DESERTO DI SABBIA

Diario di bordo... un amico


 
 Il sole è cocente anche se sono seduto in un parco sotto l'ombra degli alberi. Ho accumulato tanta di quella stanchezza in questi ultimi dieci anni da sentire il bisogno di staccare la spina. Non intendo quel modo di isolarsi tipico di chi vuole ricaricare le batterie, piuttosto, intendo spegnere il cervello, andare in blackout, scollegare ogni terminale nervoso e fare clic, definitivamente. Ho anche tanta stanchezza fisica che va oltre le mie normali capacità di sopportazione, così tanta, che la sento complottare col mio cervello fino a farmi reclinare la testa in un torpore comatoso. Nel sonno inquieto, i ricordi fanno a gara per mettersi in prima fila e darsi di gomito indicandomi come un relitto che naviga alla deriva. Mi sveglio all'improvviso, un cane mi abbaia contro e lo vedo che scodinzola contento di avermi svegliato per poi riprendere ad annusare in giro col muso a pochi centimetri da terra cercando odori e tracce, lo seguo con lo sguardo mentre ogni tanto si gira a guardarmi e a scodinzolare come se mi chiedesse di seguirlo. Penso che siamo in fin dei conti tutti alla ricerca di un odore, di un qualcosa che non troviamo e cerchiamo di lasciare la nostra traccia odorosa in giro, con la speranza che qualcuno riconosca la nostra presenza e rispetti il nostro territorio. Si passa la vita a cercare uno scopo fin quando non ci si ferma e si ansima nelle delusioni, così come il mio amico cane che ora, con la lingua a penzoloni, ha smesso di cercare e si è sdraiato sotto la mia panchina. Ho trovato un amico che non parla e non chiede ma che capisce ogni cosa di me.