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Aharon Shabtai "POLITICA"


Rosh ha-ShanahNeanche dopo l’omicidio del piccolo MuhammadA Rosh ha-ShanahLa carta si è fatta nera,Nei giorni in cuiI franchi tiratori si lavano la divisaIo mi metto su una pasta,Verso dell’olio d’olivaCi faccio rosolare delle bacche di gineproCucino il tutto per un paio di minutiAggiungo qualche pomodoro essiccato,Dell’aglio tritato, e un pugno di erbe aromaticheE mentre mangio appareIn tivvù il nostro dottor ministroDegli affari esteri e della polizia,E appena finisceIo mi metto a scrivere una poesia,Perché è sempre stato così,Gli assassini uccidonoL’intellettuale si vantaE il poeta canta.(da “J’Accuse”, 2001)Questo StatoQuesto Stato messo su da cooperative di lavoratori e pionieri.Questo Stato nato accanto a una fetta di pane e marmellata.Ora viene venduto come salsiccia a uomini d’affariE accaparratori di capitale.Domani dopodomani questo capitale se ne andrà, tra tre giorni Sarà come se non ci fosse mai stato.Nel frattempo i privatizzatori accumulano titoli e si lavanoIl culo nello champagne.Quanto ai privatizzati, alcuni saranno poliziotti o mercenariAl servizio di imprenditori assicurativi,Altri saranno cacciati di fabbrica, licenziati, faranno scioperi.E la sera rivedranno se stessi in tivvù:Chi dalla parte dei picchiatori, chi da quella dei picchiati.(da “J’Accuse”, 1997)Aharon Shabtai "Politica"  Multimedia Edizioni. Poesie tradotte dall'ebraico da Davide Mano