Creato da: mariomato0 il 13/10/2005
Il binario superiore per la salvezza

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Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 13 Ottobre 2005 da mariomato0
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Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 13 Ottobre 2005 da mariomato0

                                         

 

 

 

 

             IL  TESTO  DEI  SERPENTI

 

 

T   S     1.11

 

 

Come l’alba è segno di mutevolezza nel tempo per il nuovo giorno, così la vita di ogni creatura è il segno dello eterno esistente che non muta e non cambia se non nelle sue sembianze umane, e che non muore, mai, se non nell’uomo che lo rifiuta. Come ogni uomo è l’istinto per la vita, così l’essere è la vita per l’uomo, per cui l’uomo vive e da cui l’uomo

scaturisce, poiché non c’è vivente che possa proferire parola che non abbia il bene che  l’essere supremo abbia  posto in questa creatura. Non è l’uomo simile a Dio essere supremo, è Dio che pone nell’uomo la sua  somiglianza con l’uomo. L’uomo è il frutto dell’attento amore della volontà divina per la vita della specie umana, unica beneficiaria del suo bene. Con tutto quello che l’uomo può considerare su di sé stesso, l’uomo non potrà comprendere la verità senza Dio, poiché l’uomo escludendosi da Dio verità  sarà solo un osceno vivente che si esclude da sé stesso e dalla verità per inseguire la falsa attitudine a confrontarsi con tutto quello che  questo non è. Con ogni probabile indizio a manifestarsi come unico dominatore del creato l’uomo si inorgoglisce e proclama la superiorità a tutte le cose onde potersi includere anch’egli nelle cose dominate per poter escludere tutto ciò che l’uomo non può dominare e dichiararlo estraneo e non confutabile e fuori del reale senso della condizione vivibile, per così concludere ogni preclusione nei confronti di tutta la  verità  che questo uomo non conosce poiché non ha capacità intellettiva di comprendere. Se ogni uomo fosse più disposto a comprendere per capire ciò che non conosce, sarebbe più prossimo a ottenere lo stato che non ha  per servirsi di questo stato per tutto quello che  può bramare in vita per sé stesso e per coloro che credono nella verità assoluta. Ma non è l’uomo che si dispone contro Dio verità che farà della creatura prediletta nel creato, una creatura favorevole alla vita che sarà, poiché questa scimmia umana non ha la facoltà intellettiva a creare una condizione favorevole alla vita stessa, poiché questa scimmia ha l’immane fattezza della condizione per compiere il ruolo che compete a chi ha in  considerazione la supremazia del primato della condizione vera e reale della verità che solo Dio ha e che dispone che l’uomo segua nel suo cammino verso la sacra condizione di  immutabilità del visibile nell’invisibile. Come l’uomo ha in sommo grado considerazione per la qualità della sua condizione, così Dio ha per l’uomo in somma considerazione la completa immutabilità della condizione umana che si evince solo riconoscendo colui che è per l’uomo e rendendo a colui che è ciò che ha nell’uomo. Con ogni modo l’uomo si allontana da Dio  mosso dalla condizione di legame all’elemento primordiale che consente a questo uomo  di avvincersi al cospetto di tutto quello che si pone contro Dio che comanda e dispone la  irrevocabile condanna dell’uomo amanifestarsi all’uomo come contrario a sé stesso e alla

 creatura umana. Così l’uomo non solo si esclude dalla verità, Dio, ma si esclude anche  dalla realtà della vita, ponendosi contro di essa e ostentando una falsa aspettativa per essa, pur considerando la sua contrarietà in essa. Così costui è informato medianicamente da tutte le entità contrarie che sono la contrarietà primitiva all’essere supremo, che si scagliano contro questo uomo e lo possiedono costringendolo a immani conflitti  interiori e razionali che gli permettono di allontanarsi dalla scelta libera e di disporsi in contrarietà con la verità che essi riconoscono. Non può l’uomo liberarsi da questo possesso con le sue misere   forze, poiché le entità superiori all’uomo, sono in opposizione contraria alla realtà umana, per cui ogni tentativo può risultare vano fino a quando la verità, Dio, non muta tale   condizione dell’uomo, in conflitto permanente contro tali entità che possono essere sconfitte solo con la libera volontà umana che si dispone in senso opposto e contrario a ciò che ha  provocato il possesso atteso e voluto. Attendere o indurre tali entità al possesso del  proprio corpo o della  propria vita é una orrenda scelta che pone l’uomo in una condizione oscena nei confronti delle altre creature e che fa sì che queste si dispongano in  modo da  favorire tale possesso, per cui ogni convinzione diviene una certezza poiché questi demoni posseduti  si servono esclusivamente di ogni attività umana per esprimere la propria condizione di esclusi da Dio, per cui ogni creatura può dichiarare la sua

