la bradipessa

SARDEGNA 2016, I PARTE: SELVAGGIO BLU


Il Selvaggio Blu è un percorso che è stato aperto nel 1987 e da allora gode della fama di "trekking più difficile del Mediterraneo". C'è stato un periodo in cui ne sentivo parlare spesso, poi mi sembra che questa attenzione si sia un po' spenta. In realtà nn ricordo come sia nata l'idea di fare le vacanze in Sardegna quest'anno. Forse era una di quelle cose rimaste quiescienti nella mia fantasia, poi parlandone con RV abbiamo trovato un altro compagno di viaggio e in poco tempo le cose si sono mosse facendoci ritrovare con un biglietto aereo in mano e un'auto prenotata a Cagliari. La vacanza è stata bellissima e intensissima, anche se davvero faticosa; una di quelle cose che apprezzi di più nel ricordo, ma ne valeva senz'altro la pena, nonostante il carico da portarsi sulle spalle. NN ci siamo fermati un attimo e abbiamo fatto esperienze diversissime, tanto che oserei classificarla nella categoria "viaggioni" nonostante la poca distanza percorsa.DETTAGLI DI VIAGGIOCome arrivare:  La Sardegna è collegata al continenete da diverse compagnie di traghetti e di aerei; noi abbiamo scelto questa opzione associata ad un noleggio auto. I costi sono più o meno sovrapponibili, ma il viaggio è più breve.Quando andare: i mesi migliori sono maggio (giornate più lunghe) e settembre (mare più caldo); noi l'abbiamo fatto da sabato 28 maggio a martedì 31 maggio trovando bel tempo (un solo scroscio di pioggia la prima notte) ancora nn eccessivamente caldo. Consiglio di nn partire la domenica per nn trovarsi intruppati in grossi gruppi (il giorno dopo di noi è partito un gruppo di ben 30 persone!)Bibliografia e cartografia: on-line nn si trova granchè e credo che questo concorra a creare la fama di cui è circondato il trekking.Anche in libreria nn si trova molto. Noi ci siamo affidati al libro "Il sentiero Selvaggio Blu" di Corrado Conca ed Segnavia. NN facile da reperire (ho dovuto comprarlo on line), è ormai datato (2009) e pertanto in molti punti nn è più attendibile. Meglio la cartina 1:15.000 con la descrizione (sintetica!) del percorso di M. Verin e G. Castelli che abbiamo acquistato in loco.tipo di itinerario e difficoltà: scordatevi un trekking nella normale accezione del termine. NN so in che definizione rinchiuderei il Selvaggio Blu ma di sicuro nn è un trekking normale. Innanzi tutto necessita di alcune manovre di corda per cui è necessaria una preparazione alpinistica di base. Inoltre, tranne la prima e l'ultima tappa, nn si svolge su sentieri segnati, ma spesso si tratta di districarsi su terreni difficili in assenza o quasi di segnavia, anche perchè in molti tratti sono stati cancellati, credo volutamente, visto che spesso mancano nei punti nevralgici (o se ne scorgono solo le ombre) mentre risultano ben visibili dove nn servono. Forse oserei definirlo come percorso alpinistico di difficoltà FUn altro grosso problema sono i tempi che ovunque sono segnati puri da gps, di gente che viaggia scarica e che sa dove passare (e che quindi nn perde tempo a trovare la strada), senza tener conto nemmeno dei tempi tecnici (quelli necessari per le doppie o per l'arrampicata, per es); pertanto ai tempi segnati noi abbiamo sempre dovuto aggiungere almeno il 50% in più. Equipaggiamento:1) scarpe: spesso in internet ho trovato sconsigliate le scarpe da avvicinamento basse, ragion per cui avevamo tutti scarponcini da trekking che per me si sono rivelate comodi ed adeguati2) acqua: sul libro di Corrado Conca sono segnalati i punti dove rifornirsi e in effetti erano veritieri; tuttavia credo che affidarsi solo a quell'acqua sia un po' un azzardo; di sicuro bisogna munirsi di u disinfettante per l'acqua (tipo micropur) perchè spesso si tratta di acqua stagnante o di stillicidio e cmq io nn l'avrei bevuta volentieri; noi abbiamo preferito appoggiarci alla Cooperativa Goloritzè che ci portava alla sera i rifornimenti di cibo e acqua per la cena e il giorno seguente; il servizio nn è certo economico (ci hanno chiesto 470€ per 3 rifornimenti e 2 servizi taxi) ma consiglio cmq di fare un doppio rifornimento con un secondo contatto alla mattina per riprednersi le cose che nn servono per la giornata (per lo più materiale da campeggio) di modo da alleggerire un po' gli zaini. L'alternativa è organizzarsi con un gommone e lasciare l'acqua e cibo necessarie nei posti tappa.3) tenda: da molte parti l'ho sentita definire "inutile"; io l'ho voluta strenaumente ed è stata molto utile sia la notte che ha piovuto sia nelle altre come protezione dagli insetti4) corde: ovunque si parla della necessità di 2 mezze corde da almeno 40m per le calate; tuttavia durante il trekking abbiamo notato la presenza di soste intermedie; nn mi sento di garantirlo, ma consiglio di informarsi in tal senso5) gps: forse lo renderà meno selvaggio, ma per me è indispensabile, a meno che nn si voglia cambiare sport e passare le giornate a fare orienteering col rischio di nn arrivare a fine tappa alla sera... LE TAPPENOTA: nn starò a scrivere una descrizione dettagliata di tutte le tappe anche per la difficoltà