Alberologia.........

Ma quanto valgono le nostre foreste ?


 Quanto valgono le nostre foreste? Sono attraenti per chi cerca un lavoro? Negli Stati Uniti, in una classifica delle dieci professioni su cui puntare nei prossimi anni, al secondo posto dopo l’imprenditore agricolo c’è proprio l’addetto al comparto forestale. Certo, in Italia non abbiamo la stessa copertura forestale e possibilità di impiego, ma i boschi e le foreste del Belpaese costituiscono ugualmente un’importante risorsa economica su cui investire.E non solo perché, come ricordato più volte su queste pagine, sono serbatoi di carbonio e scrigni di biodiversità.Oggi nell’industria forestale lavora nel nostro Paese circa mezzo milione di persone, una cifra destinata a crescere se pensiamo all’interesse verso la gestione sostenibile dei boschi e la certificazione.Ogni anno si certificano Fsc (Forest Stewardship Council, come la carta di questa rivista) o Pefc, i due marchi più accreditati, circa 300 nuove aziende. Si va dalle piccole e medie imprese alle cooperative, fino ad aziende che fatturano decine di milioni di euro.Ora abbiamo a disposizione pavimenti in parquet certificati e made in Italy, la scelta del legno come materiale da costruzione poi diventa sempre più diffusa e, in un Paese a forte rischio sismico, è una scelta saggia. C’è chi contesta le case in legno perché estranee alle tradizioni costruttive dell’Appenninoma basta intonacarle per eliminare l’impatto visivo. E ci sarebbe anche da riflettere su quale scempio urbanistico hanno causato tante colate di cemento in molti centri abitati.E non solo per evitare i morti in occasione delle scosse sismiche.Stiamo riscoprendo, insomma, le nostre foreste. La prima statistica forestale nazionale risale al 1870 e fu effettuata soprattutto per fini commerciali. Si iniziò allora a disboscare per ottenere spazi e materie prime, dal legno per le traversine ferroviarie al carbone da legna.Nel 1925 l’indice di boscosità era appena del 18 per cento, una minaccia per la difesa idrogeologica del Paese e la possibilità di un vero sviluppo dell’industria forestale. L’Italia “ricca di boschi poveri”, come si dice oggi, nasce proprio dalle scelte compiute in quegli anni. A difenderci è stata la fortuna di possedere un territorio prevalentemente collinare e montuoso dove lo sfruttamento delle foreste è più difficile, altrimenti avremmo probabilmente seguito le Isole Britanniche sulla strada della deforestazione.Nei decenni successivi, in particolare nel Dopoguerra, anche grazie alle Forestale iniziò una fase importante di rimboschimento e solo negli ultimi 30 anni le foreste sono state riconosciute degli ecosistemi da preservare e utilizzare con intelligenza e parsimonia. Anche l’indice di boscosità quindi è progressivamente cresciuto, di anno in anno, fino a raggiungere ora, il 33 per cento circa, come attesta l’Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi di carbonio, realizzato dal Corpo Forestale dello Stato.Il 2010 si celebra l’Anno internazionale della biodiversità e quindi l’attenzione di tutti e anche la nostra sarà ancora una volta rivolta alle foreste, al loro e al nostro futuro.IL FORESTALE