SERIAL KILLER

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VENENDO IN ITALIA (QUANDO NON C'ERA IL CONSUMISMO E NON SI BUTTAVA NIENTE..)

Post n°6 pubblicato il 27 Febbraio 2008 da sciogli_i_cani
Foto di sciogli_i_cani

Leonarda Cianciulli nacque a Montella, in provincia di Avellino, nel 1892 in seguito a una violenza carnale subita da Emilia Di Nolfi, la madre. La donna, per un’atroce disegno del destino, fu addirittura costretta a sposare il suo violentatore così odierà per sempre quella creatura incolpevole, anche dopo aver divorziato ed essersi risposata con Mariano Cianciulli, dal quale avrà altri figli. Leonarda ebbe un’infanzia difficile, da lei così descritta: “Ero una bambina debole e malaticcia, soffrivo di epilessia, ma i miei mi trattavano come un peso, non avevano per me le attenzioni che davano agli altri figli. La mamma mi odiava perché non aveva desiderato la mia nascita. Ero infelice e volevo morire. Cercai due volte di impiccarmi; una volta arrivarono in tempo a salvarmi e l’altra si spezzò la fune.” La madre gli fece capire che le dispiaceva di rivederla viva. Una volta ingoiò due stecche del suo busto, sempre con l’intenzione di morire, e mangiò alcuni cocci di vetro: non accadde nulla. Segnata da una vita ingrata, nel 1914 sposò Raffaele Pansardi, impiegato dell'ufficio del registro, e andò a vivere a Lariano, nell'Alta Irpinia. Nel 1930 il terremoto del Vulture distrusse la loro casa e gli sposi si trasferirono a Correggio, in provincia di Reggio Emilia. Leonarda ebbe diciassette gravidanze con tre parti prematuri, dieci figli morirono in tenera età. I quattro sopravvissuti erano per Leonarda un bene da difendere a qualsiasi prezzo, angosciata dal ricordo di una zingara che molti anni prima le aveva predetto un amaro destino: "Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno". Più tardi, un'altra zingara le disse: "Vedo nella tua mano destra il carcere, nella sinistra il manicomio". Nel 1939, alla notizia che Giuseppe, il figlio maggiore e prediletto, sarebbe partito per il militare con la minaccia sempre più concreta dell'ingresso in guerra dell'Italia, Leonarda decise, oramai in preda alla pazzia, di effettuare sacrifici umani in cambio della vita del ragazzo. La Cianciulli frequentava tre amiche, donne sole, non giovani, che avrebbero volentieri cambiato l’esistenza per sfuggire alla noia e alla solitudine del paesello. Tutte e tre chiesero aiuto a Leonarda, la quale decise che era giunto il momento di agire. La prima a cadere nella rete fu Faustina Setti detta “Rabitti”, la più anziana, attirata da Leonarda con la promessa di averle trovato un marito residente a Pola. Leonarda persuase la donna a non parlare con nessuno della novità. Il giorno della partenza Faustina si recò a salutare l'amica, che la convinse a scrivere alcune lettera e cartoline che avrebbe spedito appena giunta a Pola, in cui annunciava a parenti e amici che tutto andava per il meglio. Ma a Pola Faustina Setti non giungerà mai, perché cade sotto i colpi di scure di Leonarda Cianciulli, che trascina il corpo in uno stanzino e lo seziona in nove parti, raccogliendo il sangue in un catino. Poi, come scriverà nel suo memoriale, «gettai i pezzi nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica, che avevo comprato per fare il sapone, e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi e che vuotai in un vicino pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina, impastando il tutto. Feci una grande quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giuseppe e io». La seconda vittima si chiamava Francesca Soavi, cui Leonarda aveva promesso un lavoro nel collegio femminile di Piacenza. Francesca la mattina del 5 Settembre 1940 si recò a salutarla prima di partire. Leonarda convinse la donna a scrivere due cartoline, dicendole che le avrebbe dovute spedire per annunciare ai conoscenti la partenza evitando di far conoscere la sua destinazione. La Cianciulli si avventò come una furia sulla donna e ripeté lo scempio. La terza e ultima vittima si chiamava Virginia Cacioppo, ex cantante lirica, cinquantatreenne, costretta a vivere in miseria e nella nostalgia del proprio passato di artista. Leonarda le propose un impiego a Firenze, come segretaria di un misterioso impresario teatrale, pregandola, come al solito, di non farne parola con nessuno. Virginia, entusiasta della proposta, mantenne il segreto e il 30 Settembre 1940 si recò a casa della donna dove, raccontò Leonarda, «Finì nel pentolone, come le altre due. La sua carne era grassa e bianca, quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose accettabili. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i pasticcini furono migliori del solito: quella donna era veramente dolce». La cognata dell'ultima vittima, insospettita per la sparizione improvvisa della parente, vista entrare in casa della Cianciulli, ne denunciò la scomparsa al questore di Reggio Emilia, il quale, seguendo i numerosi indizi lasciati dall'omicida, arrivò alla "saponificatrice". Sottoposta a interrogatorio la donna confessò senza resistenze i tre omicidi. La Corte stabilì che Leonarda Cianciulli era l'unica responsabile di quei turpi crimini e la condannò a trent'anni di carcere e a tre anni di manicomio. Morì nell’ospedale psichiatrico giudiziario per donne di Pozzuoli, il 15 Ottobre 1970, stroncata da apoplessia celebrale. A chiunque si domandi il motivo di tutta questa sua ferocia la risposta è che lei pensava di essere stata colpita da una maledizione la quale pensava di potersene liberare offrendo in cambio dei sacrifici umani. (FONTE- SERIAL KILLER)