 diversità da questi uomini contro Dio che aspirano al dominio del male che è contro il bene  e che pone costoro a nemici dell’uomo e suoi carnefici, pochè costoro esprimono il  proprio  volere contrario alla creatura eliminando ogni legame con la vita per poter rispondere alla  folle invocazione demoniaca che si serve solo della mente umana, e che la assoggetta e la costringe a piegarsi ad ogni folle desiderio. Questo è l’uomo e Dio lo scruta amorevolmente, poiché è debole e se non viene posseduto è schiavo della sua condizione di uomo legato al vincolo primordiale.  

 

 

 

 

 

 

 

T   S          1.12

 

 

Ora che è il tempo di riconoscere tutto ciò che l’uomo esclude dalla sua vita, sarà rivelata  la suprema volontà dell’altissimo sovrano che regna potente su tutto il creato, poiché ogni condizione che scaturisce dalla suprema volontà divina non sarà mai esclusa da essa, poiché il supremo volere è per ogni bene nel creato e non per ogni male del creato. Per questo l’uomo non può sottrarsi dal comune senso della volontà, poiché è questa che dispone per  l’uomo ogni bene che prolifica ogni sacrificio per la salvezza dell’uomo da ogni prescrizione alla condanna e tutto per la gloria di Dio nel visibile che si esprime in virtù della operosità  della creatura umana. Cancellare dall’uomo ogni macchia di immane sapere contro Dio è il primo comando che l’eterno dispone per l’uomo, onde evitare orribili conseguenze che sarebbero causate dalla folle opposizione dell’uomo alla sapienza di ogni creatura di Dio . Se tutto quello che l’uomo desidera per sè stesso è in sintonia con il volere divino ogni conoscenza sarà disposta da Dio per l’uomo, poiché è Dio che ispira il soffio geniale e l’uomo non può colmare di onore e gloria ciò che non è, poiché ogni conquista dell’uomo è il successivo riscontro della volontà di Dio che ordina per l’uomo ciò che l’uomo non può essere. Per confrontare la suprema ispirazione divina con l’operosità umana deve essere considerato dall’uomo la sua incapacità a prevedere possibili sviluppi nella natura che  l’uomo ha, poiché ogni deviazione a questa condizione umana è sopraffatta dalla superiore ordinanza ad uno stato in cui l’uomo non accede se non riconoscendo la suprema volontà  da cui tutto scaturisce e che l’uomo non vuole riconoscere per colmare sé di ogni onore e gloria. Questa è la condizione di estrema costrizione che l’uomo provoca contro Dio, poiché egli non solo così si allontana dal creatore ma si illude di esserlo egli stesso.

 Per questo ogni uomo non solo è solo e disperso nella sua misera condizione di finito senza  Dio; ma  non  può considerare tutta la grandezza di ciò che insegue, illudendosi di procurare a sé stesso ogni bene in virtù della sua conoscenza fine a sé stessa .Condizione essenziale per l’uomo è il divenire per poter ricondurre nello stato tutto quello che l’uomo ha operato per promuovere la sua vita a condizione ultima ed immutabile, per poter infine accedere  nello stato in cui ogni condizione viene nuovamente ingigantita per poter essere riformata  alla condizione del visibile nella vita. Così l’uomo che ostenta grandezza in vita è la vittima  di una artificiosa e volontariamente accettata illusione di certezza e realtà che culmina nel suo atteggiamento di unico dominatore delle cose che l’uomo considera per cui questo uomo non condivide che grande importanza per cui è dominato egli stesso e a cui si applica con grande accanimento, per soccombere in esse e perdervi ogni ragionevole attitudine a confrontarsi con la verità che è al di sopra della realtà poiché tutto ciò che l’uomo considera per la realtà del visibile è una aspettativa della verità assoluta, che domina, sovrana, tutto e tutti. Con ogni modo l’uomo si oppone contro alla verità, e questo lo pone non già al di sopra delle cose ma avvinte in esse per cui questo uomo perde ogni orientamento e si  abbandona con insensata volgarità alla condizione estrema di perduta conoscenza del  reale svolgimento della sua vita per conseguire una condanna orrenda che lo affligge in tutto ciò che ha accolto come verità. Questa condanna allontana l’uomo da ogni percettibile accettazione alla verità, per questo uomo, coscientemente, si esclude, anche oltre la vita, al tutto in Dio, per restare fuori della realtà della verità che si esprime oltre la vita nella  vita  eterna in cui ogni realtà del visibile viene coscientemente rigenerata nello stato assoluto da cui ogni cosa scaturisce, per volontà divina, nella vita per l’uomo.    

