Simone Toscano

I ragazzi di Teheran. Vita, musica, amore.


Nel parco del palazzo Niyavaran, poco fuori Teheran, due ragazzi improvvisano una rappresentazione teatrale. È uno sketch tra il surreale e la satira politica. “Chi sei?”, chiede uno dei due all’altro. “Non lo so”, risponde quello. “Come si chiamano i tuoi genitori?”. “Mio padre Hossein, mia madre Jennifer”. È una metafora – tagliente - della gioventù iraniana, figlia della tradizione sciita ma anche dell’America dei consumi. Quella stessa gioventù che rappresenta il 70 per cento della popolazione del Paese e che ha contestato il proprio presidente, Ahmadinejad, nel pieno di una campagna antisionista che i giovani sentono lontana. Si intitola “I ragazzi di Teheran” il bellissimo libro (edito dalla casa editrice Infinito per la collana Orienti) del giornalista Antonello Sacchetti, per anni addetto stampa di Amnesty International e Save the Children Italia, che ha deciso di disegnare con le parole un viaggio nella gioventù iraniana, fatta (anche) di ragazzi con il ciuffo da calciatore, e ragazze con coloratissimi foulard a coprire i lunghi capelli. È un viaggio lungo appena 96 pagine ma in grado di colpire il lettore dopo poche righe con colori e immagini semplici di un Paese in cui i giovani alternano, “chador e tagli punk, feste clandestine e preghiere del venerdì, musica rock e misticismo religioso, poesia sufi e blog su Internet, disoccupazione e voglia di fuggire all’estero”. Nelle campagne probabilmente crescono i giovani mullah, a Teheran invece i ragazzi guardano tutti Mtv e trovano facilmente cd e dvd pirata nel mercato nero. E non stupisce allora che la deejay più ricercata e più pagata della città sia una studentessa poco più che ventenne di nome Marjane, figlia proprio di un mullah. I giovani di Teheran se la contendono per le feste del giovedì sera, in teoria proibite, ma che poi, organizzate di nascosto, diventato spesso l’unico momento per stare insieme, e in cui ad esempio i fidanzati possono vivere una sessualità altrimenti negata, in un Paese in cui un ragazzo e una ragazza non possono neppure camminare mano nella mano.La maggior parte dei giovani di Teheran è insofferente nei confronti del regime, considerato oppressivo, e vedono Ahmadinejad come un nemico. Molti al ballottaggio dello scorso anno, turandosi il naso, hanno votato Rafsanjani. Ma, in generale, non hanno fiducia nella politica. Pensano ad un futuro diverso, in Iran o all’estero. E al giovane giornalista che proprio dall’estero viene per intervistarli, tutti rivolgono invece una domanda, la stessa: “Cosa pensi del mio Paese?”. Simone Toscano per Il Foglio