 
 
 

SENTINELLE DORMONO (CROCE DI TOLA)

Post n°5 pubblicato il 11 Febbraio 2008 da sciogli_i_cani

LINK PER ASCOLTARE LA CANZONE DEL SERIALE E/O SCARICARLA:

http://profile.myspace.com/index.cfm?fuseaction=user.viewprofile&friendid=230968279

SENTINELLE DORMONO (TESTO)

Non ricordo cosa dissi per convincerti

che avevi bisogno di me…

L’espressione, i silenzi, i respiri…

inarrestabile.

Poi tu, con gli occhi tristi,

speravi ancora di fermarmi.

Non ne avevi mai visti

d’uomini come me…

Non ricordo se eri bella, una donna

o un topo in trappola…

l’eleganza dei tuoi gesti a cena

in mostra stupida…

Tu, visibilmente

sicura di una via di fuga,

maestra in opinioni,

feste e mondanita’…

No, non mi domandare

se ti ho capito se t’amo gia’…

No, non aprire bocca se ti vuoi salvare…

conserva il fiato per urlare.

Dormono le sentinelle sulla porta.

Dormono… capire cosa importa…?

Non ricordo i tratti forti del viso

che il trucco maschera.

L’incoerenza, artificiosa distanza

tra donna e femmina…

Tu, tardivamente

svuotata d’ogni distrazione,

languidamente oscena,

livida vittima….

No, non mi domandare

se ti ho capito se t’amo gia’…

No, non aprire bocca se ti vuoi salvare…

conserva il fiato per urlare.

Dormono le sentinelle sulla porta.

Dormono… capire cosa importa…?

Dormono le sentinelle sulla porta.

Dormono… capire cosa importa…?

 
 
 

CI ERAVAMO SCORDATI DI LUI...

Post n°4 pubblicato il 30 Gennaio 2008 da sciogli_i_cani
Foto di sciogli_i_cani

(NEL POST PRECEDENTE AVEVAMO INDICATO L'UOMO SBAGLIATO COME PEGGIOR SERIAL KILLER RUSSO DEL 900. PRIMO NON ERA RUSSO, MA UCRAINO, E POI... QUESTO QUI DOVE LO METTIAMO?)

 
 
 

DALLA RUSSIA CON ORRORE...

