ha preso il palo e subito dopo l'arbitro ha detto: "Non è più regola del vantaggio" diamo il rigore alla Juve.
Ma questo è stato fatto nel segno dell'amore. Io non vado certo a pensare che ci siano dietro delle cose sporche, no no no no no no, è stato fatto tutto nel nome dell'amore, in nome del campionato, del buon svolgimento e dell'amore fra le squadre, io non porto nessun risentimento. Perché ho visto che l'amore vince tutte le battaglie è in grado di far superare gli odi sia razziali sia interraziali, sia quelli tra le squadre. Diciamo che in questo momento io sono quasi contento che alla fine della fiera mi sembra che l'ho preso in quel posto.
E penso a quelli che hanno fatto un abbonamento da un miliardo in tribuna rossa per andare a vedere l'Inter che si era comportata bene, o per andare a vedere la Lazio che a un certo punto della sua carriera, diciamo il 5 aprile del 1998, ha avuto un fallo in area fatto da Juliano e l'arbitro Collina non l'ha fischiato e allora tutti hanno pensato male. Ma non dovevano pensare male! No no no no no no! Perché l'arbitro Collina, così come l'arbitro Rodomonti, diciamo quello di Juve - Empoli, non ha commesso quella svista in nome di chissà quale pastetta, no no no no no, l'ha fatto in nome dell'amore!
Perché lui ama il campionato e voi non lo sapete ma gli arbitri si vogliono bene, e si vogliono bene anche con i calciatori tanto è vero che io con i miei occhi ho visto che alla fine di Inter - Juventus l'arbitro della partita è andato dai calciatori della Juve e li ha baciati e li ha abbracciati come se fossero degli amici, e tutto questo in nome dell'amore, e allora tutti insieme cantiamo:
Ti amo, ti amo campionato perché non sei falsato, anche se inizialmente era sembrato in realtà non sei falsato. L'ha detto Umberto Agnelli l'han detto tanti critici di calcio, l'ha detto tanta gente, insomma: non sei falsato.
Anche se sarebbe sembrato... Ad esempio mi era sembrato, in Juventus - Roma dell'8 febbraio '98, quando l'arbitro Messina non ha dato il rigore su Gautieri, e ad esempio anche in Brescia-Juve dell'11 febbraio '98 quando il signor Bettin non ha dato un rigore a Hubner, un rigore grosso così. E questo è stato fatto nel segno dell'amore perché l'amore è importante, l'amore è un qualcosa di essenziale, sembra che nel calcio non ci sia e invece dopo c'è, tu dici: "Ma l'amore nel calcio non c'è". No, guardando bene lo trovi in ogni piccolo particolare.
Ad esempio nel mio amico che sembra che indossi la maglia del Milan, e invece è la maglia del Foggia, se voi guardate bene, quella lì è la maglia del Foggia, così come se voi guardate bene le sviste arbitrali non sono state due ma sono state tipo dieci, dieci, undici o dodici, e la maggior parte delle quali a favore della Juve. Ma alla fine l'amore dato è uguale all'amore che dai.
E allora amici, cantiamo tutti insieme: ti amo campionato, tu non ci sei mancato, anzi, tu ci eri mancato, adesso siamo contenti che sia finita così perché l'amore ha riempito tutto l'universo della F.I.G.C., particolarmente Baldas!
Ad esempio in Juve-Piacenza, Borriello ha convalidato il secondo gol irregolare che ha fatto Del Piero che si è fatto passare la palla sul braccio. Ma era talmente bello che era un peccato non convalidarlo, e allora cos'ha detto? "Convalidiamolo". Perché nel calcio tutti si amano, e allora cosa vuoi fare? Vuoi dare il rigore a Ronaldo, vuoi convalidare il gol del Napoli che forse c'era, vuoi dare, per esempio vuoi dare un fallo a Montero che gli ha dato una gomitata a Neqrouz in piena area?
Era calcio di rigore con espulsione e non ha dato niente perché aveva capito che Montero amava Neqrouz E d'altra parte Neqrouz con i suoi trascorsi cosa vuoi che non ami Montero? I due si amavano, l'arbitro aveva già visto che c'era qualcosa in quella gomitata, che non era altro che una scaramuccia, perché l'amore non è bello se non è litigarello. Era una scaramuccia... Era una scaramuccia... E forse abbiam finito...

