Se la porta non si apre, semplicemente vuol dire che non è quella giusta e che quanto segue non è la strada che fa per voi. Tuttavia, a volte investiamo troppo tempo e sforzi cercando delle chiavi per le quali non c’è nemmeno una porta. Perché ci sono destini impossibili, persone che non combaciano con le nostre serrature e percorsi per i quali è meglio non transitare.Sebbene sia vero che nessuno di noi indovina il proprio destino fin da subito, bisogna dire che non è nemmeno sbagliato perdersi ogni tanto. È necessario aprire porte che poi chiudiamo di nuovo per acquisire esperienza, per sapere cosa va bene e cosa no, senza paura, ma con equilibrio ed un atteggiamento adeguato.Si dice sempre che quando si chiude una porta, si apre un portone. Spesso si sente dire anche che la felicità è come una farfalla: se si insegue, scappa e se si sta fermi, si poggia su di noi. Se dessimo retta a questi principi, giungeremmo alla conclusione che la felicità e le opportunità accadono soli e quasi per magia.La dottoressa Iyengar è cieca. Quando giunse in Canada dall’India, sapeva che la sua famiglia, così come dettava la loro cultura, avrebbe scelto il suo futuro marito. Alla sua cecità si sommava l’idea di non poter uscire da quel circolo, da quel carcere personale. Grazie ai giorni trascorsi all’università, capì che le menti estranee non hanno il diritto di segnare i nostri personali copioni di vita. Le porte che ci chiudono gli altri sono muri che dobbiamo abbattere.
Bisogna capire che quando qualcosa ha fine, la felicità non “ricomincia” da sola. È necessario superare un tempo in cui ricostruirci, connettere di nuovo con noi stessi e chiudere in modo adeguato la porta, la fase in questione. Sorriso, bye sal