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OTTAVIA PICCOLO AL TEATRO CON "7 MINUTI": PERCHÉ VEDERLO


      Regia di Alessandro Gassmann per l'opera di Stefano Massini: un grido alla dignità degli operai, che a volte smettono di lottare troppo presto L'opera è scritta da Stefano Massini e si basa su una storia vera accaduta in Francia. La regia è di Alessandro Gassmann. Il ruolo principale è affidato a Ottavia Piccolo. Il resto lo fanno altre 10 attrici (giovanissime e bravissime: Arianna Ancarani, Eleonora Bolla, Vittoria Corallo, Cecilia Di Giuli, Paola Di Meglio, Balkissa Maiga, Stella Piccioni, Silvia Piovan, Olga Rossi, Stefania Ugomari Di Blas) che in due ore e mezza di spettacolo buttano addosso al pubblico, con veemenza, la tragedia attuale della perdita del posto di lavoro e del compromesso continuo a cui i lavoratori (in questo caso operaie, donne, di un'azienda tessile) sono obbligati dalla proprietà dell'azienda in cui lavorano. 7 minuti è il nome dell'opera teatrale che, partita da Bologna il 20 novembre 2014, prodotta da Emilia Romagna Teatro, Teatro dell'Umbria e Teatro del Veneto, sta girando i teatri italiani. Un'unica scena: lo spogliatoio della fabbrica tessile in cui le donne lavorano. Dal tramonto all'alba. Discutono. Devono decidere se firmare o meno la proposta che la proprietà ha fatto loro: non essere licenziate ma rinunciare ciascuna a 7 minuti della propria pausa. 7 minuti su 15. Su di loro una grande responsabilità: rappresentano il consiglio operaio. Decidono per tutte e 200 le lavoratrici loro colleghe. Si apre il dibattito. I toni si alzano. Ognuna motiva la propria decisione. Inizialmente arriva un sì deciso da parte di tutte tranne di Bianca, la rappresentante sindacale più anziana (Ottavia Piccolo) che fa riflettere le altre sul fatto che 7 minuti moltiplicati per ciascuna di loro significano 600 ore di "guadagno" per l'impresa. Oggi vengono chiesti 7 minuti ma domani, chissà... potrebbero chiedere di più. Bianca le invita a riflettere sulla dignità del lavoro, sui diritti acquisiti, sull'importanza di non perderli, sull'esempio nei confronti non solo delle altre colleghe ma di tutto il settore operaio. Tanti i caratteri sulla scena: l'impiegata contro l'operaia, l'immigrata, la romana sbruffona, la bergamasca remissiva, la milanese pratica, la nevrotica, la spaventata, la leader, la "saggia". Ognuna ben definita e ottimamente interpretata. Ben congegnati i momenti di feedback, con la tecnica degli specchi e della proiezione su teloni che improvvisamente nascondono la scena presente per mostrarne una passata. Il finale non lo sveleremo. Basterà dire che la riflessione va oltre la decisione. È un urlo accorato, una supplica a non farsi soggiogare dalle logiche del bilancio e della proprietà. A guardare sempre alla propria storia, al passato, alle vittorie sociali, ai diritti acquisiti con la lotta, la fatica e (a volte) la morte di chi ci ha preceduti. A non accontentarsi oggi per star peggio domani. Ad alzare sempre la voce sicuri che il rapporto di lavoro operaio-proprietà è un do ut des dove il lavoratore non è sempre (e per forza) l'anello debole. Ilaria Molinari Panorama / Cultura / Arte & Idee / Ottavia Piccolo al teatro con "7 minuti": perché vederlo (…)