SENZA CONFINI 2015

La I Guerra mondiale della povera gente


LA I GUERRA MONDIALE DELLA  POVERA GENTE Quella che traspare dall’articolo precedente e dalle lettere di Marco Carvin e quella che ci è stata raccontata a scuola è la guerra degli eroi, dei giovani agiati e colti che andarono a combattere volontariamente per l’unità d’Italia. Accanto a questo c’è però il vissuto della guerra della maggioranza dei soldati della penisola italiana e di tutta Europa chiamati alle armi senza sapere perché. Una massa enorme di persone quasi tutte analfabete, che parlavano soltanto il loro dialetto e non si capivano neppure con quelle provenienti dai paesi vicini al proprio; che non sapevano nulla di unità d’Italia, di Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Vittorio Emanuele II; che non sapevano dov’erano Trieste e Trento che dovevano essere liberate. Essi venivano strappati contro la loro volontà alle proprie famiglie, al cui sostentamento il loro contributo era essenziale. Per molti la divisa, il cappotto, gli scarponi erano  i primi indumenti nuovi e caldi della loro vita; il rancio militare il sicuro alimento quotidiano contro l’incertezza patita a casa. Ciò nonostante essi non avevano voglia di combattere perché temevano per la propria vita e la propria incolumità, consapevoli del fatto che senza di loro o con loro invalidi la famiglia che avevano lasciato a casa sarebbe stata ancora più povera. Quando veniva comandato l’attacco molti non volevano uscire dalle trincee e gli ufficiali dovevano costringerli a farlo con la minaccia delle armi. Per non affrontare la battaglia, appena si presentava l’occasione, si arrendevano al nemico. È di queste persone che è costituita la massa dei milioni di caduti, eroi anonimi e loro malgrado, spesso senza una tomba.