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Ingratitudine: affrontatela senza rimpianti


Diceva Confucio: «Non fare del bene, se non hai la forza di sopportare l’ingratitudine». Siamo irriconoscenti, spesso mossi dal rancore e dall'invidia, proprio con le persone che meno lo meritano. E dimentichiamo in fretta il bene ricevuto.La gratitudine fa bene. Molto bene. Non si tratta solo di quel benessere psicofisico che in generale di arriva dai pensieri positivi. C’è molto altro, secondo una serie di studi scientifici pubblicati dalle migliori università del mondo. La gratitudine migliora il ritmo cardiaco e riesce anche a normalizzarlo quando non è regolare come dovrebbe. Aumenta gli ormoni utili a rallentare il nostro invecchiamento, e in questo senso è perfino utile per tenere allenate e in forma le nostre facoltà cognitive. Rafforza il nostro sistema immunitario, e in quanto tale è una forma di preziosa prevenzione.Centrale nella grande Letteratura, quella universale, come nel grande Cinema, da Hollywood al neorealismo italiano, è sicuramente una delle disposizioni umane, con tutte le sue ombre, più evocate e più narrate: l’ingratitudine. Attualissima, con tutte le ferite che apre, in un tempo nel quale tutti abbiamo fretta e facciamo fatica a ricordare, anche quando farlo sarebbe un nostro sacrosanto dovere.Ho letto tutto di un fiato il libro del filosofo Duccio Demetrio, dal titolo secco e chiaro, Ingratitudine (Raffaello Cortina Editore), e ho capito quanto questa parola sia attuale per decifrare il malumore, la rabbia, la sfiducia, l’aggressività, che stiamo accumulando sul piano delle relazioni personali e dei comportamenti collettivi. Mai come in questo momento, per esempio, ci sentiamo distanti dalle istituzioni, non ne riconosciamo più la funzione (eppure ci hanno dato tanto e ci garantiscono ancora di più in termini di futuro), e vi scarichiamo contro tutte le nostre frustrazioni. Quali? Innanzitutto l’indignazione per chi dovrebbe guidare, governare, fare funzionare, le istituzioni nell’interesse generale della collettività e non secondo i propri personali e talvolta famelici obiettivi. È come se si fosse spenta qualsiasi luce di passione e interesse al bene comune, qualsiasi spinta vitale all’esercizio della generosità che resta un ingrediente essenziale anche nella vita pubblica e non solo nella dimensione privata.