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Giuseppe Callegarini, eroe della Resistenza istriana

Post n°13 pubblicato il 03 Marzo 2015 da senzaconfini2015
 

 

Giuseppe Callegarini

eroe della Resistenza istriana

Anche se il grande pubblico non sa nulla di lui, la Patria ne ha curato il ricordo e già nel lontano 1946, su proposta dell’on. Antonio De Berti, gli ha concesso la medaglia d’oro al Valor Militare alla Memoria con la seguente motivazione: "Cittadino di elette virtù, tenace assertore dei più alti ideali di giustizia e di libertà, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 fu tra i primi a rispondere all'appello della Patria. Per oltre un anno, sprezzante di ogni pericolo, ispirato dal ricordo dell'eroico sacrificio di Nazario Sauro, fu uno dei più fervidi animatori del fronte clandestino di resistenza della città di Pola. Tratto in arresto sotto l'imputazione di complotto e di eccitamento alla rivolta, sopportò con eroico contegno, per dodici giorni consecutivi, percosse e crudeli sevizie respingendo sdegnosamente minacce ed allettamenti, fulgido esempio di italianità e di fermezza di carattere. Nel giorno del S. Natale i criminali nazifascisti, dopo averlo barbaramente ucciso, ne dispersero i resti mortali, innalzandolo al rango dei più alti Eroi della Patria".

Lo ricorda pure l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani, che l’ha più volte inserito nelle sue commemorazioni e gli studiosi, come quelli del Movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia e il Circolo di Cultura Istro-veneta Istria.

Per cura di quest’ultimo il 24 dicembre 2013 sul colle di S. Giusto di Trieste è stato posto un cippo in sua memoria. Ed è proprio a seguito di questo gesto che lo storico triestino Roberto Spazzali ha ricevuto qualche mese fa una telefonata del sig. Massimo Cajola, che gli comunicava di aver scoperto nel box di un condominio di Roma una grande quantità di documenti di Giuseppe Calligarini. Il Circolo Istria, subito informato, acquisì il fondo col contributo economico della Regione FVG e il prof. Spazzali si recò a Roma a prelevarlo. Si tratta di ben 13 scatoloni contenenti – come scrive sul quotidiano “Il Piccolo” Spazzali – “…la viva documentazione di un giovane che ha attraversato un'epoca lasciando - consapevolmente - una memoria tangibile della sua esistenza” e quindi - oltre alla storia della sua vita e dei suoi interessi, dallo scautismo alla pedagogia, dalle scienze ambientali alla cinematografia documentaristica - lettere, fotografie, documenti personali, ritagli di stampa e raccolte di giornali d'epoca. Purtroppo mancano le carte della sua attività a Pola durante l'occupazione tedesca, quasi sicuramente sequestrate al momento del suo arresto. Ci sono inoltre 23 rulli di documentari e delle bobine a otto millimetri, alcune a colori. Quest’ultimo materiale è stato subito affidato alla cineteca di Gemona, l’unica in regione in grado di conservarlo nelle sue sale alla temperatura costante di 5 gradi e di provvedere all’eventuale restauro di quanto si fosse nel tempo degradato, mentre il materiale fotografico e cartaceo è stato affidato alle cure dell’Istituto per il Movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia.

La presentazione al pubblico del “Fondo” alla libreria Minerva, a Trieste, mercoledì 25 febbraio 2015, ha dato nuova e più vasta visibilità a questo eroe della resistenza istriana.

