LUDWIG

Oltre (di Simon Joyce) - 11a parte


 Quando l’indomani riaprì gli occhi, vide che lui non c’era già più. Dalla finestra la luce, di un ennesimo giorno da vivere, accompagnata dall’ovattato ed incomprensibile cinguettare degli uccelli. La vita si sa non conosce e per questo supera ogni umana vicissitudine. Guardò fuori desiderando di poter volare,non aveva molta importanza dove, forse all’orizzonte. E si strinse nell’abbracciar se stessa ed i suoi sogni come a trattenerli. Ma durò poco quella sensazione e torno con lo spirito in quella camera, dove su di una sedia vi era poggiata una giacca della sua divisa. Tutto tornò reale e lei si strinse ancor di più.Sistematasi per la giornata, scese di sotto dove erano Hans ed il suo fido sergente che parlavano sommessamente tra loro. Le si avvicinò la domestica che con una maschera di cortesia le chiese se desiderava far colazione. Ciò richiamò l’attenzione dei due uomini ed in particolare del maggiore. Appena congedò il sottoufficiale con sottointesa complicità le si avvicinò per salutarla col consueto distacco. In realtà nascondeva un imbarazzo per lui inusuale. - Stasera, alle ventuno vi sarà una cena. E’ gentilmente offerta dal sindaco come segno di benvenuto alle truppe germaniche. Ci saranno alcuni dei miei ufficiali e vorrei che mi accompagnassi.Le sue parole cariche d’ironia riflettevano la coscienza che quel gesto amichevole del primo cittadino fosse solo di facciata e forse intriso di pericolo. Ma aveva pensato anche a questo. Quella cittadina era sua con o senza il beneplacito dei suoi abitanti. Ma verso Katia, no, non vi era alcun sottinteso pensiero. Ne desiderava davvero la presenza e la compagnia, sebbene non sapesse spiegarsene appieno la ragione. O forse la conosceva ma voleva ancora tenerla lontana.Lei rimase attonita ma intimamente contenta. Avrebbe potuto uscire da quelle mura di conforto e prigione. Avrebbe potuto vedere altra gente. Già, la gente. Cosa avrebbe pensato di ancor peggio, di quanto circolasse sul conto.  Quell’uomo che le offriva uno sprazzo di vita, era un tedesco. Un uomo, diverso da Bauermann, indecifrabile ancora, ma al di là di tutto rimaneva un tedesco.Non senza una punta di malizia gli chiese se le fosse stato rivolto un ordine.- No, nessun ordine. Solo un invito.Accettò nonostante le sue resistenze e prima di poter aggiungere qualcos’altro, il maggiore ne interruppe ogni riordinar d’idee.- Bene. Il sergente Friederick ti accompagnerà ed aiuterà in tutto ciò di cui avrai bisogno per stasera. Ho già dato disposizioni. E’ uno fidato. Si volto per andar via, perché già tardi, e prima di uscire le si rivolse ancora. A lei, muta e sopraffatta da un insieme di emozioni che sopite nel tempo le erano esplose nell’animo stordendola.- Di sopra troverai un pacco. Dentro c’è il vestito per stasera. E’ tuo. Sii puntuale. Nient’altro. - Hai sentito la novità del giorno?- No, quale?- Pare che il sergente porterà la puledra del capo a fare un giro.- Che schifo, le cose belle toccano sempre ad altri. E noi? A far di sentinella. Passami una sigaretta, va…Friederick li ascoltò ignari della sua presenza e quando questi ebbero finito, si rivelò inatteso:- Fareste bene a tenere a freno la lingua voi due.Riavutosi dalla spiacevole sorpresa cercarono in due di cincischiare un’interpretazione più pulita dei loro pensieri e parole. Ma senza esito apprezzabile.- Il maggiore non è così tenero come me. Capito?Poterono soltanto essere d’accordo nel modo più plateale possibile.- Lui darebbe la vita per ognuno di voi.“Darebbe la vita per ognuno di voi, come fece con me. In un giorno di accecante aridità in un punto sperduto dell’immenso deserto libico.” - Andate via di qua, salite sui blindati e via. O ci faranno a pezzi.- Agli ordini her major. “Serviva dell’acqua. Mi ero allontanato dalla colonna per raggiungere un pozzo non troppo lontano. Sollievo per le rare carovane di arabi di passaggio, fonte di vita per uomini ed animali. Quella volta serva a noi. Per sopravvivere. Non so dire da dove, ma un reparto inglese ci aveva colto di sorpresa. Ben presto l’aria si saturò di proiettili d’ambo le parti ed io colpito ad una gamba rimasi a terra. Il mio sangue si mescolava alla sabbia rovente. Potevo solo strisciare con grande fatica. Come a tirar una pesante catena, che attimo dopo attimo, mi rubava le forze.” - Dov’è il sergente? Dov’è Friederick?- Credo ad un pozzo, maggiore. A prendere dell’acqua.- Stupido. Tu vai e chiedi la copertura aerea. Capito? Subito! “Stremato dall’arsura e dallo scoramento, mi fermai. In quel momento non volli altro che tirar fuori da un taschino una foto della mia famiglia. Sollievo e rimpianto, perché non l’avrei più rivista. Così pensavo. Mi abbandonai a quei pensieri appena turbati dal sibilo dei colpi intorno a me, quando sentì strattonarmi ed una voce familiare mi chiese se ero ferito gravemente.Alzai gli occhi per riconoscerlo ed indicai la gamba sanguinante. Stava basso per evitare i colpi nemici, ma quando capì che non vi era altro modo di portarmi via di lì, se non trascinandomi, si alzò in piedi con sprezzo di qualsiasi fucile puntatogli contro.- Se non ci riescono loro, sergente, la ucciderò con queste mie mani.Fu allora che un colpo vagante gli perforò la mano sinistra. Cadde in ginocchio, strozzando in gola un urlo atroce. Raccolse le forze nell’altro braccio e mi portò via. Non so dire per quanto, il tempo sembrava dilatato; ma non ero solo. Non bisognerebbe essere soli in certi momenti. Mi sentì ugualmente egoista, ma ne ero contento.Quando due nostri caccia apparvero in cielo mitragliando, costringendo gli aggressori alla fuga. Fummo in salvo aiutati dai nostri che c’avevano raggiunti.- Vecchio pazzo, ce l’abbiamo fatta.  E voi raccogliete comunque i nostri morti, non lasciamoli agli sciacalli, uomini o bestie che siano.- Maggiore… vuole ancora uccidermi?Mi sorrise nonostante il dolore. No, non lo voleva.”