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« Dammi tre paroleEcco »

La porta

Post n°530 pubblicato il 03 Ottobre 2016 da meninasallospecchio

Correva l’anno 1989 del secolo scorso, annus mirabilis per tanti eventi internazionali, dalla caduta del muro di Berlino a Piazza Tienanmen, ma che nella mia modesta storia personale si ricorda come l’anno del mio matrimonio. Tuttavia, prima del lieto evento, occorreva dedicarsi per qualche tempo ad allestire il nido d’amore.

La nostra casa era un bell’appartamento in un palazzo del 1888, centro storico di Torino, quello che sarebbe di lì a poco diventato di moda come quadrilatero romano. Lo stabile era stato ristrutturato da un’impresa, mantenendo ove possibile le dotazioni originarie e ammodernando il resto.

La porta era quella originale, come da capitolato. Aveva persino quell’accessorio delizioso e totalmente inutile chiamato bussola: la adoravo. Ma ovviamente non era blindata.

La mia futura suocera però conosceva un artigiano in grado di blindare qualsiasi porta, inserendo un paio di pannelli di acciaio e applicando un rivestimento in velluto. L’artigiano era in realtà un tipico personaggio della fauna torinese dell’epoca: il Cassintegrato Fiat, riciclato a fare ogni sorta di lavoretti, purché rigorosamente in nero. Questo per giunta apparteneva a una sottospecie particolare, il Cassintegrato Fiat Torinese DOC, una razza già allora in via di estinzione: quelli che Porta Palazzo la chiamano Porta Pila, tanto per capirci, se per caso qualche torinese mi legge.

Insomma, un giorno l’omino va a casa nostra, ancora disabitata, a fare il lavoro. Verso sera, rientrato dall’ufficio, il mio futuro marito si presenta per controllare l’opera. Lì per lì sembra che non ci sia nessuno, ma dopo un attimo l’operaio emerge dal bagno.

- Sono andato a fare un goccio – spiega. E aggiunge, in dialetto: - Sa come si dice, non c’è una casa di signori che non ci abbian pisciato i muratori.

Dopo di che mostra orgogliosamente il suo lavoro. La chiusura, il rivestimento in velluto, elogiandone la solidità. Ma c’è dell’altro:

- Sa, ho infilato in mezzo un foglio con il mio nome, indirizzo e numero di telefono, nel caso qualcuno demolisca la casa e la porta. Ho scritto che se mi viene a trovare gli offro un bicchiere di vino.

Ma la vision del Cassintegrato Torinese si proiettava anche verso il futuro:

- E poi ho pensato che magari fra 200 anni, quando demoliscono la casa, potrebbe essere un’epoca di proibizionismo (ha detto proprio così, proibizionismo, ndR). Così ho anche messo una pagina di una rivista con le donnine nude, che magari chi la trova è contento.

Vabbé. La casa, con la porta così farcita, è rimasta al mio ex marito, che credo sarebbe vagamente imbarazzato, se mai dovesse demolirla, nel ritrovarsi a spiegare come mai contiene una pagina di Playboy.

Per parte mia non posso che manifestare la mia ammirazione per chi, nello svolgimento del proprio lavoro, per nulla umile, ma anzi con la consapevolezza di avere un posto nel mondo, si assume l’onere di tramandare qualcosa alla posterità. Magari lo facessero in tanti.

 
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card.napellus
card.napellus il 03/10/16 alle 14:57 via WEB
Quasi quasi quando faccio un lavoro ci lascio dentro un cadeau pruriginoso... biancheria intima sadomaso, un membro di gomma...
 
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