Dopo i saluti del presidente del Circolo Istria, Livio Dorigo, ha preso la parola lo storico Roberto Spazzali che ha esposto ai numerosi presenti quanto ho cercato di riportare in questo scritto mentre sullo schermo gigante alle sue spalle scorrevano le immagini di fotografie e documentari di Callegarini

Giuseppe Calligarini era nato nel 1915 a La Spezia dal veneziano Ulderico, ufficiale della regia Marina, e dalla napoletana Margherita De Pasquale, discendente di una famiglia di mastri velai. Oltre a lui la famiglia comprendeva altri cinque figli: Adolfo, Ettore, Mario, Umberto e Pasqualino, quest’ultimo morto in tenera età. Al seguito degli incarichi paterni, Giuseppe si trasferisce da una città di mare all'altra finché non arriva, nel 1929, a Pola, dove si iscrive al locale liceo classico “Giosuè Carducci”. Suo padre muore mentre egli è ancora un giovinetto che estende i suoi interessi dallo scoutismo alla geografia, agli sport del ciclismo e della canoa. Nel 1935 si iscrive alla facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Padova, dove collabora con la rivista del Guf "Il Bò", fondata da Ugo Mursia e Ruggero Zangrandi, che allora dedicava ampio spazio al cinema e al teatro.

Dopo la laurea insegna in diverse scuole, alle Magistrali di Pola e al Nautico di Lussino. 

Appassionato di cinematografia a passo ridotto, documenta la vita scolastica a Dignano e gira due documentari ad Abbazia, uno a colori di carattere turistico, con le attrezzature del Guf di Pola, che ottenne qualche lode a Cinecittà. Durante la seconda Guerra Mondiale viene arruolato nella Guardia alla Frontiera, a Villa del Nevoso, con il grado di sottotenente. Si ammala gravemente e potrebbe ottenere il congedo e pure sfruttare l'alettante proposta del professor Lorenzi che lo ha nominato suo assistente, ma preferisce rimanere in servizio e, su incarico del suo comando, realizza nell'autunno 1942 il documentario "Frontiera, frontiera" che proietta poi ai suoi soldati e anche a Pola. Il taglio risente della retorica del tempo, ma le immagini sono di grande impatto e il soggetto è quasi neorealista con i soldati chiamati a interpretare loro stessi. Pensa pure di partecipare a un concorso di cinematografia e forse perfino al festival di Venezia. Da alcuni fotogrammi del documentario ricava una mostra fotografica ma, a causa di gravi problemi di salute, dopo lunghe degenze, viene congedato. L'armistizio dell’8 settembre 1943 lo sorprende a Pola, dove probabilmente inizia a collaborare con la rete clandestina militare che cercava di organizzare perlomeno una resistenza passiva in città. A questo scopo inizia a sollecitare la collaborazione di amici, ex commilitoni ed ex scolari. La sua attività non passa però inosservata e, in occasione di alcune retate, le SS e il fascista Ottone Niccolini (membro della SIPO) perquisiscono la sua abitazione senza trovar niente. Egli continua però con le riunioni, svolge opera di propaganda, diffonde manifestini, incita i militari alla diserzione e raccoglie informazioni e materiali per i partigiani. Aveva allacciato pure contatti con il CLN di Trieste. Benché sollecitato a lasciare Pola, si rifiuta di farlo. Alla fine del 1944 il cerchio si chiude e, il 13 dicembre 1943 viene arrestato, forse a causa di una lettera giuntagli da Roma, con l'accusa di essere l’autore di alcuni volantini. Sottoposto a sevizie e torture per mano del tenente Prasch e dello stesso Niccolini non cede e non rivela i nomi degli altri antifascisti. Alla fine il tenente Prasch ordina la sua esecuzione, che avviene il 24 dicembre 1944 in uno scantinato della sede delle SS in via Smareglia, a Pola. Il corpo non viene neppure restituito alla famiglia e tuttora è ignoto il luogo di sepoltura, forse gettato in mare. Dopo la morte, le SS devastano la sua abitazione.

Però l'accanimento su Callegarini non era finito: in un volantino del Movimento Popolare di Liberazione, Viktor Matkovi„ (Arsen) lo indicava, assieme ad Antonio De Berti, tra i maggiori responsabili della mancata unità antifascista tra italiani e croati in Istria, addirittura "colpevoli" dei più gravi patimenti inferti dai nazisti alla popolazione italiana.

Ucciso due volte. 

 

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