Salute e sicurezza

E' esatto????


In media ogni anno sono ottocentomila gli infortuni e milleduecento i morti sul lavoro: è ben chiaro che non si può parlare di fatalità. Ed allora viene istintivo trattare la questione come un qualsiasi fenomeno sociale, col venir meno di quella che dovrebbe essere una naturale indignazione per le ripetute morti sul lavoro. Varrebbe davvero la pena soffermarsi di più su questo punto, non solo in rispetto delle tante, troppe, vittime sui luoghi di lavoro ma anche al fine di affrontare in concreto questo dramma ed evitarne altre, impedendoci nel frattempo di ridurre persone a semplici numeri e fredde statistiche.Anni di impegno spesi nella sicurezza, nella riduzione dei rischi e nella messa a norma degli impianti industrialinon sono bastati ad evitare il tributo di sangue che il mondo del lavoro continua a pagare: inevitabilmente gli incidenti mortali nel mondo del lavoro si ripresentano e continuano a sorprenderci come se il lento cammino verso la sicurezza richiedesse costanti ma tragici tributi; in Italia, nel mondo del lavoro muoiono mediamente 4 lavoratori al giorno e si hanno più di 800.000 infortuni: è un dato che dovrebbe farci drizzare i capelli. Molto si è fatto in direzione di salute, sicurezza e ambiente, ma molto ancora c'è da fare.Ogni volta, si parla di fatalità, di disgrazia e di errori, ma la realtà dei fatti è che sta crescendo l'insicurezza sul lavoro e il rischio di incidenti: dobbiamo lavorare molto ancora sul fronte della formazione della prevenzione, che non deve essere vista dalle aziende come costo, ma come base su cui fondare la produzione, imponendo anche alle ditte  questa “cultura”, fondamentale affinchè non sia un termine vuoto, ma rappresenti la realtà di tutti i giorni insieme condivisa”. Ed invero c'è ancora, specie nel meridione, una diffusa attitudine del datore di lavoro a concepire norme come il testo unico sulla sicurezza alla stregua di uno dei tanti impedimenti alla propria azione, nascondendosi dietro la scusante della flessibilità: la quale ultima invece dovrebbe ambire ad altro. C'è un precariato ed un “sommerso” nel mondo del lavoro che costringe al ricatto i molti lavoratori disposti a tutto pur di non rimanere intrappolati nella disoccupazione: anche a turni ben oltre l'orario prestabilito e senza il dovuto rispetto delle norme sulla sicurezza. In particolare, in momenti di crisi generale come quello attuale, diventa essenziale acuire la lotta al lavoro nero: classico espediente a cui si ricorre per sottrarsi alla competitività, barando sulla concorrenza. C'è poi un paradosso nel sistema economico italiano con la presenza di moltissime medio e piccole imprese che da un lato può definirsi un vanto e dall'altro un limite, nel momento in cui queste non possono contare su budget tali da indurle senza alcuna remora ad investire sull'efficienza aziendale, sulla qualità del lavoro e sulla sicurezza ambientale, a partire dai programmi di formazione dei propri dipendenti. Nelle fabbriche così come negli uffici, nei cantieri così come nei campi agricoli, si reitera a considerare la prevenzione con pericolosa sufficienza ed ingiustificata superficialità. Tutto ciò è intollerabile e la politica è ancora chiamata fare la sua parte. Sul piano nazionale, il decreto legge del 2008 è un passo in avanti in tema di sicurezza ma urgono norme più chiare e trasparenti che possano consentire l'adozione di misure più efficaci.