Post n°3 pubblicato il 26 Gennaio 2008 da sciogli_i_cani
Foto di sciogli_i_cani

Il più spietato serial killer della Russia di questo secolo. Chikatilo nasce il 16 Ottobre del 1936, nell'Ukraina. Da piccolo, ad Andrei Chikatilo e a sua sorella fu ripetutamente raccontato come il loro fratello, Stepan, fu sequestrato e in seguito mangiato, durante la grande fame dell’Ukraina del 1930. Infatti i certificati di nascita e di morte di Stepan Chikatilo sono inesistenti, non ci sono prove che fu mai esistito. La madre di Chikatilo fu però così convincente nel raccontare questa storia, quasi in un delirio isterico, che i suoi figli furono convinti che lei dicesse il vero. Se già la sorte di suo fratello non fosse stata una tragedia terribile da sopportare, Andrei crebbe anche miope, mezzo cieco già dalla giovinezza, e soffrì una disfunzione sessuale dall’inizio dell’adolescenza che lo rese impotente. Anche se si sposò nel 1960, e diventò padre di due bambini, Chikatilo persisteva nel credere che fu accecato e castrato apposta dalla nascita, una condizione che più tardi gli provocò delle fantasie di violenta vendetta. Laureato e membro del partito comunista, fino dai suoi primi giorni di servizio militare, andò a insegnare a una scuola maschile di minatori a Rostov nel Don. Dall’inizio del suo lavoro, fu deriso dai ragazzi che lo chiamavano Oca, per via del suo collo lungo e della sua posa sempre scomposta. Più tardi, dopo che cominciò a molestare gli studenti, lo chiamarono "finocchio", assalendolo alcune volte quando entrava nei dormitori per spegnere le luci. Malgrado la sua statura e la sua età, Chikatilo si impaurì dei ragazzi e cominciò a portarsi dietro un coltello. Andrei Chikatilo sviluppò le sue deviazioni in ritardo rispetto alla norma dell’ assassinio seriale. La maggior parte dei serial killer infatti, cominciano a fare delle vittime verso i venti anni, ma Chikatilo uccise per la prima volta quando aveva già quarantadue anni. La sua prima vittima fu una bambina di nove anni dal nome di Lenochka Zakotnova, la portò in una casa vuota a Shakhty, dove, dopo avere tentato invano di violentarla, l’ammazzò dandole tre coltellate e buttando il suo corpo nel fiume Grushovka. La bambina fu poi trovata sotto un ponte impigliata ad un ramo nella vigilia di Natale. La polizia sospettò di un violentatore locale, Alexander Kravchenko, che all’inizio rifiutò di ammettere di aver ucciso la ragazzina, ma nel a febbraio del 1979, dopo che sua moglie fu persuasa a testimoniare contro di lui, confessò di aver ucciso la bimba. Inizialmente fu condannato alla di morte, ma più tardi la sentenza fu tramutata in quindici anni di prigione. In seguito, dopo varie proteste da parte della famiglia Zakotnova, venne riaperto il processo a carico del Kravchenko, che ripristinò la prima condanna. La pena di morte fu eseguita nel marzo del 1982. Kravenchko fu fucilato nel luglio del 1983, chiudendo il caso della prima vittima di Andrei Chikatilo. Trascorsero tre anni prima che Chikatilo colpisse ancora. Nel frattempo, Andrei fu licenziato per aver molestato degli studenti, ma la sua funzione di socio nel partito l'aiutò, in quanto gli venne offerto un altro lavoro in una fabbrica a Shakhty. In quel periodo, era sempre in viaggio sia in auto, che in treno, e questo lo aiutò molto nel cercare e uccidere le sue vittime. Chikatilo aveva bisogno di tempo per formarsi e gradualmente passare da i rare, sporadiche uccisioni, a gli omicidi sempre più frenetici e folli degli anni a venire. La sua seconda vittima fu una 17enne di nome Larisa Tkachenko. La ragazza