Ascolta la canzone

 
 
 

San Catello

Post n°20 pubblicato il 22 Maggio 2006 da ciccioabba

ieri, 21 maggio a Castellammare di Stabia si è tenuta la festa in onore del santo patrono della città, San Catello.(A sin, Foto Spettacolo pirotecnico sull'arenile). Catello è un nome di origine latina, dapprima era un soprannome, poi divenne un nome: Catellus, da catellus, diminutivo di catulus che significa cucciolo (tratto da: E. De Felice "Dizionario dei nomi italiani" - Arnoldo Mondadori Editore).

La storia di San Catello, vescovo di Stabia e patrono della città di Castellammare di Stabia, purtroppo, non è ben chiara. Avvolta nel mistero e per alcuni tratti contraddittoria, la vita del Santo, fu trascritta per la prima volta dall'Anonimo sorrentino in un manoscritto risalente alla fine del IX sec. Intento a raccontare la storia di Sant'Antonino abate di Sorrento (strettamente collegata alla vita di San Catello), l'anonimo nei suoi antichi scritti, menzionando le vicissitudini che legano i due Santi, ha rilasciato numerose tracce descrittive anche di San Catello.

L'incontro tra i due Santi avvenne nel 589, quando Sant'Antonino (monaco benedettino), scampato alla furia devastante del popolo longobardo, dopo diversi giorni di profugo cammino, giunto a Stabia, fu accolto dal vescovo Catello. In seguito divisero le fatiche apostoliche; ritiratisi eremiti sul monte Aureo, ebbero la celeste visione dell'arcangelo Michele, dove fecero innalzare un tempio in suo onore. 

Vittima di calunnia, con la quale lo si accusava di aver abbandonato i fedeli e la sua chiesa, il vescovo Catello fu sospeso e condotto prigioniero nelle carceri di Roma perché giudicato colpevole da Papa Pelagio II. 

Catello, uomo di fede, accolse la momentanea ingiusta decisione con estremo spirito di sopportazione chiudendosi in contemplazione.

Stretto in continua meditazione ed ispirato da sapere divino, Catello predisse al diacono, (suo temporaneo custode di cella) la sua futura elevazione a pontefice. 

Alla morte di Papa Pelagio II (anno 590), la predizione fatta anni prima nelle carceri ebbe ad avverarsi: il diacono carceriere, fu eletto Papa con il nome di Gregorio Magno. 

Leggenda vuole che, Papa Gregorio Magno, grazie alle rivelazioni avute in sogno da un monaco benedettino (presumibilmente sant'Antonino), avendo in ricordo la predizione di Catello (fatta anni addietro nelle carceri),  lo riconobbe innocente. Finalmente scarcerato, Catello fu accolto festosamente dal popolo stabiese.

 

La statua lignea (immagine a sinistra), in origine interamente indorata, posta  sull'altare nella cappella di San Catello della Concattedrale di Santa Maria Assunta e San Catello di Castellammare di Stabia, viene portata in processione dai fedeli stabiesi il 19 gennaio (festa liturgica) e la II domenica di Maggio (quest'anno III; celebrazione del patrocinio).

La statua del Santo Vescovo, venne commissionata nel 1604 a uno scultore napoletano di nome Giovanni Battista, e  portata a Stabia il 16 Gennaio 1609.

Il Santo è inginocchiato su un cuscino, con la testa fiera, eretta, con le braccia incrociate sul petto, vestito con gli abiti pontificali (Mitra - Piviale - Pastorale) in atteggiamento di preghiera a Dio e di incoraggiamento e conforto al popolo.

Articolo tratto da: Libero ricercatore

 

 
 
 

Volver. Almodovar ritorna alle donne.

Post n°19 pubblicato il 19 Maggio 2006 da ciccioabba
 
Tag: Cinema


Volver. Tornare. Dopo il discusso “La mala educaciòn”, un film dai temi duri e scomodi, che fece scandalo per le tematiche affrontate,, ecco una pellicola, come la definisce lo stesso regista liberatoria, di pacificazione.


Il titolo, volver letteralmente significa tornare, è metafora del guardare al passato. Il film segna il ritorno alla commedia degli esordi mischiata agli elementi del dramma e del trhiller. Raimunda, la protagonista era personaggio  già comparso in “Il fiore del mio segreto”. Anche l’attrice Penelope Cruz rimanda ad un altro bellissimo film, l’indimenticabile e struggente “Tutto su mia madre” dove il tema della morte e le sue problematiche attraversa tutta la storia.  Ma il grande ritorno, dopo 17 anni,  è Carmen Maura, sua attrice prediletta, che fu protagonista dei suoi film  sino allo straordinario “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”.