 

 

 

 

 

 

T   S            1.13

 

 

Ogni considerazione sulla condizione umana è riportata alla consapevolezza di considerare la vita per ogni uomo a sviluppare con maggior efficacia la propria suscettibilità a ogni  verità  rivelata, per opporsi a quella condizione estremamente labile e sciagurata che si oppone alle verità rivelate, anche singolarmente per ogni uomo, e che l’uomo rifiuta come attrazione o disillusione di una immaginazione fantastica scaturita da illaziose rappresentazioni che ogni cultura apporta alla società definendola come religione. Con questa opposizione alla  verità  rivelata l’uomo si esclude quindi dalla stessa cultura che ogni comunità socializzata ha  custodito per offrire alla rivelazione la propria sottomissione culturale. Ma l’uomo che ostenta oscenemente questo rifiuto è colpevole di una dissoluzione che affianca l’uomo alla decadente espressione di efficacia collettiva a produrre la attitudine consolidata ad accogliere ogni verità e a riprendere in forma completamente erronea e falsa la sua attività  intellettiva onde rappresentare ogni sua libera affermazione come veritiera e cautamente  estimativa. La disposizione di tale uomo a rifiutare ogni verità rivelata è il segno tangibile di una deprecabile attuazione del processo invulsivo che questo uomo provoca nei confronti  di intellegibili manifestazioni che l’uomo ha e che egli riconosce come non dimostrabili  poiché fuori della realtà conosciuta. Ma non è  questo il solo modo che l’uomo applica per non considerare la verità rivelata. Un altro modo che l’uomo insegue per non riconoscere  ogni verità è la considerazione che questo uomo intellettuale o contrario per mentalità , ha operato in sé stesso per porsi al di sopra di tutto ciò che non riconosce. Questa ostentata presunzione di superiorità nella realtà è la condizione preliminare che l’uomo accoglie per eseguire nella propria condizione la suprema affermazione di sé stesso come unica realtà, riducendosi ad ogni possibile atteggiamento irreale e contrario, alla vera verità assoluta.

Pertanto se questo uomo che ostenta tanta sicurezza di se stesso non viene raggiunto da  questa azione contraria che si acclama come volontà  divina è perché tutta la verità si  esclude da questo uomo, divenendo costui, uomo solo per se stesso, e così , riducendo la sua vita ad una sua sola condizione effimera che non apporta benefici se non alla sua effimera natura di vivente. Qusto uomo che si esclude dalla verità non può dubitare sulla sua realtà , ma può dubitare sulla verità che non vuole riconoscere.  Pertanto il suo dubbio, non dimostrabile poiché esclusa da questo uomo, è perfettamente indisponibile alla fede e  pertanto la condizione è superata dalla costrizione di costui a dischiudersi in se

stesso contro gli altri e contro Dio. Ogni uomo manifesta questa esclusione dalla verità con  ogni ostentata attrazione per le proprie  attitudini materiale; considerando solo queste ostenta una ragionevole sicurezza delle proprie scelte, riducendo queste alla condizione di non opportuna conformità con le azioni causate da indigente avversione verso tutte

le razionale scelte che lo spingono a opporsi alla verità  rivelata e originariamente percepita nella assolutezza della sua visione. Ma tutto questo è non solo in opposizione contraria alla  volontà divina, ma è anche contraria alla affermazione di questa volontà nella comunità sociale umana, per cui ogni rifiuto della verità rivelata, da parte di interi popoli o nazioni, suona come affermazione della completa estraneità di questo popolo alla universalità del  messaggio rivelato, per cui questo popolo è per se stesso artefice di opposizione contraria  della umanità intera, così da valutare arbitrariamente la propria condotta in funzione dei  propri bisogni. Questa applicazione intellettuale alla condizione collettiva genera importanti  discordanze nella accettazione di una visione interna della propria intimità per cui il soggetto  è disposto a considerare i propri bisogni come reale necessità per ricondurre la propria  attività alla comune attitudine a non intraprendere operazioni collettive per imporre il  proprio volere per ogni attività illecita e pregiudicante una alienazione dai comuni atti.