quel giorno marinò la scuola, Chikatilo la convinse ad andare con lui nei boschi a fare l’amore. Lei fece il grave errore di ridere della sua impotenza nell’atto sessuale, così Chikatilo la strangolò, mordendole dopo la morte, la gola, le braccia e i seni, ingoiando uno dei suoi capezzoli, dopodiché spinse un bastone nella vagina. Non ci furono, anche in quel caso, nessuna evidenza e nessun sospetto nei suoi confronti. Chikatilo fece la sua terza vittima, il 12 giugno del 1982. Lyuba Biryuk di dodici anni, la bambina, fu adescata dal villaggio di Zaplavskaya nei boschi, per ucciderla le diede almeno quaranta coltellate, le sue ferite includevano mutilazioni degli occhi, che poi diventarono il suo biglietto da visita. Oltre un anno passò prima che il cadavere della ragazza venisse trovato nel luglio del 1983. Nel frattempo, Chikatilo fece altre tre vittime prima della fine dell’anno, incluso la sua prima vittima maschile, Oleg Podzhidaev, di nove anni. Il cadavere di Oleg non fu mai trovato, però sappiamo dalla confessione di Chikatilo che il bimbo fu castrato del suo organo. I suoi genitali furono portati via dal posto dell’omicidio, e questo diventò un’altra firma dei suoi delitti. Il fuggevole Shelter Belt Killer, così chiamato per la frequenza delle vittime che furono trovate squartate qua e là per i boschi, sulle linee ferroviarie, ecc. Cominciò a uccidere più freneticamente nel 1984, con quindici vittime trucidate fra gennaio e settembre. Mentre questi massacri erano in progressione, il 22 Febbraio del 1984, Chikatilo fu accusato di aver rubato un rotolo di tela cerata da luogo di lavoro. Sette mesi dopo, con quel caso ancora in sospeso, fu arrestato per comportamento indecente in pubblico, dopo che la polizia lo vide molestare alcune donne alla stazione dell’autobus a Rostov. Per quell’accusa fu imprigionato per quindici giorni, ma restò in prigione per tre mesi, mentre gli investigatori lo interrogarono incessantemente al riguardo degli omicidi di Shelter Belt. Siccome il suo tipo di sangue (A) non corrispondeva a quello dello sperma trovato sui cadaveri, non fu più sospettato, ma a dicembre del 1984, Chikatilo venne finalmente condannato per aver rubato la tela cerata. Fu condannato a un anno di galera, ma un giudice, che lo aveva preso in simpatia, gli diede un poco di credito, quindi Chikatilo fu liberato immediatamente. Il macabro gioco continuò, cadaveri apparivano in tutta Rostov e dintorni, altre vittime furono ritrovate persino a Tashkent. In quel periodo Chikatilo arrivò al culmine della sua follia. A un certo punto, un gruppo di uomini, tutti ritardati mentali, confessarono di aver commesso quegli omicidi e gli investigatori presero in considerazione queste testimonianze così contraddittorie, facendo guadagnare tempo a Chikatilo. Quando Andrei Chikatilo fu nuovamente arrestato, a Novocherassk, il 20 novembre del 1990, a sua volta finalmente confessò i suoi orribili crimini nei minimi dettagli, elencando un totale di cinquantadue vittime, portando la polizia nei luoghi degli omicidi dove ricostruì le scene dei crimini commessi con l’aiuto di manichini. Chikatilo ebbe, subito dopo questo periodo, un cambiamento di comportamento, passando da una freddezza calcolata, a una evidente follia mistica. Quando il processo per gli orribili omicidi commessi, fu aperto nel 1992, negò con forza le sue responsabilità ma le confessioni precedentemente registrate, gli impedirono di ritrattare. Fu condannato a morte dalla giuria, e venne giustiziato nella prigione di Mosca il 16 febbraio del 1994. (FONTE - SERIAL KILLER)

