Senza Nick

L'orologiaio


Quando iniziai a lavorare, mi riferisco al primo lavoro "vero", mi regalai un orologio, un cronografo, un bel cronografo perché, pur non sopportando il fatto che il tempo passi, mi piace tenerlo d'occhio.Per anni ho indossato quel regalo, poi ci siamo persi di vista; è finito in uno dei tanti cassetti della mia vita.Qualche tempo fa, poi, sistemando i miei oggetti personali, ho ritrovato questo orologio, ormai fermo, il cui tempo si era inesorabilmente fermato a chissà quando. Alla mia compagna ho raccontato di quel pezzo di storia e lei mi ha suggerito di portarlo da "un vecchio orologiaio" di quelli che non si vedono più. Le ho dato retta e sabato mi ci sono fatto accompagnare.Una bottega scarna, essenziale, senza orpelli né luci, senza musica né pavimenti lucidati; un bancone di legno e cristallo, sporcato e liso dall'incedere del tempo e dei clienti. Dietro a quel separè semi trasparente, un signore avanti con gli anni, sarà stato quasi sulla settantina, con indosso una lente a visiera, anch'essa non propriamente limpida.Spiego il problema, prende l'orologio e mi colpisce il suo silenzio, il silenzio di chi sa, di chi dentro di sé ha raggiunto l'arte della conoscenza, la sua essenza più pura e profonda benché il suo sguardo, credo nella quasi totalità della giornata, si fermi a guardare oggetti assai vicini. Il suo mondo, infatti, è costituito da meccanismi, lancette, casse, molle; è un mondo piccolissimo, un mondo in miniatura per vedere il quale occorre una lente potente che aiuti a rivelare minuziose forme. Rimango affascinato da quel disordine, apparente caos, nel quale, però, il mastro orologiaio si ritrova perfettamente a suo agio, artista ormai in via di estinzione.