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IN ITALIA CHIUDE UN NEGOZIO OGNI 10 MINUTI CHIUDE UN'AZIENDA OGNI 30 MINUTI E CHIUDE UN CENTRO COMMERCIALE OGNI DUE ORE

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Avv. Simone Fazzari 

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E' la durissima realtà tracciata da Unioncamere, che fornisce i numeri della crisi italiana. Sono 364.972 le chiusure nel 2012, +24mila rispetto al 2011 a fronte di 383.883 aperture. Si tratta del valore più basso degli ultimi otto anni


Mille imprese chiuse ogni giorno nel 2012. E' la durissima realtà tracciata da Unioncamere, che fornisce i numeri della crisi italiana. Sono 364.972 le chiusure nel 2012,  +24mila rispetto al 2011 a fronte di 383.883 aperture (il valore più basso degli ultimi otto anni e 7.427 in meno rispetto al 2011). Sebbene il saldo tra entrate e uscite sia positivo per 18.911 unità, si tratta comunque del secondo peggior risultato dal 2005 e vicino, dopo due anni di recupero, al 2009, l'anno peggiore della crisi.

Se si considerano le cancellazioni delle imprese ormai non operative da più di tre anni, al 31 dicembre dello scorso anno lo stock complessivo delle imprese esistenti ammontava a 6.093.158 unità. Perde l’industria manifatturiera (-6.515 imprese), trascinato dalla forte contrazione dell'artigianato, che chiude l'anno con 20.319 imprese in meno, quello delle costruzioni (-7.427) e dell'agricoltura (-16.791).

Il maggior numero di saracinesche abbassate è al Nord, senza considerare la Lombardia, che perde complessivamente circa 6.600 imprese. Giovani under 35, immigrati e donne, attività del turismo, del commercio e dei servizi alle imprese e alle persone sono le tipologie di imprenditori e i settori di attività che, nel 2012, hanno consentito di mantenere in lieve attivo il bilancio anagrafico delle imprese italiane.

Numeri allarmanti, che non sono nuovi. Era già successo nel 2009, così come nel 2007 e 2008, ma in quegli anni le nuove iscrizioni avevano abbondantemente superato le 400mila unità e pertanto il saldo finale positivo era molto più consistente: a fronte del +0,31% dello scorso anno, nel 2007 si registrò un +0,75% e nel 2008 un +0,59%.

 

Avvocato Simone Fazzari 

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In Italia si suicida un disoccupato al giorno.

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Avv. Simone Fazzari 

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E’ in prevalenza la mancanza del lavoro o comunque di qualche prospettiva economica la ragione del dilagare dei suicidi in Italia, che ormai ogni giorno miete vittime soprattutto tra i disoccupati e tra i cosiddetti "esodati", tra coloro cioè che anche per ragioni anagrafiche nutrono meno speranze di altri di trovare un’altra occupazione. A livello territoriale, al di là delle ragioni più strettamente legate al lavoro, è il Centro-Nord a detenere il triste scettro dei casi di suicidio, con la Lombardia al primo posto. Il fenomeno dei tanti che quotidianamente compiono il gesto estremo è però riconducibile, racconta il Secondo Rapporto dell’Eures (‘Il suicidio in Italia al tempo della crisì), soprattutto alla figura maschile.

Nel 2010 sono stati 362 i suicidi dei disoccupati, spiega l’Eures, il portale europeo della mobilità professionale, superando così i 357 del 2009, che già rappresentavano una forte impennata rispetto ai 270 accertati in media nel triennio precedente. Il numero dei suicidi tra i disoccupati tra il 2008 e il 2010 si attesta complessivamente al 39,2% del totale, salendo al 44,7% tra quanti hanno perso il lavoro. Considerando la sola componente maschile, l’aumento dei suicidi dei senza lavoro appare ancora più preoccupante (da 213 casi nel 2008 a 303 nel 2009, a 310 nel 2010), attestandosi a +45,5% tra il 2008 e il 2010, confermando così la centralità della variabile occupazionale nella definizione dell’identità e del ruolo sociale degli uomini. Ma la crisi si fa sentire soprattutto sui cosiddetti ‘esodati’, vale a dire tra coloro che hanno tra i 45 e i 64 anni, con un incremento del 12,6% nel 2010 rispetto al 2009 e del 16,8% rispetto al 2008.