 

 

 

 

 

 

 

 

T   S          1.14

 

 

 8 Otto è il segno di colui che ha la facoltà di orientarsi secondo il volere di Dio eterno. Non è il simbolo della fede, ma è il simbolo di colui che è nell’uomo per cui Javhè dispone che sia fatta la volontà sua poiché chi parla con la sua lingua è l’eletto che Dio ha. Non è un simbolo comune, ma unico, per cui l’eletto ha in sé ogni bene e tutto Dio ha posto in costui poiché questo uomo ha  riconosciuto ciò che mai nessun uomo può riconoscere in sé. Quello che ha la facoltà di disporre di questo simbolo è l’eletto inviato, poiché chi può riconoscere Dio in sé se non chi ha Dio per sé. Non ci sono uomini che possano tanto se non uomini di Dio, che hanno la potenza di porsi nel tutto per avere ciò che bramano per tutti. Quello che l’uomo non riconosce è riconosciuto dagli eletti, poiché chi ha Dio in sé è l’eletto che Dio ha. Tutto ciò che Dio dispone per l’uomo è il suo bene. Tutto quello che l’uomo brama è Dio. Ogni uomo considera ciò di cui ha bisogno. I bisogni dell’uomo nascono dai suoi desideri e i desideri dell’uomo sono le risorse che l’uomo ha per sé e che non riesce a conquistare se non con la impotenza della sua condotta appassionata per tutto ciò di cui dispone e che non sa riconoscere che come breve godimento ai suoi desideri. Tutto quello che l’uomo desidera è la sua partecipazione all’effimero godimento della  sua  necessità di possesso, per cui questo uomo approva come conveniente ciò che provoca assuefazione ai suoi desideri. La matrice della imposizione di un tale comportamento è da considerare nella riprovata attività intensiva,  nell’uomo, a comunicare i suoi desideri a tutti  coloro che possono contribuire al raggiungimento di tale scopo. Pertanto l’uomo ha partecipazione diretta alla sua imposizione totale per la conclusione di una tale affermazione dei suoi desideri per i suoi bisogni, per cui ogni tentativo di modificare o arrestare una tale condotta provoca nell'uomo una reazione istintiva, che gli procura dolorose astrazioni, fuori dalla razionalità, per cui egli si oppone alla affermazione di ogni cosa che cerchi di  modificare il suo raggiungimento. Così l'uomo non solo é ostile ad ogni attività che ostacoli  il percorso stabilito, ma si oppone aggressivamente, ad ogni opposizione a conquistare una tale attività emotiva, per cui egli si abbandona completamente a sé stesso per godere di  ogni condizione, che provochi un adattamento, anche intimo, in tale affettività. Non può l’uomo, razionalmente, sottrarsi a questa condizione a cui è vincolato dalla sua attività mentale, poiché ogni manifestazione della chiarezza affettiva verso i propri desideri  è  condizione privilegiata a esporsi personalmente ad ogni ostacolo, per cui ogni desiderio represso ingenera un progressivo deterioramento della passività emotiva nei confronti di ciò che si desidera per cui ogni capacità intellettiva viene offuscata dalla istintiva  predisposizione al conseguimento del bisogno. Se questa è la prassi seguita

dall’uomo che non riconosce questo suo limite e che ingenera in esso ogni forma di  astrazione dalla facoltà astratta nella realtà vissuta, questo non può che considerare ben poco di tutto ciò che potrebbe avere, non solo per sé stesso, per cui egli potrà solo  ingenerare negli uomini una affermata disponibilità alla possessione del vissuto contro una affermata certezza di  acclamata esistenzialità nelle cose. La differenza tra queste due affermazioni sta nella completa disponibilità di una sola di esse all’orientamento  conseguente una condizione finale di eccelsa accettazione di ogni possibile affermazione di eccelsa operosità del divenire nel vivere oltre ciò che si è stati, per cui ogni desiderio cessa  poiché il bisogno è la bramosità di riconoscersi per ciò che si è e non per ciò che si  ha , per cui ogni abuso di indifferente affermazione contraria si muta in oscena operosità decaduta nel comune aspetto esteriore e fine a ciò che si ha.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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Post N° 1

Post n°1 pubblicato il 13 Ottobre 2005 da mariomato0
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