 
 
 

CONTINUARE CON LUI E' D'OBBLIGO...

Post n°2 pubblicato il 23 Gennaio 2008 da sciogli_i_cani
Foto di sciogli_i_cani

Vlad Dracul III, conosciuto anche come Vlad Ţepeş (si legge: Tse'pesh) o Vlad l'Impalatore, fu, a più riprese, principe di Valacchia: nel 1448, dal 1456 al 1462 ed infine nel 1476. Nacque a Sighişoara, in Transilvania. Grazie al suo dominio, il principato di Valacchia riuscì a mantenere la sua indipendenza dall'Impero Ottomano. La crudeltà nei confronti dei prigionieri gli valse il soprannome di Dracul, che in Rumeno significa "diavolo", ma fu anche detto l'Impalatore. In lingua rumena Dracul significa diavolo e Dracula significa figlio del diavolo. I racconti sulle sue gesta crudeli hanno dato progressivamente origine a un filone letterario molto fortunato. Il romanzo Dracula di Bram Stoker, con le numerose versioni cinematografiche, ne sono esempi. Vlad III Dracula nacque nel novembre o dicembre 1431, nella fortezza di Sighişoara, in Transilvania, che occupava i territori al centro dell'attuale Romania. Nell'inverno del 1436-1437, Vlad II, suo padre, divenne Principe di Valacchia, principato a Sud della Transilvania, e prese residenza nel Palazzo di Târgovişte, la capitale. Nel 1442, per motivi diplomatici, Vlad III ed il fratello minore Radu furono dati in ostaggio al Sultano Murad II: Vlad III rimase prigioniero in Turchia fino al 1448, mentre il fratello Radu fino al 1462. Questo periodo di prigionia probabilmente giocò un importante ruolo nel carattere di Vlad III. Nel 1447 i Turchi lo liberarono, informandolo della morte del padre Vlad II per mano di Vladislav II, un altro pretendente al trono di Valacchia. A Vlad venne anche detto di come il suo fratello maggiore Mircea fosse stato torturato e, infine, bruciato vivo a Târgovişte. All'età di 17 anni, Vlad III Dracula, appoggiato dalla cavalleria turca e da un contingente del Pascià Mustafa Hassan, tentò un colpo di stato, ma Vladislav II lo sconfisse solo due mesi dopo. Per salire al trono di Valacchia, Vlad III dovette aspettare il 10 agosto 1456, quando riuscì finalmente a uccidere il suo nemico. Iniziò quindi il suo più lungo periodo (sei anni) alla testa del principato. Il suo strumento di tortura preferito era l'impalamento. Adottò questo metodo dai turchi, adattandolo alle sue più specifiche richieste: creò metodi diversi per impalare le donne incinte, i bambini, i ladri, i vecchi, i guerrieri nemici, gli ambasciatori del Sultano, i traditori. I ricchi venivano impalati stendendoli più in alto di degli altri, o facendo ricoprire l'asta d'argento. Per i mercanti fece incidere delle tacche sull'asta, il cui ruolo sarebbe dovuto essere quello di aumentare il tempo dell'agonia. Una registrazione dell'epoca, narra che durante un pasto dopo la battaglia, Dracula ricevette la visita di un cronista dal Vaticano. L'uomo si rivolse al Principe dicendo : "Come fate a mangiare qui, mio Signore? L'odore è insopportabile". Dracula ordinò a una guardia di impalare quell'uomo al di sopra degli altri, di modo che non avrebbe sentito l'odore dei moribondi sotto di lui. Nella città di Sibiu, nel 1460 Dracula fece impalare 10.000 persone, e cosparse alcuni corpi con miele per attirare ogni tipo di insetto. Nel 1459, durante il giorno di San Bartolomeo, a Braşov, Dracula fece invitare a palazzo alcuni mercanti che avevano mostrato odio e disprezzo nei confronti della sua persona. Decise di farli saziare di cibo e, quindi, fece sventrare il primo e obbligò il secondo a mangiare ciò che il collega, ormai senza vita, aveva nello stomaco. L'ultimo mercante venne fatto bollire e la sua carne fu data in pasto ai cani. Nel 1461 un ambasciatore del Sultano turco arrivò nel palazzo, si prostrò ai piedi di Vlad III, ma non si volle togliere il turbante perché rappresentava il simbolo della propria religione. Dracula, irritato da quel gesto, ordinò di inchiodare il turbante alla testa dell'ambasciatore. Morì sul campo di battaglia. Molte sono le ipotesi su dove sia finita la sua salma. Alcuni pensano sia stata bruciata, altri pensano sia stata fatta a pezzi ed esposta a Istanbul, per alcuni il corpo è stato ritrovato in una tomba di una cappella nella città di Snagov: sembra che tutte le mattine un gruppo di monaci dedichi delle preghiere a quella tomba con lo scopo di "farlo stare buono". (FONTE- SERIAL KILLER)

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 22/01/2008
 

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