Ma la disoccupazione, informa l’Eures, è anche alla base dei suicidi nelle fasce di età tra 45 e i 54 anni, aumentati del 13,3% rispetto al 2009, e in quella 55-64 anni (+10,5%); il tutto a fronte di una crescita complessiva dell’8,1%. Tuttavia, come confermano anche le cronache di queste ultime settimane, a sentire il fiato sul collo della gelata economica sono anche gli artigiani e i commercianti. E secondo l’Eures nel 2010 336 tra questi hanno deciso di farla finita (contro i 343 del 2009). Lo studio definisce MOLTO ALTO IL RISCHIO SUICIDARIO in questo ambito: in particolare nel 2010 si sono contate 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 tra gli imprenditori e i liberi professionisti (151 nel 2009), nel 90% dei casi uomini. Secondo la fotografia dell’Eures sono aumentati nel 2010 i suicidi nelle regioni del Centro-Nord; ma a livello territoriale il primato se l’è aggiudicato la Lombardia (con 496 casi, +3% rispetto al 2009), seguita dal Veneto (320, pari al 10,5% del totale, con un aumento del 16,4% sul 2009) e l’Emilia Romagna (278, 9,1%). Più della metà dei suicidi censiti in Italia si verifica in una regione del Nord (1.628 casi nel 2010, pari al 53,4% del totale), a fronte del 20,5% al Centro (624 casi) e del 26,1% al Sud (796 casi). Anche in termini relativi il Nord conferma i valori più alti, con 5,9 suicidi ogni 100 mila abitanti, contro i 5,3 del Centro e dei 3,8 del Sud. Ma è il Centro Italia a registrare nel 2010 la crescita più consistente, con un +11,2% sul 2009, che sale a +27,3% nel Lazio, con 266 suicidi.

 

Avvocato Simone Fazzari 

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DISOCCUPAZIONE RECORD IN ITALIA: NEL 2013 SI RITORNA AL 1997

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Avv. Simone Fazzari 

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Dopo le turbolenze finanziarie e le notizie sulle chiusure della aziende un po' dappertutto è il dato che riguarda l'occupazione a riportare drammaticamente l'attenzione sull'economia reale.
Con il tasso di disoccupazione trimestrale in Italia che ha raggiunto il 12,8%, il nostro paese raggiunge un record negativo che non toccava dal 1977
Con un dato in crescita di 1,8 punti percentuali rispetto a un anno prima, rilevato dall'Istat in base a dati non destagionalizzati, l'Italia vede in crescita sia la disoccupazione maschile che quella femminile per u totale di 3 milioni 83 mila.
Drammatico anche il dato che riguarda la disoccupazione giovanile: tra i 15-24enni le persone in cerca di lavoro sono 656 mila e rappresentano il 10,9% della popolazione in questa fascia d'età. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero l'incidenza dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 40,5%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 5,9 punti nel confronto tendenziale.

Il bollettino Istat:

Occupati e disoccupati
Nel primo trimestre 2013 si accentua la diminuzione su base annua del numero di occupati (-1,8%, pari a -410.000 unità). La riduzione degli uomini (-2,5%, pari a -329.000 unità) si associa a quella delle donne (-0,9%, pari a -81.000 unità). Al persistente calo degli occupati più giovani e dei 35-49enni (rispettivamente -421.000 e -220 mila unità) continua a contrapporsi la crescita degli occupati con almeno 50 anni (+231 mila).
La riduzione tendenziale dell'occupazione italiana (-492.000 unità) si accompagna alla crescita di quella straniera (82.000 unità). In confronto al primo trimestre 2012, tuttavia, il tasso di occupazione degli italiani segnala una riduzione di 1,0 punti percentuali e quello degli stranieri di -1,4 punti.
Nell'industria in senso stretto prosegue la flessione dell'occupazione, con un calo tendenziale del 2,5% (-116.000 unità), concentrato nelle imprese di media e grande dimensione; si accentua la contrazione di occupati nelle costruzioni (-11,4%, pari a -202.000 unità). Dopo la tenuta dei trimestri precedenti, l'occupazione si riduce anche nel terziario (-0,4%, pari a -60.000 unità), interessando quasi esclusivamente gli indipendenti.
Non si arresta il calo degli occupati a tempo pieno (-3,4%, pari a -645.000 unità rispetto al primo trimestre 2012), che in circa metà dei casi riguarda i dipendenti a tempo indeterminato (-2,8%, pari a -347.000 unità). Gli occupati a tempo parziale continuano ad aumentare in misura sostenuta (6,2%, pari a +235.000 unità), ma la crescita riguarda esclusivamente il part time involontario.
Torna a calare anche il lavoro a termine (-3,1%, pari a -69.000 mila unità), cui si accompagna la diminuzione per il secondo trimestre consecutivo dei collaboratori (-10,4%, pari a -45.000 unità).
Il numero dei disoccupati, pari a 3.276.000, è in ulteriore forte aumento su base tendenziale (17,0%, pari a +475.000 unità). L'incremento, diffuso su tutto il territorio nazionale, interessa in oltre sei casi su dieci le persone con almeno 35 anni. Il 55,2% dei disoccupati cerca lavoro da un anno o più.
Il tasso di disoccupazione trimestrale è pari al 12,8%, in crescita di 1,8 punti percentuali rispetto a un anno prima; per gli uomini l'indicatore passa dal 10,0% del primo trimestre 2012 all'attuale 11,9%; per le donne dal 12,2% al 13,9%. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni sale al 41,9% (6,0 punti percentuali in più nel raffronto tendenziale), con un picco del 52,8% per le giovani donne del Mezzogiorno.
Si riduce la popolazione inattiva (-0,8%, pari a -114.000 unità), principalmente a motivo della discesa di quanti non cercano e non sono disponibili a lavorare. Il calo riguarda le donne in tutte le classi di età e gli uomini solo tra 55 e 64 anni.


Occupati e disoccupati (dati provvisori)
Ad aprile 2013 gli occupati sono 22 milioni 596 mila, in calo dello 0,1% rispetto a marzo (-18 mila unità) e dell'1,6% su base annua (-373 mila unità).
Il tasso di occupazione è pari al 56,0%, in calo di 0,1 punti percentuali nel confronto congiunturale e di 0,9 punti rispetto a dodici mesi prima.
Il numero di disoccupati, pari a 3 milioni 83 mila, aumenta dello 0,7% rispetto a marzo (+23 mila unità). Su base annua si registra una crescita del 13,8% (+373 mila unità). La crescita della disoccupazione riguarda sia la componente maschile sia quella femminile.
Il tasso di disoccupazione si attesta al 12,0%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto a marzo e di 1,5 punti nei dodici mesi.
Tra i 15-24enni le persone in cerca di lavoro sono 656 mila e rappresentano il 10,9% della popolazione in questa fascia d'età. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero l'incidenza dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 40,5%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 5,9 punti nel confronto tendenziale.
Il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni aumenta dello 0,2% rispetto al mese precedente (+25mila unità). Il tasso di inattività si attesta al 36,2%, in aumento di 0,1 punti percentuali nel confronto congiunturale e in diminuzione di 0,1 punti su base annua.
Avvocato Simone Fazzari 
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Gli immigrati fuggono dall'Italia in recessione

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Avv. Simone Fazzari 

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L'Italia in recessione fa sempre più paura agli immigrati, che fuggono così verso nuovi Eldorado.
E' questa la conclusione di un'analisi condotta dal Financial Times, che oggi dedica allo Stivale ampi servizi prendendo spunto dalla fresca alleanza siglata tra Silvio Berlusconi e la lega Nord.

Il quotidiano della City nota come l'inversione dei flussi migratori interessi principalmente la comunità cinese, anche se il fenomeno comincia ad essere visibile anche negli altri gruppi stranieri.

"No business, no work", scrive. Allora perché non fare ritorno in Cina, che ormai offre standard di vita qualitativamente buoni per moltissimi cittadini? Qualcuno, scrive il FT, fa rotta in Canada, visto ora più che mai come Terra Promessa.

Qualche italiano contrario all'immigrazione potrebbe tirare un sospiro di sollievo. Ma sbaglia, perché, fa notare il quotidiano inglese, il Bel Paese è sempre più vecchio e gli stranieri, quasi esclusivamente giovani, sono una boccata d'ossigeno per l'economia nazionale.

Da qui all'occasione per dare l'ennesima stoccata all'odiato Berlusconi il passo è stato breve: il Cavaliere, scrive, continua ad appoggiare coloro che credono che gli immigrati rubano il lavoro agli italiani nel disperato tentativo di guadagnarsi i loro voti.

