LUDWIG

Oltre (di Simon Joyce) - 10a parte


Alla sera lo attese seduto al suo tavola da lavoro, immerso in pensieri che non lo lasciavano andar via. Col peso sul cuore di aver messo a rischio la vita del suo amico, a fargli compagnia. Come se i rapporti sempre più allarmanti provenienti dal fronte non fossero di per se bastevoli. Studiava la cartina della città cercando di conciliarla al meglio col materiale umano e non che aveva di cui disponeva. Un rebus senza soluzioni ottimali. Una coperta che gli sembrava sempre troppo corta per l’inverno russo alle porte. Quando il sergente bussò per entrare si senti sollevato, come riportato indietro da un tunnel. Friederik gli mostrò il risultato della missione speciale affidatagli.- E’ davvero bello; è stato bravo sergente.Quella parentesi di frivolezza, retaggio di vita distante dall’animo e dalla memoria, lì porto a guardarsi negli occhi, sorridendo entrambi.- Vedrà ne sarà contenta.- Lo spero; è molto bello.A cena, lui e lei si sedettero senza aver motivo di dirsi nulla. Gertrud, nonostante fosse incuriosita dal pacco poggiato dal maggiore su di una mensola, memore dell’asprezza di lui, si limitò a svolgere il suo compito con distaccata cortesia. Questa volta rivolta ad entrambi i commensali. Hans cercava di guardarla con discrezione, la ragazza aveva bei modi ma tristi.- Sei stata trattata bene?Non ricordava più da quanto tempo qualcuno si fosse preoccupato di come stesse. Con voce flebile ed arrossita rispose di si.- Bene. E’ importante che sia così.Quante cose erano importanti in quei giorni per quell’uomo freddo e senza sfumature: i rifornimenti, i carri, i pezzi di ricambio, le disposizioni, i rapporti. Ed era importante che lei stesse bene. Katia non capiva ma quello sprazzo di umanità le aveva donato un breve sorriso; un calore tenue fatto di poche parole che aveva allontanato da se da tempo. Saliti di sopra per la notte, la ragazza temette il teatrino della sera prima, ma non successe nulla. Il maggiore si mise allo scrittoio con alla luce di una timida lampada. Non le riusciva di abbandonarsi al sonno, ugualmente incuriosita e spaventata. Confusa ed indifesa strinse forte alla sua pelle le lenzuola. Nel silenzio notturno, si sentiva solo una penna su carta.“Mia cara madre, perdona il ritardo di questa mia. Spero che a casa, la nostra, stiate bene. Penso spesso a te e ad Hanna. Qui sto bene e non manco di nulla; la buona stagione ha colorato tutto quanto è intorno a me. Il morale è alto come la fiducia nei propositi. Mi mancano le tue focacce e persino le lezioni di piano della mia sorellina. Quante cose si rimpiangono se lontane. Ma mi conforta il pensiero che presto saremo di nuovo insieme nella nostra bella terra. Faremo festa. Nell’attesa di riabbracciarvi,     tuo Hans”Finì per addormentarsi cosciente di aver mentito sui colori, sul morale ed ancor peggio sul suo ritorno. Così si lasciò ad un sonno senza sogni.Quando la notte fu alta e la lampada non fu spenta, una figura furtiva gli si avvicinò. Lesse e pensò alla sua famiglia, con le lacrime che le rigavano il viso, salate dei ricordi e delle incertezze. Furono pochi istanti prima di piombare nel terrore di una nna di pistola puntata nei suoi occhi.- Non farlo mai più.Secondi di paura e silenzio.- Se hai bisogno di qualcosa, chiedi. Hai capito?Portò le braccia tremanti a proteggere il petto, che a stento ne racchiudeva il cuore.- Si.- Bene, torna a dormire.Quella sera entrambi si eran scoperti nell’animo. Katia tornò a stringere forte le lenzuola. Quel tedesco aveva qualcosa di umano e con quel pensiero si addormentò.