rumore

25 aprile '45


VASCO PRATOLINI."Ma anche quei franchi tiratori che si difesero di tetto in tetto, eranofiorentini. La Repubblica Sociale Italiana salvò la faccia a Firenze. Una faccia che spuntavacoi mitra dai comignoli e dagli abbaini. Soltanto a Firenze ci fu tra patrioti e fascistivera guerra civile,; fu li e solo li vera Spagna. Rossi e neri dietro le barricate.al riparo di una cantonata, nella linea di fuoco sugli argini di un torrente nelle stesseore dell'agosto '44 in cui anche Parigi lottava per la sua liberazione. I partigianiscesero dalle montagne ed i fascisti li aspettarono. Non era più nazi-fascismo contronazioni unite. Erano fiorentini di due opposte fazioni che si ritrovavano ad uno dei tanti appuntamenti della loro storia. I tedeschi, fatti saltare i ponti, piegavanoin ritirata e lasciavano le bande nere a vendere cara la pelle.Gli alleati avevano segnato il passo davanti alle rovine dei ponti e affidavanoai «volontari della libertà», l'onore di cavare la castagna dal fuoco espugnandola città. Durò otto giorni, e sulla stessa pietra che ricorda il rogo di fra Savonarolavenne fucilato Pietro Tesi: trionfatore con distacco di una Milano-S. Remo che fatesto negli annali del ciclismo italiano. Dietro Santa Croce, dove riposano Macchiavelli e Foscolo, fu passato per le armiAlfredo Magnoldi: primo classificato al campionato europeo dei pesi gallo.I partigiani dissero: "Alfredino era una carogna, ma è morto bene". Morirono bene questi sportivi». MALAPARTE così descrive la fucilazione dei ragazzi fascisti davanti a Santa Maria Novella, a Firenze:«I fascisti seduti sulla gradinata eranoragazzi di 15-16 anni, dai capelli liberi sulla fronte alta, gli occhi nerie vivi nel lungo volto pallido. Il più giovane, vestito di una maglia nerae di un paio di calzoni corti che gli lasciavano nude le gambe dagli stinchi magri, era quasi un bambino. C'era anche una ragazza, fraloro, giovanissima, nera d'occhi e dai capelli, sciolti sulle spalledi quel biondo scuro che s'incontra spesso in Toscana fra le donnedel popolo. Sedeva col viso riverso, mirando le nuvole d'estate suitetti di Firenze lustri di pioggia, quel cielo pesante e gessoso e quae là screpolato, simile ai cieli del Masaccio negli affreschi del Carmine...Ad un tratto i ragazzi presero a parlar fra loro, ridendo.Parlavano con l'accento popolano di S. Frediano, di Santa Crocedi Palazzolo. "E quei bighelloni che stanno a guardare, non hannomai visto ammazzare un cristiano? E come si divertono quei mammalucchi, li vorrei vedere al nostroposto e che farebbero quei finocchiacci, scommetto che si butterebberoin ginocchio, li sentiresti strillare come maiali i poverini".I ragazzi ridevano, pallidissimi, fissando le mani dell'ufficiale partigiano"Guardalo, bellino, con quel fazzoletto rosso al collo. Oh chi gliè mai?oh chi gli da essere, Garibaldi! Quel che mi dispiace" disse il ragazzoin piedi sullo scalino "è di essere ammazzato da questi bucaioli"."Un la fa tanto lunga" gridò una dalla folla. "Se lei ha furia, venga al mio pasto" gridò il ragazzo ficcandosi le mani in tasca.L'ufficiale partigiano alzò la testa e disse: "Fa' presto. Non mi far perdere tempo.Tocca a te"."Se gli è per non farle perdere tempo" disse il ragazzo con vocedi scherno "mi sbrigo subito".E, scavalcati i compagni, andò a mettersi davanti ai partigiani armati di mitraaccanto al mucchio di cadaveri, proprio in mezzo alla pozza di sangue che si allargava sul pavimento di marmo del sagrato della Chiesa."Bada di non sporcarti le scarpe" gli gridò uno dei suoi compagni.E tutti si misero a ridere. In quell'istante il ragazzo gridò: "Viva Mussolini"e cadde crivellato di colpi».O Dio sereno cantato negli anniPiù forti, ne' giorni più buoni,Quand'ero bambinoE pensieroso di te;Dio ch'eri grande in croce sul tu' altareE più grande nel canto stellatoD'un maggio toscano:Io non ti chiedo pietà del mio male,Perché pietà di me sento anch'ioE so che questa compassione è tuaNata per me nel tuo cuoreCome già al sangue ti còsse l'ardoreDe' palmi trafitti.Io non ti chiedo pietà del mio maleDio di pietà, SignoreDi morte e di resurrezione.Ben venga a me tempestosa vittoriaBella di lagrime, bella di spineE di troppo sudore.Ma si rammenti il cuore di cantareSempre, in tramonti in auroreE in notturne paure:Questo ti chiedo Signore,Ti domando questo in preghiera.Un po' di voce e un campo spigatoFanno felice chi t'ama,Padre, per le tue vociSegrete fuse nell'ampia natura,Per i tuoi cieli fioritiDa tutto il popolo de' tuoi splendori,Per l'orda delle tue tenebre muta,Per ogni respiro di mamma spauritaStrinta al giaciglio del suo figlio e tuo,O Dio cantato negli anni sereniQuand'ero un bambino pensoso di te.