12 giugno sul mezzodìEntrai in quel cortile sul tardo pomeriggioUn giorno caldo che sembrava d'estateTra quei palazzi che incombevano pesanticome giganti stesi al suolo le ombre dal cieloAppesantite da un sole che pareva aver mangiato l'anguriaPoi adesso mi chiami te e a me vien da piangereChe son qua al Foster che è domenica, come al solitovengo qua e mi vien da scrivere quello che mi viene in mentee mi viene in mente questo in quel cortile tra i palazzi.Allora c'erano queste ombre nel cortileOmbre metafisiche come quelledi chi cazzo è quel pittore?C'era un ragazzino che tirava palonate su per il muroGiocava da solo. Mi fermai ad ascoltare quel suonoUn rimbombo che le pallonate facevano tra i muriQuei colpi tu tun tu tun dei rimbalziin un mondo che pareva quasi fermoLo guardai e gli dissi solo hei heiIl ragazzino si girò e mi passò il pallonecome fosse la cosa piu normale al mondoCosi stemmo la un po a passarcela l'un l'altrosenza dire niente, che tanto serve micaA me pareva un linguaggio quel passarci il palloneUna cosa tra uomini, fatta di sguardi, di gestidi porcheputtane e olallà che tiroPoi alla fine diedi un calcione alla pallache andò alta in cielo e cadde vicinoGrazie dei passaggi, gli dissi andando viaLui mi fece un gesto con la manoAdesso non sò neanche bene cosa volessi direEra un'immagine cosi, che avevo dentropensando fosse un quadro di Hopper con un pò di De Chirico, ah ecco chi erae poi con questa immagine dentro che avevomi veniva da commuovermi, che avrei anche pianto.Allora delle volte mi dico lasciatemi starechiudetemi dentro anche se sto qui fuoricon poche parole, di quelle lasciate cadereabbandonate sui tavoli o dentro i bicchierirobe qualsiasi, anche prese da gente che parlache mi servono poi a scassare serrature e aprire feriteche mi arrangio, che faccio tutto da solo
delle pallonate
12 giugno sul mezzodìEntrai in quel cortile sul tardo pomeriggioUn giorno caldo che sembrava d'estateTra quei palazzi che incombevano pesanticome giganti stesi al suolo le ombre dal cieloAppesantite da un sole che pareva aver mangiato l'anguriaPoi adesso mi chiami te e a me vien da piangereChe son qua al Foster che è domenica, come al solitovengo qua e mi vien da scrivere quello che mi viene in mentee mi viene in mente questo in quel cortile tra i palazzi.Allora c'erano queste ombre nel cortileOmbre metafisiche come quelledi chi cazzo è quel pittore?C'era un ragazzino che tirava palonate su per il muroGiocava da solo. Mi fermai ad ascoltare quel suonoUn rimbombo che le pallonate facevano tra i muriQuei colpi tu tun tu tun dei rimbalziin un mondo che pareva quasi fermoLo guardai e gli dissi solo hei heiIl ragazzino si girò e mi passò il pallonecome fosse la cosa piu normale al mondoCosi stemmo la un po a passarcela l'un l'altrosenza dire niente, che tanto serve micaA me pareva un linguaggio quel passarci il palloneUna cosa tra uomini, fatta di sguardi, di gestidi porcheputtane e olallà che tiroPoi alla fine diedi un calcione alla pallache andò alta in cielo e cadde vicinoGrazie dei passaggi, gli dissi andando viaLui mi fece un gesto con la manoAdesso non sò neanche bene cosa volessi direEra un'immagine cosi, che avevo dentropensando fosse un quadro di Hopper con un pò di De Chirico, ah ecco chi erae poi con questa immagine dentro che avevomi veniva da commuovermi, che avrei anche pianto.Allora delle volte mi dico lasciatemi starechiudetemi dentro anche se sto qui fuoricon poche parole, di quelle lasciate cadereabbandonate sui tavoli o dentro i bicchierirobe qualsiasi, anche prese da gente che parlache mi servono poi a scassare serrature e aprire feriteche mi arrangio, che faccio tutto da solo