SICILIA ANTICA

BALLI E POESIA POPOLARE SICILIANA


                                            BALLI E POESIAFra la ricca cultura siciliana, spesso frutto di analfabeti, c'è da ricordare i racconti “li cuntura”, i proverbi, le metafore, le frasi idiomatiche, la gestualità, i balli popolari, la poesia. Nella storia spirituale plurisecolare della Sicilia si trovano le radici dell’animo popolare; in essa si scoprono fantasia e realtà, mondo pagano, musulmano e cristiano, superstizioni e scetticismo, volgarità e cavalleria, l’attruvatura e il fatalismo, mondo antico e mondo moderno: tutto un insieme culturale amalgamato, che costituisce il folclore della Sicilia. BALLI Per quanto riguarda i balli, oltre alla tarantella e alla ballata siciliana, allora erano molto in voga quelli classici: valzer, mazurca, tango, contraddanza. Verso il 1943 (ero ancora bambino), a causa della guerra, eravamo sfollati in campagna in casa d’amici; ricordo ancora molto bene “Aspanu” un giovane contadino che, per passare il tempo, ballava da solo in maniera originale: si toglieva le scarpe e poi eseguiva dei salti in alto e nello stesso tempo incrociando ed allargando le gambe. Il Favara, un noto ricercatore di musiche, canti e balli antichi, parlando dei balli ormai scomparsi, cita un ballo a “chiovu”, descrivendolo in maniera uguale ai miei lontani ricordi. Salomone Marino, parlando del Carnevale, cita dei balli cosiddetti di società: “Chiovu, Purpu, Tarascuni, Capona, Ruggera, Virdulidda, Paparina e Fasola che rassomiglia alla tarantella napoletana e balli moderni (per quei tempi) come la Polka e la Quatriglia. POESIA Forse per eredità tramandataci dagli arabi, e dalla “Scuola Siciliana di Federico II, sulla poesia si può affermare che, anche fra la popolazione analfabeta dei vecchi tempi, c’erano molti poeti dialettali, capaci di improvvisare strofe in rima. I temi fondamentali di questo genere di poesia erano “amuri, gilusia, spartenza, sdegnu” (amore, gelosia, separazione, odio); l’ottava era l’espressione tipica della metrica popolare, di cui detti poeti si servirono nelle mirabili composizioni anonime. Sempre a causa dell’analfabetismo, per tramandare ai posteri certi importanti avvenimenti, il popolo si serviva della rima poetica, perché era più facile a ricordarsi e a tramandarsi oralmente da padre in figlio o da un luogo ad un altro. Siccome la memoria fa brutti scherzi, le poesie erano sempre a rischio di perdersi nel nulla. Per fortuna alcuni ricercatori riuscirono a salvarne moltissime e raccolte. Pitré, Salomone-Marino, Vigo e Guastalla furono i principali ricercatori. Siccome molti poeti popolari erano in grado d’improvvisare un discorso in rima poetica, spesso la poesia diventava un motivo di sfida fra i migliori poeti popolari. Cercando fra i miei velati ricordi lontani, vedo alcuni poeti “a lu chianu” (Piazza Garibaldi), per Carnevale, posti su dei carri, che si prendevano in giro a vicenda con versi poetici improvvisati oppure recitavano delle poesie scherzose e “vastase”, che provocavano le risa degli astanti. La poesia estemporanea (o poesia improvvisata, o a braccio) è un genere poetico in cui la creazione letteraria avviene di fronte a un pubblico, con tecniche di improvvisazione, sulla base di temi proposti al momento dell'esibizione (e, pertanto, variabili di volta in volta).Tale forma poetica si realizzava, spesso, come improvvisazione musicale, in forma cantata.Fra queste composizioni improvvisate c'erano i canti del carrettiere, quando costoro riunitisi in privato o in pubblico si sfidavano con canti improvvisati.. All'immediatezza dei contenuti dovevano aggiungersi, quali caratteristiche ricercate, l'efficacia e sottigliezza dei testi.Il genere poetico viene spesso associato al mondo rurale, un contesto culturale in cui non era insolito imbattersi in figure di contadini dotati di quest'abilità, a volte considerata un "dono di natura", di improvvisare a braccio su temi che venivano suggeriti di volta in volta. L'esibizione di queste figure poteva avvenire per diletto (ad esempio, in compagnie conviviali), ma anche in esibizioni o sfide in pubblico, situazioni istituzionalizzate, tipiche del genere, che sopravvivono ancora all'inizio del XXI secolo.Spesso la poesia era un motivo di sfida fra i migliori poeti popolari. Famosissimo rimane “Petru Fudduni” considerato, anche dai contemporanei, come il migliore fra i poeti popolari siciliani, ricchissimo di umori, sensibile, fine e vivace dicitore estemporaneo. E' rimasto famoso per le sue sfide che egli ebbe con i più famosi poeti del suo tempo. Cercando fra i miei velati ricordi lontani, vedo alcuni poeti contadini, “a lu chianu” (Piazza Garibaldi) di Castelvetrano, per Carnevale, posti su dei carri, che, improvvisando, si prendevano in giro a vicenda con versi poetici.Questo genere di improvvisazione ha origini molto antiche e radici in varie culture, all'interno di tradizioni non solo popolari ma anche colte. Per quanto riguarda la cultura occidentale mediterranea, si possono citare i giochi e le competizioni conviviali dell'antica Grecia, in cui l'improvvisazione poetica si esprimeva durante i simposi. Un antico poeta popolare siciliano ha scritto: - Cu voli puisia, vegna ‘n Sicilia, = Chi vuole poesia, venga in Sicilia ca porta la bannera di la vittoria. = che porta la bandiera della vittoria Li so’ nimici si avirrannu ‘nviria = I suoi nemici ne avranno invidia ca Diu ci desi a idda tanta gloria. = perché Dio diede a lei tanta gloria Canti e canzuni n’avi centumila = Canti e canzone ne ha centomila e lu po’ diri cu grannizza e boria. = e lo può dire con grandezza e superbia Evviva, evviva sempri la Sicilia = Evviva evviva sempre la Sicilia la terra di l’onuri e di la gloria. = la terra dell’onore e della gloriaPurtroppo allora i poeti, i cantastorie e i “santara” o “pinci santi”, trascorrevano una vita povera; un proverbio allora diceva: “Pueti, cantastori e pinci santi, sira e matina campanu scuntenti”. Una testimonianza del 1860 ce la dà C. Abba in “Da Quarto al Volturno”. Egli scrive testualmente: - “... Ho inteso di bellissime storie verseggiate dal popolo che qui è tutto poeti; storie d’amore e di sangue versato per gelosie tremende....” -. VITO MARINO