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Orologio

Post n°533 pubblicato il 08 Ottobre 2016 da meninasallospecchio

(dalle tre parole di arw3n63)

Certo che negli anni ’80 ne facevamo di minchiate. Oddìo, non che adesso… andare a caccia di Pokemon non si può propriamente definire un’attività produttiva. Ma allora, fra le molte pazzie di quegli anni c’era la mania degli Swatch. Vi ricordate?

Non gli swatch quelli normali, che costavano 50.000 lire o forse anche meno. No, prima gli Scuba, gli swatch subacquei che a dire il vero erano orribili, e poi soprattutto i mitici Cronoswatch, gli swatch con il cronometro, enormi, coloratissimi e rigorosamente inutili, chi mai ha usato un cronometro.

Non so come sia nata questa mania. Certo si è autoalimentata. Perché ad un certo punto questi Crono così ambiti erano diventati introvabili, e quindi bisognava andare a comprarli all’estero. Così i duty-free degli aeroporti di tutta Europa (allora si passava ancora al duty-free negli spostamenti intra-europei) pullulavano di italiani assatanati che si contendevano l’ultimo Crono, senza esclusione di colpi; beandosi magari dei modelli più rari, come quelli che oggi trovano un pokemon Dragonite. Solo italiani naturalmente; gli altri europei assistevano a questo delirio con qualche perplessità, traendone vantaggio ove possibile.

A questo punto il Crono era diventato davvero uno status symbol, perché testimoniava il fatto che il suo possessore era uno yuppie che girava per aeroporti come nei giardinetti sotto casa. O quanto meno conosceva qualcuno che conosceva qualcun altro che lo faceva. In Olivetti c’era un dirigente che commissionava acquisti a tutti quelli che mandava in trasferta.

Come sia finita questa moda non si sa, come finiscono tutte le mode. Aveva però portato con sé, per chi poteva permetterselo, anche una certa mania per gli orologi autenticamente di pregio. Anche se è una passione che non ha tutta questa ragion d’essere. Un tempo, quando gli orologi erano meccanici, la qualità era importante. Ma gli orologi al quarzo funzionano tutti benissimo, non c’è una vera ragione per spendere più di 5 euro. E infatti, insieme a questa moda, vennero in auge anche i famosi Rolex falsi. A Hong Kong era un delirio. E naturalmente, il solito dirigente di cui sopra, chiedeva di portargli un esemplare.

A Hong Kong, all’epoca ancora sotto il dominio inglese, il commercio di merce falsificata era illegale. Quindi, nei numerosi mercatini notturni, sebbene illegali pure quelli, i Rolex falsi non si trovavano. In realtà, se lo chiedevi, ti accompagnavano in qualche antro oscuro, in cui potevi concludere il tuo business, ma poteva essere rischioso. Più sicuro chiedere ai colleghi dell’ufficio, che facevano venire appositamente in loco il famoso Watch Man, un anziano piccoletto in casacca maoista; il quale apriva un suo involto, scodellando un paio di dozzine di Rolex contraffatti. Si mercanteggiava un po’ sul prezzo (ma tanto il dirigente avrebbe pagato di tasca sua) e si poteva ripresentarsi all’headquarter senza timore di essere biasimati per non aver compiuto il proprio dovere.

I Rolex non mi sono mai piaciuti, ma su quelle bancarelle del sud est asiatico si trovavano anche molti orologi graziosi a poco prezzo. Ormai ci sono anche da noi, sebbene la varietà degli esemplari da mercato si sia molto ridotta. Nel mio cassetto giace un autentico Longines modello Lindbergh, comprato nei miei anni da yuppie. E’ un orologio meccanico che perde almeno 2-3 minuti alla settimana, il cui cinturino ormai consunto non sostituisco perché mi costerebbe come 20-30 orologi da bancarella. Non sono più una yuppie. Cinque euro sono più che sufficienti, l’orologio mi dura un anno, poi lo butto e ne compro un altro. E’ il consumismo, bellezza.

 
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