SICILIA TERRA NOSTRA

GIUSTIZIA SARà FATTA?


GIUSTIZIA SARà FATTA?
 Dopo tanti annunci finalmente qualcosa di concreto circa la riforma della giustizia ( in senso liberale) da parte del governo Berlusconi. Sarebbe un primo importante passo verso la modernizzazione del paese e l’allineamento della nostra democrazia rispetto alle altre del mondo occidentale. Tuttavia piazze, scioperi, “risposte epocali”, i soliti appelli degli intellettuali serviranno ad alzare inutili polveroni e tutto resterà come prima. Il blocco conservatore che da anni paralizza il nostro paese vincerà ancora una volta. Premesso quindi che non succederà alcunché vale la pena però esaminare in linea di principio la proposta di riforma almeno per come ci è stata presentata. Sgombrato il campo da “leggi ad personam” la proposta non sembra affatto punitiva nei confronti della magistratura cui va sempre tutto il rispetto per il lavoro che svolge spesso con carenze di risorse e di organico. E vale sempre il principio che il comportamento ( ed il protagonismo) dei pochi non può minimamente inficiare il lavoro della stragrande maggioranza. Ad un primo esame lo spirito della riforma sembra quello di riequilibrare i diversi poteri dello Stato dopo la sciagurata abrogazione della norma costituzionale ( voluta dai padri costituenti) sulla immunità parlamentare al tempo di “tangentopoli”. Effettivamente l’uso ( o meglio l’abuso) che si faceva dell’immunità era degradato a tal punto che occorreva ridiscutere un nuovo assetto costituzionale cancellando sì questo “privilegio” ma bilanciandolo con qualche norma che limitasse il potere, ormai quasi  assoluto ed incontrollabile’ della magistratura. Spesso si cita a sproposito Montesquieu sulla separazione dei poteri ( quello legislativo, esecutivo e giudiziario)  ma il barone di La Brède non ha mai parlato di separazione semmai di una loro distribuzione se è vero che: «per formare un governo moderato, bisogna combinare i poteri, regolarli, temperarli, farli agire; dare, per così dire, un contrappeso a uno per metterlo in grado di resistere a un altro; è un capolavoro di legislazione che il caso fa di rado, e che di rado è lasciato fare alla prudenza». Inoltre, continua: «dei tre poteri quello giudiziario è in qualche senso nullo […] Il corpo legislativo essendo composto di due parti, l’una terrà legata l’altra con la mutua facoltà d’impedire. Tutt’e due saranno vincolate dal potere esecutivo, che lo sarà a sua volta da quello legislativo». Indipendenza quindi non può essere autoreferenzialità; se i poteri infatti fossero rigidamente separati non potrebbero frenarsi e moderarsi tra di loro. D’altro canto in Italia ( e nel resto del mondo) il potere esecutivo e quello legislativo non sono totalmente indipendenti ( anzi in Italia sono diventati praticamente la stessa cosa…). E comunque nella stragrande maggioranza delle democrazie ( e anche per Montesquieu) il potere giudiziario si intende costituito dai giudici, non dai Pubblici Ministeri; per questo motivo la separazione delle carriere ( uno dei punti qualificanti della proposta di riforma) va incontro ad un elementare principio di equità che deve mettere sullo stesso piano accusa e difesa. L’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale sembra invece togliere quel velo di ipocrisia sull’azione giudiziaria perché di fatto l’obbligatorietà non esiste ma è”temperata” dal magistrato che alla fine sceglie i casi di cui deve occuparsi ( inutile ricordare gli arretrarti da smaltire, i tanti reati che ogni anno vanno in prescrizione senza bisogno di leggi ad personam). Che poi debba essere il Parlamento a “temperare” questa obbligatorietà ( che comunque resterebbe sempre ovviamente!) o come in America tramite l’elezione dei magistrati ( sarebbe la soluzione più auspicabile) se ne può e se ne deve discutere senza alzare barricate ideologiche.La non appellabilità delle assoluzioni va nella direzione di maggiori garanzie per il  cittadino  così come la responsabilità civile dei magistrati ( già votata tramite referendum ma resa vana dal Parlamento!) che dovrebbe soddisfare un principio di meritocrazia (chi sbaglia tanto non dovrebbe essere promosso così come avviene adesso dove il solo principio è quello dell’anzianità).Il punto più delicato della proposta di riforma rimane quello dell’organo di autogoverno della magistratura con la creazione di due CSM e la loro composizione con metà laici e metà togati. Certo sarebbe auspicabile che la politica facesse dei passi indietro piuttosto che in avanti, magari affidando il controllo al voto popolare. In ogni modo una riforma liberale implica la limitazione del potere a cominciare da quello politico. E’ la legge che pone i paletti che non possono essere oltrepassati. Alla magistratura giudicante tocca la parte del leone ma come affermava sir Edward Coke «leoni sotto il trono della legge».