silenzi assordanti

le mura della vergogna


LE MURA DELLA VERGOGNA Oggi ilo carcere è messo in discussione da un duplice punto di vista: quello umanitario come luogo di sofferenza eccessiva dei detenuti, e quello giuridico, come spazio di non diritto. E’ stato il libro di Dominique Vasseur, Medinice chef à la prison de la Santè, che ha dato l’ultima spinta ai sussulti umanitari a proposito dei carceri e del loro stato riunendo in un unico inorridito movimento, tanto intenso quanto passeggero, opinione pubblica, media uomini politici ed accademici. Questo libro descrive quel simbolo dell’ istituzione penitenziaria che è il carcere rimasto dentro , come “una grossa verruca con mura da fortezza punteggiate da piccole finestre”, una corte dei miracoli, un ghetto, vestigia dei tempi che si credevano passati, “vergogna” incancellabile della Republique. Ratti scarafaggi, sudiciume ormai impossibile da pulire, odori ripugnanti, malattie che si pensavano debellate, miserie, violenze, follie: sono queste le immagini e gli oggetti che accompagnano la descrizione di questo “mondo a parte”, dove l’m autrice dice di aver praticato sull’ orlo dell’ abisso, in condizioni estreme la professione di medico. Spinta di sicuro da forte indignazione, questa cruda descrizione no ha mancato di produrre il suo effetto. Sostenuta con grande eco dai media, ha ridato slancio all’ approccio sentimentale, morale e velleitario al carcere percepito come topografia del mostruoso, anacronismo shockante per la nostra epoca di temperanza democratica. L’ amministrazione penitenziaria invischiata nel suo delirio di persecuzione ha denunciato automaticamente una “azione di disinformazione” ma senza convincere perché, per una volta parlamentari e giornalisti, hanno deciso di andare a vedere con i propri occhi cosa che ha permesso alla stampa titoli come “I deputati scoprono l’ inumanità del sistema penitenziario ”, come se si scoprisse inopinatamente qualcosa di insopportabile teso ad associare il nome della patria e dei diritti dell’ uomo a queste cloache. Il tratto distintivo di questi movimenti ricorrenti, per non dire rituali è di associare l’ intensità emotiva al suo carattere intrinsecamente effimero. Già alla fine dell’ estate del 2000 “l’ effetto Vasseur “ era esaurito e l’ universo penitenziario ritornava alla sua condizione di luogo assente, di zona d’ ombra dell’ attualità L’ indignazione morale rispetto allo stato deplorevole delle carceri si fonda sulla coppia repulsione-attrazione non può che suscitare evanescenti slanci emotivi. L’ approccio umanitario fondato sulla compassione per le sofferenze dei detenuti e l’ indignazione nutrita per gli arcaismi dell’ istituzione penitenziaria, non sembra dunque in grado d’ innescare una spinta sufficiente  ad alimentare il movimento di ripoliticizzazione a oltranza della questione carcere che appare invece più che mai necessario.  Certamente è possibile che l’ ultimo in ordine di tempo dei sussulti umanitari sbocchi in qualche miglioramento. All’ inizio del 2000 il primo ministro annunciava “ una grande legge penitenziaria” e prometteva di destinare dieci miliardi di franchi nei successivi sei anni per ristrutturare le carceri.Ma nell’ aprile del 2001 i senatori dovettero constatare che nessuna delle misure urgenti annunciate dal Ministro della Giustizia sull’onda dell’ effetto Vasseur, era stata attuata e si preoccupavano per prevedibile rinvio del voto sulla legge penitenziari oltre le scadenze elettorali del 2002. Sottolineando la necessita assoluta di “migliorare senza attendere”, gli onorevoli parlamentari proponevano allora l’ applicazione immediata di un certo numero di misure destinate a diminuire il sovraffollamento nei penitenziari e proponevano di nominare un supervisore generale delle carceri, indipendente dall’ amministrazione penitenziaria.Ma oggi, come ieri, l’ esecutivo non sopporta intrusione da parte di senatori e deputati nel riservato dominio degli affari penitenziari. Quando nel febbraio 2001 è stato insediato un consiglio strategico sulle prigioni, “ incaricato di fornire indicazioni per il contenuto e la redazione di un progetto di legge penitenziaria” i parlamentari ne sono stati tenuti accuratamente fuori.Nel frattempo l’ ordine penitenziario ritrova le sue abitudini. Nel carcere di Lanemezan, uno zelante direttore, sostenuto dalla sua gerarchia revoca l’ illusorio “diritto all’ intimità”che i detenuti avevano imposto nei parlatori ( nulla deve sfuggire vallo sguardo del sorvegliante) , mentre la cancelleria annuncia la sperimentazione in alcuni siti scelti di tre “unità di visita familiare”.Da un lato ci sono questi movimenti d’ indignazione senza futuro dove l’ elite illuminata, colta da un sentimento d’ urgenza assoluta, si convince che lo scandalo delle prigioni non può più durare e sottopone il problema all’ attenzione del potere politico che lo liquida con qualche promessa a costo zero per rivolgersi immediatamente ad altre questioni all’ orine del giorno. Dall’ altro c’è l’ infinita capacità dell’ ordine penitenziario di ristabilire ve perpetuare le proprie pratiche routinarie d’ eccezione.L’ istituzione ha conosciuto ben altro che queste effimere convulsioni, cose molto più serie che però ha sempre saputo ricondurre alle condizioni del proprio regime: in carcere , più si annuncia che le cose stanno per cambiare , che cambiano, e più per i detenuti non cambia assolutamente nulla.      ( domenique vasseur)