Ma ora la questione non è se appoggiare o meno l'immigrazione: il vero obiettivo dei politici, fa intendere il Financial Times, deve essere quello di portare l'Italia fuori dalla recessione.

 

Avvocato Simone Fazzari 

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LA FIAT FUGGE DALL'ITALIA: TROPPE TASSE E L'ITALIA PERDE 564 MILIONI DI EURO

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Avv. Simone Fazzari 

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La società che costruisce camion, trattori e bus trasferisce la sede in Inghilterra, dove pagherà un’aliquota del 20%, contro il 36% che versa in Italia. Ennesima sconfitta di un fisco asfissiante.

I camion, i trattori e gli autobus della Fiat saranno formalmente “made in England”. In questa maniera la società che li costruisce pagherà le tasse al Cancelliere dello Scacchiere anziché a Fabrizio Saccomanni. La notizia è contenuta nel documento che Marchionne ha depositato alla Sec (la Consob di Wall Street) perché la nuova società sarà quotata a New York. In Italia, invece, non resterà molto. Si chiamerà DutchCo e sarà il frutto della fusione tra Fiat Industrial e la filiale americana Cnh. Conterrà tutta la parte del gruppo torinese (ma chissà se è corretto chiamarlo ancora così) che non è auto. A cominciare, per esempio, dagli autocarri dell’Iveco. “La società- è scritto nel prospetto –intende operare in modo da essere considerata residente nel Regno Unito”.

Per lo Stato italiano una perdita secca di 536 milioni per imposte sul reddito e 28 milioni come Irap. In totale circa 600 milioni l’anno che aumenteranno quando il gelo della recessione sarà placato. La scelta è frutto di un semplice calcolo di convenienza: in Italia la Fiat paga il 36%. La Gran Bretagna invece ha avviato un programma di tagli che porterà l’aliquota sulle imprese dal 30% del 2007 al 20% nel 2015. La concorrenza fiscale funziona anche all’interno dell’Unione Europea e naturalmente vince chi offre le condizioni migliori. Mai l’Italia. Un bel risparmio per un gruppo che fattura 25 miliardi e l’anno scorso ha registrato un utile operativo di 2,1 milioni.

La decisione di Marchionne ha suscitato immediate polemiche. La sede della società non sarà più in via Nizza 250 a Torino ma ad Amsterdam dove già è collocata Iveco. La sede operativa sarà a Basildon, nell’Essex, in Cranes Farm Road. Quindi a incassare le tasse sarà il fisco di Sua Maestà. Il fuoco di fila delle proteste non ha tardato a manifestarsi. Il più deciso, ovviamente, Maurizio Landini che chiede l’immediato intervento del governo per bloccare l’emigrazione. A fargli da sponda il vice ministro dell’economia Stefano Fassina che ha dichiarato il governo “contrario” alla decisione della Fiat. Non tutto il governo a quanto pare. Maurizio Lupi, titolare delle Infrastrutture, si è tenuto ben lontano dalle condanne. “E’ una decisione che deve stimolarci a creare le condizioni affinchè le imprese restino in Italia”.

 Il supermanager  Marchionne si è dimostrato disponibile a specificare che “in ogni caso, DutchCo intende fare in modo che la struttura dei manager e organizzativa sia tale che la società venga considerata residente nel Regno Unito dall’incorporazione, sulla base del trattato fiscale Italia - Regno Unito”.

Il problema non è all’ordine del giorno dell’incontro di oggi tra Cameron e Letta. Né sarà facilissimo sollevarlo in futuro. Tanto più che la partita si gioca tutta all’interno dell’Unione Europea. Perché una cosa sono Valentino Rossi o Giancarlo Fisichella che pur abitando stabilmente in Italia avevano fissato la residenza a Londra o a Montecarlo. Tutt’altra, ovviamente, per un’azienda come la nuova DutchCo che su 68 stabilimenti ne conta appena 14 in Italia. Inoltre sta progressivamente spostando gli investimenti: Stralis, il modello di punta di casa Iveco, sarà fabbricato in Spagna.

Quanto accade per camion e trattori è solo il prologo di quanto accadrà l’anno prossimo con la fusione tra Fiat e Chrysler. La sede sarà Detroit. Per il fisco italiano si annuncia un altro buco piuttosto consistente. Troppe tasse.

 

Avvocato Simone Fazzari 

Simone Fazzari Group

 
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