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Dimostrare

Post n°532 pubblicato il 07 Ottobre 2016 da meninasallospecchio

(dalle tre parole di sagredo58)

Si possono dimostrare tante cose, ma a me la parola dimostrare fa subito venire in mente la matematica. Sono i teoremi di matematica quelli che si dimostrano.

Si parte con una tesi, l’enunciato di cui vuole dimostrare la verità, appunto. Segue la dimostrazione vera e propria, un ragionamento in cui ogni passaggio è conseguenza logica e inevitabile del precedente, fino ad arrivare alla tesi di partenza. A questo punto si conclude con C.V.D., Come Volevasi Dimostrare.

Una forma particolarmente elegante di dimostrazione è quella cosiddetta “per assurdo”. Si comincia dicendo: supponiamo per assurdo che la tesi non sia vera, persino laddove questa sia anche intuitivamente plausibile. Ma un ragionamento rigoroso non può basarsi sull’intuito e tanto meno sulla plausibilità.

Si nega dunque la tesi e si dimostra che questo porta a una contraddizione intrinseca o in riferimento agli assiomi del nostro sistema. Per esempio, se voglio dimostrare che in una certa situazione due entità A e B sono uguali, procedo negando questa tesi. Allora suppongo prima che sia A minore di B e proseguo nel ragionamento fino a dimostrare che non può essere. Successivamente suppongo che A sia maggiore di B e dimostro che anche questo non può essere. Quindi in conclusione deve essere per forza A=B, CVD.

I teoremi all’università cominciavano sempre con questa frase: preso un epsilon piccolo a piacere…

C’era sempre di mezzo ‘sto epsilon. Epsilon è una lettera dell’alfabeto greco, che si scrive come un tre rovesciato. Nei teoremi sta a indicare un’entità algebrica o geometrica alla quale si dà un nome, epsilon appunto, tanto per non chiamarlo Giovanni, ma è pura convenzione. Insomma, preso ‘sto epsilon piccolo a piacere, c’era sempre qualcosa da dimostrare, in genere c’era qualcos’altro più piccolo ancora di epsilon, per quanto epsilon fosse uno schifezzino proprio. Per noi studenti epsilon era quasi proverbiale, roba da farci le battute di spirito, ma solo fra di noi, perché non si possono fare battute che le capiscono in 3 su 1000.

Chi non ama la matematica, o pensa che la matematica sia una materia arida, semplicemente non la conosce. Oppure non ama la bellezza classica, apollinea, la bellezza della perfezione, come nelle sculture di Canova o nei quadri di Botticelli. Un ragionamento limpido, cristallino, il dolce fluire dell’intelligenza attraverso la logica, ha la stessa valenza estetica dell’ineluttabile necessità dei cicli naturali, o del dominio dell’uomo sulla materia che si fa arte.

Fuori dal dominio matematico, per lo più si dimostra qualcosa nell’ambito della dialettica, politica o commerciale. Ma si dice pure: non ho niente da dimostrare, in riferimento alla libertà personale di ostentare anche le fragilità o di assumere comportamenti in apparente contrasto con il proprio personaggio. Hai qualcosa da dimostrare? Si chiede a chi, al contrario, sembra voler tenere il punto a tutti i costi, al di là di ogni buon senso. Non avere niente da dimostrare è proprio delle persone sicure di sé, che non temono il giudizio altrui e sono pronte a sacrificare anche la coerenza in nome di valori superiori, intellettuali o morali.

E io, cosa voglio dimostrare con questo giochino delle parole? 

 
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Rispondi al commento:
meninasallospecchio
meninasallospecchio il 12/10/16 alle 19:19 via WEB
Mi fa piacere che anche i miei post seri incontrino talvolta il gradimento. Cerco anche di mischiare un po' le cose, spesso i miei post cazzoni sono anche un po' seri e viceversa.
 
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