oggettiva di farlo; rimando pertanto alla bibliografia citata a cui aggiungerò dei commenti dove decisamente errata/fuorvianteI giorno, da Pedra Longa a Cala PedrosaDislivello positivo: 1162m Lunghezza: 17kmtempo di percorrenza: 7h in movimento +3h30 in sosta (partenza alle 8.30; arrivo alle 19)difficoltà: EE: E fino a Cuile des Piggius, poi lungo tratto dove è facile perdersi (lo stesso libro la definiva come "piana labirintica"; conviene tenersi sul bordo della scogliera e nn salire); breve arrampicata data di III (forse più facile; fatta slegata) proteggibile (3 spit) e poi traverso con corda fissaImpegno fisico: +++Note: volendo la tappa è divisibile in 2; quella classica termina a Cuile des Piggius, mentre quelli della cooperativa consigliavano di proseguire fino a degli ovili nei pressi del Monte Gennirico; noi abbiamo deciso di unire le 2 tappe sfruttando il fatto di viaggiare leggeri (ci siamo fatti portare tutta l'attrezzatura alla sera insieme ai viveri e all'acqua), ma in questo modo risulta in effetti molto lunga e un po' tirata. II giorno, da Cala Pedrosa a Cala GoloritzèDislivello positivo: 750m Lunghezza: 12kmtempo di percorrenza: 5h30 in movimento +3h in sosta (partenza alle 8.40; arrivo alle 17.10)difficoltà: E Impegno fisico: ++III giorno, da Cala Goloritzè a OlobizziDislivello positivo: 1240m Lunghezza: 14kmtempo di percorrenza: 7h in movimento +7h in sosta (partenza alle 7.15; arrivo alle 21.15)difficoltà: EEADescrizione sommaria: risalito brevemente il Bacu Goloritzè, se ne esce a destra per una vallecola che conduce quasi subito alla boladina: un traverso su tronchi, cui segue un tratto di IV con corda fissa, un altro traverso di III e un diedrino sempre di III, quindi un canale con massi instabili e infine una paretina superabile con un tronco a fare da scala. Segue lungo tratto E. Poi 2 doppie, la prima con sosta su albero per superare tratto franoso. Alcuni tratti in grottoni, esposti e talvolta molto bassi (gli zaini possono intralciare). Alle 17.30 eravamo a Bacu Mudaloru, in origine termine della tappa (possibile bivaccare su 2 ampie aie carbonili) ma difficile da raggiungere per gli approvvigionamenti. Pertanto abbiamo proseguito: arrampicatina facile (III-), poi tratto su canale franoso in salita da cui si esce a destra (difficile individuazione del punto esatto) per sentiero spesso confuso dalle tracce di maiali; arrivati al punto 3T della cartina, quelli della cooperativa ci hanno consigliato una via di fuga che passa dal Bruncu de l'Urele. Io intendo "via di fuga" qualcosa di difficoltà inferiore a quello che sto facendo e che permette di raggiungere un posto sicuro in poco tempo; nn è proprio così. Già individuare il punto nn è facile in assenza di gps; posso dire che è in corrispondenza di una specie di piccolo pulpito dove il tracciato originale prosegue a mezza costa raggiungendo in breve delle grotte; se arrivate alle grotte siete andati troppo oltre. Si sale invece a sinistra su terreno estremamente ripido e su quelle che sembrano tracce di animali più che sentieri, praticamente in assenza di segnaletica (rarissimi ometti), fino a raggiungere una parete rocciosa da costeggiare verso destra. Si giunge così nei pressi di una forcella da risalire con ampio giro verso sinistra (alcuni passaggi facilitati da tronchi). Sbucati sull'altro versante, si prosegue in salita (sempre rari ometti) fino ad un altopiano da dove si scorge l'Ovile di Olobizzi e la strada che lo raggiunge. A questo punto noi abbiamo perso gli ometti e siamo scesi a caso nella bassa vegetazione puntando all'ovile fino a incrociare un sentiero che, seguito verso sinistra, conduce in breve alla strada ai cui bordi si trovano numerose piazzole dove bivaccare.Impegno fisico: ++++ (sicuramente la tappa più impegnativa di tutto il trekking)IV giorno, da Olobizzi a Cala SisineDislivello positivo: 500m Lunghezza: 10kmtempo di percorrenza: 4h in movimento +6h in sosta (partenza alle 9; arrivo alle 19)difficoltà: EEA: tappa che prevede diverse calate in doppia e tratti di arrampicata che quindi dilatano enormemente i tempi; il sentiero è per lo più evidente, ma c'è da attraversare una frana su esile traccia esposta Impegno fisico: +++Note: il primo tratto di arrampicata (un diedro di IV e un traverso di III, più facile stando bassi) nn è più protetto da catena; sono però presenti alcuni spit.Passata Sa Nurca, occorre proseguire lungo la cengia per individuare la sosta per la calata.Ufficilamente il Selvaggio Blu termina qui.Cena e pernottamento: a Cala Sisine c'è un ristorante con annesso un piccolo campeggio; possiblità di doccia; necessaria la prenotazione V giorno, da Cala Sisine a Cala LunaDislivello positivo: 700m Lunghezza: 10kmtempo di percorrenza: 3h30 in movimento +1h in sosta (partenza alle 8.40; arrivo alle 13)difficoltà: E: tappa su sentieri ben segnatiImpegno fisico: + (possibilità di lasciare tutto il carico a Cala Sisine e recuperarlo successivamente)Note: volendo è possibile proseguire fino a cala Fuili, ma noi ci siamo fermati qui e siamo rientrati a Sta Maria Navarrese con un servizio di battello.