la bradipessa

BREVISSIMA STORIA DELL'ALPINISMO


In epoche remote (celti, antichi greci e romani) le vette erano la casa degli dei o comunque degli spiriti, tanto che esisteva presso queste popolazioni il "culto delle vette" testimoniato ad esempio dalla statuetta votiva in bronzo trovata sull'Alfeo. Per lungo tempo le montagne erano considerate una sorta di repellente malformazione del paesaggio, prive di qualsiasi attrattiva e da evitare con cura lungo il proprio cammino: per tutto il medioevo, se si escludono rarissime eccezioni come la salita di Petrarca al Mont Ventoux nel 1336, nessuno si sognava di salire in montagna per il gusto di farlo, anzi le credenze dell'epoca dipingevano le montagne come baluardi degli Inferi sulla Terra, popolate da demoni ed orchi. La situazione cambia nel XVII secolo con l'avvento dell'illuminismo: l'uomo viene colte dalla sete di conoscere e di comprendere e catalogare il mondo che lo circonda. Così nel 1760 Horace Benedict de Saussure, naturalista ginevrino, offre 3 ghinee d'oro a chi salirà sulla cima del Monte Bianco a compiere alcune rilevazioni scientifiche. Le superstizioni legate all'ambiente montano sono così forti che dovrà attendere ben 26 anni prima che il cercatore di cristalli Jacques Balmat e il medico condotto Michel Gabriel Paccard accettino la sfida completando la prima ascensione del Monte Bianco nel 1786. Da questo momento un'ulteriore spinta all'esplorazione delle Alpi viene data dal romanticismo. Saranno i giovani inglesi, durante i viaggi compiuti prima di entrare in società, a portare avanti la conquista delle vette. Essi si avvalgono dell'ausilio di guide locali dando vita a spedizioni epiche. Siamo nell'epoca d'oro dell'alpinismo: nel 1801 inizia la conquista delle varie cime che compongono il massiccio del Monte Rosa e nel 1865 Whymper sale sul Cervino battendo di pochi giorni Carrel. A questo punto quasi tutte le vette principali erano state salita. L'interesse diventa quindi percorrere versanti della montagna ancora inesplorata. Siamo ormai tra le 2 guerre e la spinta all'alpinismo viene dai regimi totalitari che lo interpretano come dimostrazione della superiorità razziale e di forza ed impeto virile. E' l'epoca eroica: nel 1925 sul Civetta viene per la prima volta salito il VI grado che per molto tempo venne considerata la massima difficoltà alpinistica.Dopo la seconda guerra mondiale, l'alpinismo risente del clima di povertà che avvolge l'Europa e fino agli anni '60 fu ancora caratterizzato dalla progressione del grado di difficoltà, soprattutto in termini ambientali (es. isolamento, complessità) piuttosto che di pura difficoltà di arrampicata. Ma soprattutto emergono tre aspetti: le salite invernali, le solitarie e la conquista degli ottomila. Da questo momento in poi si parla di rinascimento dell'alpinismo, nato sulla spinta dei cambiamenti sociali che avvengono in questi anni. Si contrappongono diverse correnti: quella dell'arrampicata artificiale, sostenuta soprattutto dagli americani con l'invenzione del chiodo ad espansione e l'utilizzo di mezzi artificiali (es staffe e scalette) per raggiungere la vetta, superando pareti fino ad allora considerate impossibili; quella del free climbing, sostenuta dagli inglesi che rifiutano anche le normali protezioni (dadi, friends)  a sublimazione dell’arrampicata libera come mezzo espressivo; quella del sassimo o bouldering che in Italia avrà Motti e Guerini come massimi esponenti: nn è importante arrivare in vetta, ma è importante il tempo passato ad arrampicare con rivalutazione delle strutture di bassa quota. Nel 1983 nascono gli spit e con essa l'arrampicata moderna, intesa come attività sportiva in ambiente protetto e in quasi totale assenza di rischi.Inutile dire che su questo argomento che io trovo incredibilmente affascinante e interessante, si potrebbe scrivere per anni: la bibliografia è davvero immensa. Volutamente ho fatto pochi nomi e ho citato ancora meno date, ma nn mi sono dimenticata di Messner, Bonatti e De Tassis. Semplicmente, volevo fare un rapido escursus su cos'è l'alpinismo oggi. Forse l'ho fatto più per me che per altri: io sono uno spirito romantico, per me l'importante è ancora arrivare in vetta. E spesso mentre seguivo il corso CAI mi chiedevo cosa c'entrasse l'arrampicarsi sui sassi con l'alpinismo: io sogno il Cervino e il Bianco. Ora ho le risposte. Vi consiglio sull'argomento un libro che io ho trovato bellissimo ("Come le montagne conquistarono gli uomini" di Robert Mc Farlane) e vi giro una domanda: voi di che epoca dell'alpinismo siete?