La Mancha, che fa da sfondo, è la scenografia  della sua infanzia, periodo dominato dalla figura materna, educatrice ed ispiratrice, simbolo dell’universo femminile a cui ha dedicato le sue pellicole migliori. Il nuovo film di Pedro Almodovar è una storia complessa che parla di vento, fantasmi e morte, dove le protagoniste sono tutte donne.  Gli uomini sono assenti o farabutti. Rappresentante emblematico della categoria è il marito di Raimunda, un fannullone alcolizzato.


Volver è un insieme di suggestioni che cambiano senza mai perdere atmosfera e armonia. Passa dal nero, al rosso sangue, all’assoluta, pura, comicità brillante. È la narrazione di un grande sentimento, universale e insieme salvifico. Esalta il profondo legame femminile come  nostalgia dolorosa dell’essere donna. È l’esaltazione della maternità,  è un inno alle donne, malinconico ma giocoso, surreale e straziante. È la vita che prevale sulla morte.  È la realtà quotidiana che mescola momenti sereni, amari e drammatici.  È la vita raccontata come unico bene davvero prezioso.


Ambientato nella solare regione centrale della Mancha, il film si apre con un’immagine emblematica che racchiude tutte le tematiche del film. Nel cimitero di un paesino un gruppo di donne che cerca di ripulire le lapidi lottando contro un vento che pare inarrestabile.  Un’anticipazione del taglio che il regista ha dato al racconto.


In Volver si mescolano sapientemente atmosfere noir e melò che si rifanno al “Romanzo di Mildred”, stemperate da richiami alla commedia piacevolmente di classe come “Arsenico e vecchi merletti” film gustosissimo con  l’inimitabile Cary Grant. Non manca neanche  l’azione un po’ sui generis, alla Indiana Jones. Uno dei protagonisti, che attraversa tutto il film, è il vento, l’elemento che porta scompiglio. E’ portatore di sconvolgimenti del reale, ma anche di follia, magia e mistero. È la forza invisibile e misteriosa che soffia tra le vie vuote del paese.


Nel film si confrontano e raccontano tre generazioni di donne. Raimunda, una moglie infelice ma combattiva, che non si arrende. Sole, sorella di Raimunda, parrucchiera abusiva e Irene, la madre di entrambe. Paula, la figlia adolescente di Raimunda è una  presenza quasi sempre silenziosa, una sorta di testimone del racconto.


La morte è la grande protagonista, il filo, la trama circolare che lega tutta la vicenda. Irene, che per tutti è morta da anni in un incendio, torna come fantasma per regolare i conti con il suo oscuro passato. Magia e mistero che si esplicano quando le tre donne, tornano alla natia Mancha per far visita alla vecchia zia Paula che parla della sorella come se fosse viva, e della quale qualcuno giura di aver visto il fantasma aggirarsi in paese. Faranno i conti con la morte non solo della zia ma anche con quella del marito di Raimunda. Dovranno affrontare  i drammi e i misteri irrisolti del passato.


Almodovar ha sempre usato il colore, forte e intenso, come elemento dominante dei suoi film. In “Volver”, nonostante le robuste pennellate di rosso, le tinte sono più spente. La luce dominante è quella accecante della Macha ma filtrata da persiane e cortine per creare un’atmosfera ombrosa e misteriosa, che solo raramente diventa brillante.


Straordinaria l’interpretazione che Estrella Morente, cantante di flamenco, dà del famoso tango “Volver”. Nel film è presente anche un richiamo-omaggio  al Neorealismo italiano e, come dichiara lo stesso regista, alle tante casalinghe protagoniste di quel genere cinematografico. I capelli, il trucco e l’andatura della solare Penelope Cruz, sono ispirati alla Loren e alla Magnani degli esordi. Donne simbolo della maternità e della forza d’animo, incarnazione dell’onnipotenza femminile. Ha quindi aggiunto un po’ di “spessore” alla Cruz, nello specifico un falso culo. Secondo il simpatico Pedro il suo personaggio era inconcepibile senza un’anatomia posteriore ben evidenziata, il simbolo tangibile dell’ottimismo e della generosità popolare, della donna legata alla terra che ne condiziona anche il modo di camminare.


Un film senz’altro da vedere, un piacevole ritorno, anche per lo spettatore, al miglior Aldomovar. Bentornato Pedro!!

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Un blog di: ciccioabba
Data di creazione: 17/04/2006
 

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